viernes, diciembre 22, 2006


Stamattina sono tornato indietro di dieci anni. Sono passato a salutare un mio ex prof. d'inglese nel mio vecchio liceo. I volti sono leggermente invecchiati (sono passati 10 anni, ormai, o forse di più?) mentre gli alunni sono sempre giovani. Una delle tristezze del lavoro di docente: tu invecchi, loro cambiano, crescono e poi ne arrivano di nuovi. Facce che non hai mai visto. E che impari a conoscere nell'arco dei 5 anni del corso di studio. Poi addio e chissà che fine faranno, a quale facoltà si iscriveranno, quante delusioni, quali fidanzati, quante città da scoprire prima di tornare a casa dai genitori.
Un'altra scenetta malinconica: il momento della fine della lezione. Tu hai passato 1h e 30 min. a sgolarti per cercare di farti capire, di spiegare ai tuoi alunni concetti magari difficili, cercando di alleggerire il peso della lezione con l'introduzione non sempre pertinente di qualche aneddoto personale o barzelletta (devo stare attento ai commenti politici, qualcuno potrebbe anche arrabbiarsi, potrebbero accusarmi di traviare le menti dei giovani), e loro scappano, hanno una voglia matta di tornare ai loro affari privati, tornare a casa, via, lontano dal prof. e da questa maledetta scuola, arrivederci prof., buone vacanze anche a lei, che poi il "lei" invecchia, ti fa sentire molto più anziano, loro corrono felici incontro ai divertimenti e alle allegre chiacchierate da corridoio con gli amici e tu sei là, che raccogli i tuoi appunti a testa bassa, l'aula si è svuotata, sui banchi imbrattati di scritte - per te ormai troppo ermetiche perchè legate a un'attualità a cui non stai sempre dietro - giacciono due penne con il cappuccio mordicchiato e alcuni fogli accartocciati e te ne torni sù, in sala riviste, a finire di leggere un articolo sulla linguistica trasformazionista, o trasformazionale, o germinale, o come diavolo si dice, e ti senti terribilmente solo. Solo e vecchio.
Il prof. d'inglese mi avverte: hai voglia ancora a imparare! Ridiamo e scherziamo, ci fumiamo una sigaretta sulla scala antincendio. Siamo al terzo piano. Da lassù si vedono le cime delle montagne vicine. Fa un freddo che sferza il viso. Un freddo polare. Torniamo dentro va. E' l'ora della ricreazione. Le alunne, semi-adolescenti, lolite nabokoviane vestite come le veline, saltano e urlano canti natalizi. O meglio: cori da stadio. Il prof. si fa sentire, alza la voce, scappano tutte in classe, ridendo senza paura della nota sul registro o della predica imminente. Che razza di mestiere. Fate silenzio. Chi ve l'ha detto che oggi si esce dieci minuti prima? E' il preside, di sicuro. Quel fascista..., mi sussurra all'orecchio. E' sempre lui? Sì, e chi lo smuove?
P.S.: un'altra canzone per quando si è tristi: Fidelity, di Regina Spektor, perfetta anche per il Natale.

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