Lo stress di tutti i giorni
Sembra sia un fenomeno universale, che riguarda tutti, senza distinzione di genere, età, condizione sociale. Lo stress ci attanaglia, da quando ci si sveglia fino a quando si va a dormire (e chi soffre d'insonnia, a causa dello stress, non trova il ristoro della fase notturna, di quando, in teoria, ci si distacca dagli affanni mondani).
Lo stress coglie gli alunni che devono studiare per l'esame e i prof che devono fare lezione e preparare quegli stessi esami che poi dovranno valutare per dare un voto all'alunno. Lo stress è dei segretari che devono formalizzare l'iscrizione ai vari corsi degli studenti e del bidello che deve stare attento alle chiavi delle varie aule dell'Università; lo stress colpisce perfino il giardiniere, che deve mettere a puntino gli alberi dell'ingresso principale, e il vigilante che si preoccupa dei parcheggi e che nessuno rubi o distrugga le macchine di alunni e prof.
Lo stress è di mio fratello avvocato che, a Roma, non si ferma un secondo e dei carcerieri che lavoro a Rebibbia; dei carcerati che non sanno come accelelare il passo del tempo della condanna e dei poliziotti che li scortano a mensa o al cortile dove fanno sport o teatro.
Lo stress è di mia madre che non riesce a trovare il tempo per fare la spesa e di mio padre che, ormai in pensione, non sa come riempire il tempo in attesa della morte.
Lo stress è una malattia che colpisce tutti e da a tutti la sensazione di non avere tempo per fare nulla. La velocità del sistema in cui siamo immersi c'impedisce di andare piano, la lentezza non è una virtù elogiata in questo XXI secolo in cui ci tocca vivere e chi va piano viene visto con sospetto se cammina troppo lentamente in una strada del centro di una grande città. Tutto subito e ora, hic et nunc, senza pause, senza intervalli, senza intermezzi.
Penso a quanto sia importante, invece, la lentezza, sia per leggere che per contemplare un paesaggio, per contemplare il volto di una persona amata o per fare un viaggio in bici fuori dai circuiti prestabili e dall'ossessione della misurazione dello sforzo fisico applicato alla corsa. Penso a quei pochissimi ciclisti che vanno in giro senza GPS, senza contachilometri, senza nulla che quantifichi lo sforzo fatto coi pedali. Penso a Nietzsche, al prologo che scrisse al suo saggio Aurora, se non erro, dove si scusa per essere stato troppo lento a scrivere quello stesso prologo, ma d'altronde, i temi affrontati nel saggio implicano molto tempo, non si possono risolvere in pochi minuti.
Lo stress e il suo legame con la velocità, la rapidità, la fretta. Lo stress e il suo legame con la lentezza nel caso dei carcerati o di mio padre, che vive da carcerato in casa e non esce e non parla quasi più con nessuno. Lo stress e la salute mentale di un mondo al bordo della Terza Guerra Mondiale. Quanti motivi per essere (vivere?) stressati ci sono (sempre stati).
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