viernes, octubre 25, 2024


Presentare i libri degli altri

Una cara amica m'invita ad Alicante per presentare il suo libro, la sua opera prima, il primo romanzo, in una delle librerie storiche della città. Ci stimiamo entrambi. Ci rispettiamo e sappiamo entrambi che sarà una passeggiata, non serve dirselo a viva voce, a volte basta uno sguardo. 

La sala della libreria in cui si organizzano questi eventi è piena. Non una sola sedia pieghevole libera. La chiacchierata scorre senza intoppi, quasi 2 ore e il pubblico non sembra annoiato. Quando finisce l'atto (e terminano le domande da parte del pubblico) il proprietario della libreria mi stringela mano: "Lei è riuscito a parlare di questioni filosofiche e letterarie di grande complessità con un linguaggio ameno e comprensibile a tutti". 

Resto colpito dal suo commento. E dai complimenti degli altri. Stringo un sacco di mani e mi presentano persone mai viste prima...

Poi, io e la mia amica, insieme al suo compagno e a una cagnetta che si chiama Isla, andiamo a cena insieme per continuare a festeggiare in nome dell'amicizia e dell'amore per la letteratura (la nostra comune passione). 


"Dobbiamo confessarti un segreto", dice a un certo punto M. 

"Oddio, cos'è successo?".

"Sono incinta!".

"Ma non ci posso credere!!!".

Ci abbracciamo e quasi piangiamo dall'emozione. Anche Isla scodinzola. Il cameriere (che parla con forte accento tedesco) ci porta in tavola i piatti prelibati del menù tailandese. Osservo alcune coppie a spasso mano nella mano. Le luci accese in alcuni appartamenti di fronte al tailandese. Le stelle nel cielo notturno. I tavolini pieni e le candele che illuminano i volti dei clienti. La sensazione strana e affascinante di stare presenziando un evento unico che si ripete da millenni. La vita che si fa strada e la catena umana delle generazioni che continua a far girare questo pianeta da secoli. M. è felice. Ci stringiamo la mano forte. Da qui a pochi mesi la sua vita non sarà più la stessa. A volte mi domando cosa significhi essere padre (o madre). Un lavoro a tempo pieno che non finisce mai o che finisce solo il giorno in cui si smette di vivere. Un impegno costante. Un tentativo costante di trasmettere conoscenza e valori a una creatura che non sa nulla e che deve apprendere tutto. La paura di sbagliare. La paura dell'incomprensione. La paura del distacco. La necessità di distaccarsi dai figli affinché vivano la loro vita e facciano gli errori che noi abbiamo già commesso...


Poi arriva il momento di tornare a casa in taxi. M. è stanca, da quando ha scoperto di aspettare un bambino si stanca con più facilità. Ha sonno, ma canta quando il tassista alza il volume e parte una canzone di Tina Turner. M. canta in inglese (ha vissuto mezza vita tra Inghilterra e Stati Uniti, prima di tornare in Spagna, la sua terra natale) e il compagno sorride, mentre accarezza Isla. Mi ospitano nel loro appartamento al nono piano di un palazzo di recente costruzione con vista panoramica spettacolare sul mare. Guardo il mare di notte. Le luci di navi in lontananza. Penso a come reagirà la mia compagna di viaggi e di avventure quando le svelerò il segreto di M. (anche lei l'ammira molto, sia come scrittrice che come studiosa). Penso a come sarà la mia prole di qui a dieci o vent'anni. Penso al futuro, ma soprattutto a questo momento presente che mi voglio godere fino in fondo... Parliamo di letteratura fino alle 2 di notte. Poi M. crolla davvero, mi saluta di fretta, sbadigliando. Ha una vita dentro di sé che vedrà la luce a fine aprile. La vita va avanti, sempre...

jueves, octubre 10, 2024

 L'ultimo Premio Nobel per la Letteratura



Apprendo al volo (leggendo distrattamente La Repubblica online) che il nuovo (ultimo) Premio Nobel per la Letteratura è stato dato a una scrittrice sudcoreana che si chiama Han Kang e che ha scritto diversi romanzi di cui io ignoravo (ed ignoro) l'esistenza, come Atti umani o La vegetariana. Leggo l'intervista che Elena Stancanelli le fece nel 2017 e scopro una domanda che mi affascina, mi colpisce e fa rima con un progetto di ricerca in cui sono immerso insieme a colleghi che vengono dalla Germania, dalla Francia, dall'Ungheria, dall'Italia (certamente) e perfino dall'Ucraina: "Mi chiedo: che cos'è un essere umano? Cos'è che ci rende umani, cosa rende umano un essere umano?". Ecco: queste sono alcune delle domande che ci stiamo chiedendo io, i colleghi e gli studenti coinvolti in un progetto Erasmus sul tema: "Le immagini della violenza in letteratura e nell'arte dei secoli XX e XXI". Che cosa ci rende umani? E cosa rende umano un essere umano? Potremo mai fare a meno della violenza come "tratto precipuo" e "atemporale" dell'esser umano?

Non ho mai letto nulla di Han Kang, ma già solo per quest'intervista e per le domande che si pone alla fine (senza dare una risposta né a Elena Stancanelli né agli altri), mi viene l'irrefrenabile voglia di andarmi a leggere almeno uno dei suoi romanzi...

 David Lynch: non lo "lyncheremo" più Ieri sera, verso le 20:00 (l'ora di cena per me, all'italiana), mia cugina mi manda ...