UN MASSAGGIO AI PIEDI
L’altro giorno, ad esempio, ho parlato per un’ora intera di
massaggio ai piedi con una collega di Letteratura Inglese. Cinefila e lettrice
colta, mi ha fatto notare che, in effetti, un massaggio ai piedi può diventare facilmente
(e pericolosamente) il preludio a massaggi ben più “intimi” (e nel dirmelo è
arrossita leggermente, in un modo che a me è parso molto tenero, e poi ha di
nuovo affondato i denti sulla mela che aveva comprato pochi minuti prima al bar
dell’Università – sì, care lettrici, nella mia Università uno per colazione può
anche decidere di comprarsi una mela, una soltanto – anche se la brillantezza
delle stesse, la loro estrema luminosità, mi fa dubitare circa la loro natura biologica
o scevra da trattamenti chimici di sorta).
La collega arrossisce e io colgo l’occasione al volo per
citarle per intero (o quasi) il dialogo che mantengono John Travolta e Samuel
Lee Jackson sulle scale e fuori la porta di alcuni giovani ladri poco prima di
entrare in scena in Pulp Fiction,
quando il primo racconta al secondo la disavventura di un altro “body-guard”
che, per intrattenere Mia Wallace (Uma Thurman), si è azzardato a farle un
massaggio ai piedi e il capo, Marsellus Wallace (Ving Rhames), ha pensato bene
di “defenestrare” il suo scagnozzo rendendolo per sempre un paralitico.
La mia collega d’Inglese ride a crepapelle. Non riesce a
crederci che il tema “massaggio ai piedi” sia così importante all’interno della
trama del capolavoro di Tarantino e, così, alla fine, mi dice che lo vedrà,
sono anni che il dvd originale del film riposa il sonno dei giusti sul
comodino. Questo fine settimana mi promette che lo vedrà e che così avremo la
scusa perfetta per tornare a parlare di “massaggio ai piedi”.
Ecco: questo piccolo sketch
mi fa pensare a quanto possa legare le persone la convidisione di una passione;
un libro, un film, un quadro, una canzone, una scultura, ogni “pezzetto” di
cultura (e di arte) può trasformarsi in una scusa perfetta per rivedersi e
parlare e discutere e ragionare. Quanta importanza ha oggi l’arte (e la
cultura, in generale), in un mondo in cui stiamo diventando tutti dei “voyeur”
ciechi; in un mondo in cui la parola (tanto scritta quanto pronunciata a voce
alta) sta diventando qualcosa di subordinato all’immagine, alla caterva d’immagini
sparate in aria nell’etere virtuale e reale senza ordine né lógica né senso, a
volte…
Ne parlavo l’altro giorno con una scrittrice che è anche
psichiatra (un mix interessante, non c’è che dire, anche Giuseppe Tomasi di
Lampedusa lo era o gli sarebbe piaciuto esserlo, se non ricordo male): oggi
molti non sanno chi sono o non sanno cosa vogliono dalla vita semplicemente perché
non sanno più narrare né narrarsi, non fanno più affidamento sulla parola per
conoscere gli altri e conoscersi. Dove andremo mai a finire (verrebbe da
chiedersi, anche se ci si sente improvvisamente dei “vecchi”, anche solo a
immaginarla una frase del genere). Dove andranno a finire le nuove generazioni
che comunicano tutto (e mostrano tutto) tramite le reti sociali (o “social
networks” che dir si voglia). Quanti massaggi ai piedi si perderanno per strada
questi giovani che non sanno nemmeno cosa sia Pulp Fiction né mostrano alcun interesse nell’andare a scoprirlo. E…
viva i massaggi ai piedi!
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