Madrid,
un encanto de ciudad
Madrid,
un encanto de ciudad, che città spettacolare (nel senso che
si offre agli occhi del visitante come uno “spettacolo” da
guardare ad occhi aperti, come una sorta di scenografia in cui poter
girare ognuno il proprio film, come una specie di luna park sempre
acceso e con la luce dei lampioni sempre al massimo, con la gente per
le strade del centro e della periferia sempre pronta a sorriderti, o
a scambiare quattro chiacchiere con te, o a strillarti nell'orecchio,
subito dopo aver comprato il giornale: “Ah, gli italiani! A noi
spagnole siete sempre piaciuti, voi italiani, così belli, così
passionali!” (quando invece, da noi, sono le spagnole ad avere
quella fama, donne tutto fuoco, passioni dirompenti, un'idea
certamente romantica che rispecchia certi pregiudizi che fanno fatica
a scomparire – anche oggi, che viviamo tutti nel cosiddetto
“villaggio globale” - la frase citata supra me l'ha detta una
simpatica e arzilla signorina di 74 anni). Madrid, città in cui
girovagare senza meta, in cui perdersi, in cui innamorarsi, in cui
chiacchierare del più e del meno con la tua amica di una vita senza
fretta e senza inganni...
Selene
mangia un cous cous in una vaschetta di plastica; lascia 3 piccoli
pomodorini.
“I
pomodorini non li mangi?”, le chiedo.
“No,
perché mi scoppiano in bocca e mi da fastidio”.
Ridiamo
come due adolescenti che hanno fatto forca a scuola.
Sono
quasi 9 anni che la conosco, Selene, ed ha sempre la capacità di
sorprendermi con le sue battute al fulmicotone (come quella volta che
ero a cena a casa sua e andai al bagno; ci misi un po' e quando
tornai nel salone, mentre guardava Titanic, mi chiese, a
bruciapelo: “Scusa, ma hai cacato nel mio bagno? Hai avuto il
coraggio di farlo?”. E uno si domanda: ma come fa a pensarle, certe
cose, come fa a porle, certe domande...).
Madrid,
città che mi trasmette una voglia di vivere così potente che mi
risulta complicato addormentarmi prima delle 2 di notte (e alle 8 del
mattino sono in piedi, con le occhiaie e la faccia stravolta, ma in
piedi, cristosanto, pronto ad affrontare un'altra gioranta di
lavoro). Una città in cui potrei passare il resto dei miei giorni
(se non fosse che l'insonnia, a lungo andare, provoca la morte... O
no?).
Mi
ricordo che devo consegnare un articolo ad una rivista di Salamanca;
devo rivederlo e correggerlo in quanto a lingua e stile. Non è mai
facile scrivere in una lingua straniera (anche quando questa lingua
la si frequenta da anni e in modo continuativo, come capita a me per
lo spagnolo). Eppure, mi sforzo e qualcosa di buono verrà fuori, ne
sono sicuro.
Madrid,
città che m'infonde un ottimismo che, in generale, in Italia non ho
(perché lì, nel mio paese, i problemi sono tanti e non si ha sempre
la voglia o il coraggio di affrontarli come si deve; troppi ostacoli,
troppa gente che non fa funzionare l'ingranaggio, troppi sgambetti
assurdi, povera patria, come canta Battiato...).
E
intanto aspetto che l'editore di Roma mi mandi 3 copie del mio primo
saggio di critica letteraria (chi non ha mai scritto per pubblicare
non sa, non può sapere, non immagina nemmeno lontamente che razza di
lavoro immane è prendersi cura di un libro, revisionarlo,
correggerne i refusi, rileggerlo fino alla nausea, scegliere
l'immagine di copertina, decidere il titolo, impostare la pagina
della dedica e quella dei ringraziamenti, strutturarne i capitoli,
controllarne una ad una le note a piè di pagina, un lavoro davvero
immane e assurdo e pignolo e lungo e faticoso e io mi domando: “Ma
che vita fanno i correttori di bozze?”, io lo vorrei conoscere,
nella vita reale, un correttore di bozze e stringergli la mano e
fargli i complimenti e chiedergli: “Ma come fai? Che vita è la
tua, correttore di bozze, impegnato a scovare il più piccolo errore
o la più piccola svista all'interno delle pagine di un libro in
procinto di essere pubblicato?”).
Sì,
lo ammetto, e lo comunico anche a Selene (una delle donne più belle
che conosca, una con la marcia in più perché, oltre ad essere
intelligentissima e molto colta, è anche molto ironica ed
autoironica), le dico che sta per uscire il mio primo saggio di
critica letteraria e lei:
“Ma
dai, ma perché non me l'hai detto subito? Lo compro subito il tuo
libro, dai, dimmi il titolo”.
E
quando le faccio notare che siamo in Spagna e che il libro è in
procinto d'uscire in Italia, Selene sorride e mi dà una pacca sulla
spalla e poi dice che aspetterà, e che appena lo troverà su
internet lo ordinerà e lo leggerà e mi dirà che ne pensa e, se ci
sono, mi farà notare i refusi... da vera amica qual è...
Madrid,
città cosmopolita, sempre in movimento, che induce al movimento, che
spinge all'azione (qui ti viene subito voglia di andare a correre al
Retiro, di andare a teatro e al cinema, di leggere 20 romanzi al
giorno, di montare a cavallo, di fare un'escursione sulla Sierra, di
passeggiare per il Museo del Prado o in quello di Reina Sofía,
di tirare tardi ogni notte, in compagnia di bella gente e di tanta,
tanta birra con tapas...).
Propongo
a Selene di organizzarci per un piatto di pasta. E lei: “Ma siamo a
Madrid, dovremmo smetterla di pensare alla pasta!”. E poi: “Domani
prendo i pomodori buoni dal contadino. Se ti va, ti faccio una bella
insalatona”. E mi viene voglia di abbracciarla, perché Selene è
una maga delle insalatone, e anche l'anno scorso mi invitò a cena da
lei e ne mangiammo una che è rimasta nella storia, una simpatica,
enorme, nutriente insalatona.
E
le dico che sì, che va bene. Prima però dobbiamo tornare in
Biblioteca Nacional a recuperare i nostri rispettivi computer.
E anche attraversare col rosso diventa una piacevole abitudine,
perché quella matta di Selene non ce la fa proprio ad aspettare il
verde, è da quando viene a Madrid che attraversa col rosso, e se ne
frega che qualche automobilista la mandi a quel paese, lei sorride e
va dritta per la sua strada, Selene sorride e mi fa cenno di
affrettarmi ad attraversare la strada, senza paura e senza remore...
dai, forza!
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