sábado, septiembre 15, 2007

Dedicato a Silvia, l'amica di "Impressioni di vita"

Seneca osserva: "L'uomo è destinato a tornare alla vita, e perciò deve uscirne serenamente. Osserva il ciclo attraverso cui le cose ritornano tutte in se stesse: vedrai che nulla in questo mondo si estingue, ma con moto alterno tramonta e risorge. Se ne va l'estate, ma per tornare l'anno successivo. Passa l'inverno, ma riapparirà nella sua stagione. La notte nasconde il sole, ma subito dopo il giorno porta via la notte. Similmente le stelle, nella loro rotazione, non fanno che tornare dove sono già passate. Continuamente una parte del cielo sorge, e una parte sprofonda sotto l'orizzonte. E concluderò aggiungendo solo questo: neppure i bimbi e i dementi temono la morte. E' perciò cosa veramente vergognosa che la ragione non sia capace di darci quella serenità di spirito a cui porta la stoltezza". (dalle Lettere a Lucilio, Libro IV, lettera 36).

Queste parole non ci dicono soltanto che, molto probabilmente, come fecero Quevedo, Góngora, Gracián, Lope e compagnia bella, anche Cervantes lesse attentamente i classici e, tra questi, Seneca (il Seneca morale, mi verrebbe da dire), ma che lo assimilò alla propria lingua, re-inventadolo attraverso una nuova, originale riflessione sul tempo come freccia e come cerchio (tutte le cose, per Cervantes, girano "a la redonda" o "en redondo"; ricordiamoci pure del fatto che in realtà chi riflette nell'incipit di quel capitolo della II parte del Quijote non è il Monco di Lepanto, ma Cide Hamete Benengeli, quell'autore che, a detta del "primo autore", ha scritto il romanzo che narra delle avventure di Don Chisciotte e che un traduttore "arábigo" verte nello spagnolo dal testo originale).

Non inventiamo (mai?) nulla di nuovo; non solo la letteratura si nutre di altra letteratura e il presente si evolve grazie al passato, ma, a quanto pare, anche le nostre vite sono destinate ad avere un'eco nel futuro, ripetendosi nei gesti, nelle parole o nei ricordi di chi ci sopravviverà. O meglio: questo è quello che ci suggerisce Seneca, nella lettera succitata indirizzata a Lucilio. E fa una certa impressione sapere che ormai, tanto di Seneca quanto del suo discepolo Lucilio, non restano che le ossa (o forse neppure quelle: pulvis et umbra, come sempre)...
O forse no, qualcosa resta: il libro che raccoglie quelle stesse lettere, quel libro che Seneca scrisse secoli fa e che ancora oggi, il 14 Settembre del 2007, agli inizi del XXI secolo, qualcuno si prende la briga di leggere, convinto di non trovarvi cose interessanti. E invece, quante massime utili, quante frasi che lasciano a bocca aperta, come questa, in cui il maestro invita l'alunno a fare in fretta, a portare subito a compimento i suoi sogni, perchè, si sa, tempus ruit: "pensa che tu sei mortale ed io son vecchio". Da restare a bocca aperta...

1 comentario:

  1. Sempre attento, curioso e gentile, che dire...grazie!
    Forse è meglio che vada a dare un'occhiata anch'io al buon vecchio Seneca:-)
    Un beso!

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