Ritrovamenti casuali

Dunque, prima di raccontarvi degli incubi, vi racconto di uno dei più strambi e formidabili ritrovamenti casuali della mia splendida estate 2015 (un'estate che ho già definito "una delle più belle della mia vita", e il fatto che l'abbia trascorsa tra la Sardegna e la Sicilia può aiutarvi a capire perché io mi ostini a definirla tale...): ero intento a rimettere in ordine i miei vecchi appunti dell'Università, a fare pulizia, come si suol dire, a risistemare un pochino quel macello, quando, all'improvviso, da una scatola di cartone del latte, spuntano fuori una serie di quadernetti a righe - tipo per la quinta superiore - in cui, ventenne, avevo scritto - o scarabocchiato - a penna un romanzo in progress... Titolo del romanzo: "Giallo." (col punto, come omaggio a "Nero.", col punto, opera grottesca e folle del mio ammirato Tiziano Sclavi, l'inventore di Dylan Dog); numero finale dei capitoli: 7 (come i 7 peccati capitali, come i 7 giorni della settimana, come le 7 virtù teologali, insomma, per farla breve, un numero di capitoli che mi permettesse di scrivere la stessa storia - con variazioni - ma con 7 diversi stili narrativi, omaggio evidente all'Ulisse di Joyce); numero reale dei capitoli scritti: 2 (e se provo a fare mente locale, ormai non riesco proprio più a ricordare perché mi fossi fermato proprio là); numero medio delle pagine dei primi 2 capitoli: 45 ognuno (per un totale attuale, quindi, di 90 paginette scritte su due quardernetti)...
Non sto qui a dirvi di cosa parla il romanzo (o presunto tale); di certo, leggendo le 90 pagine, sono riuscito a rendermi conto di quanto fossi un "giovane di belle speranze", di quanto mi piacesse scrivere (con la BIC nera) e di quanto fossi incazzato col mondo... Prima usavo molto meglio l'arma della satira, dell'ironia, dell'auto-ironia e dello humor nero... Ero davvero uno arrabbiato col mondo e con il resto delle persone che mi stavano accanto. Ero davvero un ventenne "leopardiano", uno che ci credeva davvero al "pessimismo cosmico" di cui faceva sfoggio sia nei suoi colloqui con i propri amici e coetanei, sia nelle sue prove letterarie abbozzate e subito dopo abortite...
Un estratto dal cap. 2: questo frammento s'ispira, evidenemente, al mese che trascorsi a leggere i due capolavori di Ariosto e Tasso prima di affrontare il mio primo esame di Letteratura italiana all'Università... Ora so che a quell'esame presi 30 e lode; mentre scrivevo questo brano, tremavo, invece, all'idea di non farcela. Ora che son passati 20 anni (quasi) da quell'esperienza e da quell'atto di scrittura, posso dire serenamente che: a Tasso preferisco di gran lunga Ariosto; e che l'Orlando Furioso è davvero un'opera moderna, e piena di ironia, e non mi sorprende il fatto che Miguel de Cervantes l'adorasse così tanto (e la leggesse in lingua originale) e adorasse anche l'Ariosto come modello da imitare... "Forse altri narrerà con miglior plettro..." (buona lettura, due o tre lettrici fedeli che ancora mi sopportate!)...
Esame di Letteratura
Italiana: Ariosto e Tasso
“Che esami devi fare? Letteratura italiana. E su chi è? Su
Tasso e Ariosto. Hai studiato? Sì, abbastanza, anche se controvoglia. Perché?
Perché, perché sto passando un periodo in cui mi va più di leggere che di
studiare, ecco perché. Hai letto la Gerusalemme
liberata? Sì, certo. Potresti riassumermela in poche parole? Sì, certo:
alcuni crociati cristiani combattono contro alcuni musulmani per riconquistare
il Santo Sepolcro (che, per la cronaca, si trova nella Città Santa, e cioè,
Gerusalemme). Succede che, a un certo punto, il Diavolo s’incazza e aiuta i
musulmani con mille sotterfugi e malefici, tanto da far desistere Rinaldo (il
capo dei cristiani) e i suoi. Senonché, Dio sgama le malefatte del Diavolo,
s’incazza pure Lui, ovvero, scatena anche Lui la Sua Ira e conferisce poteri
eccezionali al comandante dell’esercito crociato e a Rinaldo, l’eroe del
gruppo. Dopo una battaglia cruenta e mille peripezie, viene riconquistato il
Santo Sepolcro e i Mori sono sconfitti. Quali sono le tue personali critiche, considerazioni
o analisi da fare sull’opera e sull’autore? Va notato che in tutto il poema,
Tasso sottolinea il contrasto bene-male, cristiani-musulmani, sfruttando oltre
alle figure retoriche tipiche del caso, come l’ossimoro, anche il contrasto
spaziale (Gerusalemme è il luogo della Salvezza, della Pace spirituale, mentre
il bosco attorno a Gerusalemme è il luogo “dantesco” della perdizione, del
peccato) e il contrasto cromatico (il buio, l’oscurità, il tramonto indicano
sempre sventura, cattiva sorte, disfatta nel campo di battaglia, mentre la
luce, la luminosità, l’alba, detta anche Aurora, indicano quasi sempre fortuna,
buon esito nella battaglia, insomma, vittoria).
