Pisa. Dopo Torino, Pisa. È ovvio. Dunque, Pisa non è una città (né uno stato d'animo, come Roma, tanto meno un luna-park, come Madrid), bensí, diciamo, un paese in grande scala. Vi abitano circa 90 mila abitanti; di questi, 40 mila sono studenti. Ovvero, Pisa è invasa annualmente da una popolazione studentesca notevole (la fauna varia: studenti in sede, fuori sede, in corso, fuori corso, triennalisti, biennalisti - detti anche, specialisti -, penalisti o civilisti, inquieti o annoiati, dell'Erasmus o nazionali o regionali, etc. etc). Anzi, se non fosse per gli studenti, oltre che per la Torre pendente (che delude un po' le aspettative, è piuttosto piccola, quando ci passi sotto o attorno o la guardi dal basso), probabilmente Pisa non sarebbe quello che è. A Pisa, quindi, si corre il serio rischio d'imbattersi nei docenti del proprio corso di laurea (o di dottorato, o di post-dottorato, o della iper-specialistica) non solo nei corridoi dell'Università (vero fiore all'occhiello, tra quella normale e pubblica e quella "Normale", con "N" maiuscola), ma anche per strada; a me è capitato di vedere il mio prof. preferito nel suo ufficio, in orario di ricevimento; al supermercato, mentre faceva la spesa e comprava il pane; dal fruttivendolo, mentre acquistava dei broccoli; in piazza, mentre passeggiavo con Alyssa e lui con la moglie. La cosa può dare anche fastidio, soprattutto se il prof. in questione non è un campione di simpatia.
Non solo: Pisa ha degli orari tutti suoi. Se la mattina si sveglia piano, con una certa calma (diciamo che verso le 9 quasi tutti i negozi e i bar del centro riprendono la loro attività), a metà mattino è in fermento, per placarsi verso l'ora di pranzo. Dalle 13,30 alle 15, più o meno, si rilassa. Gli studenti (onnipresenti) pascolano nella centralissima Piazza Dante (una Piazza che segue anch'essa un orario tutto particolare: se fino alle 18,30 è popolata, da quest'ora in poi diventa un luogo oscuro e misterioso in cui diventa complicato non inciampare, visto il buio e l'assenza di luce artificiale), mentre i lavoratori (impiegati, bidelli, assistenti alla didattica) mangiano nei bar tra Borgo Stretto e Corso Italia. Poi, si rompono le fila. C'è chi torna a casa, per studiare bene la lezione, o chi, come le donne delle pulizie, pulisce prima di chiudere a doppia mandata i portoni pesanti delle varie Facoltà e Dipartimenti; i barboni tornano ai posti di combattimento, nei pressi della Stazione.
I barboni. O i mendicanti. Ce n'è uno che mi perseguita. Ha la barba folta, incolta e bianca, i pochi capelli arruffati e va in giro con un coniglietto marrone tenuto al guinzaglio come fosse un cagnolino. Credo abbia il dono dell'ubiquità. Ieri l'ho visto, nell'ordine e partendo da quando sono uscito di casa: 1- in Stazione, vicino alla fermata degli autobus (gli autobus di Pisa sono nuovi di zecca, niente a che vedere con quelli perennemente scassati di Roma); 2- a Piazza Dante, steso sul prato a prendere il sole, mentre i fuori sede (o in sede e in corso) e i fuori corso (o pendolari, o stabilmente residenti) pascolavano coi loro libri sotto il braccio; 3- a Piazza Giusti, direzione Aeroporto, con un carrello della spesa pieno di cianfrusaglie e buste della spazzatura, in attesa di chissá cosa o chissá chi; 4- vicino alla farmacia vicino a casa, di notte, mentre mi trovavo in un frangente tipico da Sabato sera senza (ma ti li sei scordati? Oddio, sí, scusami, esco subito e vado a comprarli).
E poi c'è il Lungarno. Meglio di quello di Firenze. C'è più spazio per contemplare il lento fluire del fiume. Di notte, le cosiddette "spallette" si riempiono di ragazzi e ragazze che ammazzano il tempo chiacchierando (quasi sempre d'Università). E Piazza Santa Caterina, un po' appartata, ma che preferisco alla tipica Piazza Garibaldi (dove ci diamo appuntamento? A Piazza Garibaldi, è la risposta canonica, prima che i ragazzi e le ragazze s'incontrino per bere una birra - e, di passaggio, parlare di Università). Piazza dei Miracoli, invece, quella no, troppo turistica. Anche se gli immensi prati con l'erba tagliata sempre a filo hanno il loro fascino (una volta ho conosciuto un tipo che, con l'intenzione di studiare disteso su uno di questi prati, s'era addormentato sotto il sole. Era arrivato a lezione con il viso rosso fuoco. Mi disse: "È pazzesco, non sai cosa mi è capitato: stavo a Piazza dei Miracoli, steso al sole, a studiare e ripassarmi un po' la lezione e... mi sono addormentato, senza nemmeno accorgermene, è pazzesco").
A Pisa è facile annoiarsi; per fortuna che ogni giorno capita qualcosa di pazzesco, come disse quel tale. E tra Corso Italia e i portici di Borgo Stretto ne succedono di cose strane. Come incontrare il proprio professore che cammina con la moglie; o un compagno di studi che compra un libro; o un barbone che chiede l'elemosina con al guinzaglio un piccolo coniglietto marrone.
jueves, septiembre 21, 2006
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