Oltre a ciò va notato che:
1 – Tasso è un cristiano dubbioso;
2 – Tasso fu accusato di eterodossia e per questo stava per
diventare completamente pazzo;
3 – Tasso era un complessato: prima di redigere completamente
l’opera, la sottomise all’analisi critica di: preti suoi amici; preti suoi
nemici; politici influenti; esorcisti; poeti di corte; letterati; cultori del
verso e della retorica; maestri delle arti esoteriche; il suo veterinario; il
suo psicanalista; sua sorella; analfabeti di strada; soldati crociati in
pensione; amici di stanza nel manicomio di Santa Chiara; Santa Chiara (ma non
gli rispose mai); vari ed eventuali che gli venivano in mente ogni volta che
credeva si dovesse censurare una parte della sua opera;
4 – Tasso è un perfezionista: ricerca il bello, il puro, il
lussuoso e il lussureggiante, l’aulico, il perfetto, il magnifico, il munifico,
il meraviglioso e il sublime, attraverso una lingua molto articolata e molto
organizzata tanto dal punto di vista della forma (si veda l’attenzione che egli
dà alla metrica e al suono prodotto dal concatenamento dei vari versi), quanto
dal punto di vista del contenuto (si veda l’opzione “equo” per “cavallo”, o
“parvo” per “piccolo”, o “miserrimo” per “senza una lira in saccoccia”);
5 – Tasso se la credeva un giorno sì e l’altro no, a seconda
del suo umore.
Ma passiamo ad altro: hai letto l’Orlando Furioso? Sì, certo, e con gran piacere. Potresti
riassumermelo in poche parole? Sì, certo: Orlando è un soldato dell’esercito
cristiano, uno dei più forti, e combatte al servizio dell’Imperatore Carlo
Magnum. Senonché, durante la Crociata, sogna che la sua fidanzata, ovvero
morosa, Angelica, lo tradisce con un altro. Orlando diventa pazzo di gelosia,
finisce per combattere al fianco dei musulmani, gli altri colleghi ovviamente
s’incazzano e tentano di farlo rinsavire. Allora Astolfo, che è il più pazzo dell’esercito
di Carlo, vola sulla Luna e gli riprende la Ragione. Rinaldo, che è un altro
suo collega, gli ficca per il naso la Ragione e Orlando torna come nuovo (un
vero cristiano). Nel frattempo, però, Angelica si sposa con un pastore di nome
Medoro e non avrà più i tanti spasimanti che durante la Crociata si scannavano
pur di ricevere in dono un bacio da lei, per il semplice motivo che diventerà
proba e tutta casa e chiesa. Quali sono le tue personali critiche,
considerazioni o analisi da fare sull’opera e sull’autore?
Va notato che in tutto il poema Ariosto non fa altro che
incasinare nel modo più assurdo possibile le storie relative ad Orlando e agli
altri personaggi principali, sfruttando quella tecnica che cinematograficamente
è definita “montaggio alternato” e che, letterariamente, è definita “tecnica
dell’incastro”.
E c’è un episodio, in particolare, che ti ha colpito tra i
tanti narrati dall’autore?
Sì, certo: quello in cui Orlando, completamente fuso e fuori
di testa, stende con un pugno un cavallo pesante 10 tonnellate e quando lancia
dalla Spagna alla Francia due poveri contadini che l’avevano offeso con la sola
forza delle braccia. Ho riso per più di un quarto d’ora, leggendo
quell’episodio.
E sull’autore? Che cosa mi dici?
Per quanto riguarda l’autore, va notato che:
1 – Ariosto era un razionalista incallito ed ante litteram;
2 – Ariosto era un ironico che aveva sempre la testa tra le
nuvole: lo dimostra il fatto che incasina a tal punto le diverse sottotrame che
alla fine il lettore non sa più se sta guardando la puntata 1242 di “Beautiful”
o se si è sbagliato a prendere un libro al posto di un altro, per cui uno
lascia la pagina in cui Orlando va in Inghilterra e, girandola, ritrova lo
stesso personaggio, ma stavolta è alle Hawaii a prendere il sole con il suo
fidato cavallo;
3 – Ariosto non amava le donne: molti critici lo definisco,
per tale ragione, un misogino con le palle. Alcuni testimoniano che, pur
dormendo nello stesso letto con sua moglie, faceva l’amore con ella solo 3
volte l’anno. Le voci più maliziose (o maligne) parlano addirittura di
maltrattamenti ai danni dalla povera consorte. Altri ancora dicono che la
tenesse legata con una corda al piede del tavolino della cucina e che la
liberasse solo all’ora di pranzo o di cena, perché a lei sarebbe spettato il
fare da mangiare;
4 – Ariosto, a differenza di Tasso, era un umorista: una volta
disse: “Mi sento come un vaso di rosmarino sul balcone: di fuori”. Testimoni
oculari fidati affermano che tale boutade fu da lui fatta appena terminato il
quarantaseiesimo capitolo del suo poema”.
Queste, se non tali appunto, erano i pensieri di Federico Di
Gianni, studente universitario iscritto a Lettere, mentre percorreva Via Paolo Uccello, la via che lo avrebbe condotto a casa il 16 Agosto del 1998, alle
ore 20,45 circa, mentr'egli pensava, rimuginando: “Or, se mi mostra la mia carta il
vero, non è lontano a discoprirsi il porto”…