domingo, octubre 21, 2018

Pasolini e Il Vangelo secondo Matteo: ovvero, come spiegare Pasolini agli altri


È difficile spiegare agli amici (e colleghi) spagnoli l'importanza della figura di Pier Paolo Pasolini. Lo è per molti motivi; lo è, ad esempio, perché oltre ad essere stato un poeta, un romanziere, un giornalista, un attore e un regista cinematografico, è stato, forse ancora prima di tutte queste cose, un intellettuale. E tra quelli che - incredibile a dirsi - non hanno mai avuto paura di dire la "loro" verità e, dicendola, di anticipare i tempi (Pasolini pre-annuncia e pre-vede quello che diventerà l'Italia di lì a poco, dopo la temperie critica degli scontri diretti degli anni 60 e 70 - e quanto scalpore fece quando, durante gli alterchi di Valle Giulia a Roma, invece di schierarsi dalla parte degli studenti in rivolta, si schierò dalla parte dei poliziotti...).

È difficile anche spiegare perché uno degli scrittori e degli intellettuali italiani più intelligenti e acuti che l'Italia abbia mai avuto, sia stato così tanto osteggiato, criticato, deriso, emarginato sia da destra che da sinistra (la sua omosessualità dichiarata dovette dare fastidio al Partito Comunista Italiano; il suo cattolicesimo primitivo, idem).

È difficile anche spiegare come sia stato possibile che, colui che nel 1963 girò La ricotta (l'episodio più controverso e riuscito del film Ro.Go.Pa.G.) e venne accusato di "vilependio alla religione cattolica" (4 mesi di carcere, doveva essere la pena, ma poi venne assolto), l'anno dopo, nel 1964, gira Il Vangelo secondo Matteo e vince, tra gli altri, il premio a miglior film dell'anno da parte di non ricordo più quale associazione cattolica - ma anche il Vaticano dovette rallegrarsene: il film, di fatto, è dedicato "Alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII"...quel papa di allora che, arrivando ad Assisi, obbligò Pasolini a pernottare presso un convento di frati e lì, sul comodino, di notte, scoprì il Vangelo e lo lesse d'un fiato...).

E a proposito di questo film, è impossibile non notare quanto si mantenga fedele al testo (alla Bibbia) un intellettuale che si è sempre dichiarato "marxista" e che, nel nome di Marx, cercava di smontare dall'interno il sistema capitalista... Ne Il Vangelo secondo Matteo Pasolini non ci risparmia nemmeno una delle tante frasi che pronuncia Cristo; è iper-fedele, potremmo dire, o ultra-fedele alle scritture e, di fatto, se avesse tolto qualche parabola, qualche detto memorabile di Gesù, forse il film ne avrebbe anche guadagnato in quanto a ritmo, e ciononostante resta uno dei suoi film più belli, appassionanti e appassionati, poetici ed emotivi (Susanna Colussi, sua madre, nella parte di Maria da anziana, prostrata ai piedi del figlio ormai morto sul Golgota, mentre urla "figlio mio, figlio mio!" senza sonoro, ecco, questa scena, per dire, resterà per sempre nella storia del cinema di tutti i tempi).

È diffile anche spiegare come mai, un poeta-scrittore-intellettuale di sinistra, dopo aver vinto tanti premi per un film così rispettoso della fede cattolica, decida di girare Salò o le 120 giornate di Sodoma, che conclude l'anno in cui viene assassinato, il 1975, quando aveva soli 53 anni (Accattone lo girò quando ne aveva 39, e non avrebbe più smesso, avrebbe girato i suoi film a un ritmo vertiginoso, quasi uno all'anno, se pensiamo alla famosa "trilogia della vita", come se avesse deciso di lasciare da parte, per un po', la letteratura, e di dedicarsi anima e corpo alla settima arte, come se col cinema riuscisse a esprimere meglio ciò che aveva da dirci). 

Come coniugare Il Vangelo secondo Matteo con la libera trasposizione sul grande schermo delle opere del Marchese de Sade? Come spiegare che dietro la cinepresa c'è lo stesso regista che canta il "mistero" della fede cristiana e che, al contempo, descrive senza freni inibitori la violenza assurda dei gerarchi fasciscti che, nella "inventata" Repubblica di Salò di mussoliniana memoria, decidono di rapire 100 ragazzi (e ragazze) da usare a loro piacimento con l'unico scopo di realizzare sul piano della realtà le perversioni che il Divin Marchese immaginò sulla carta stampata? Diciamola tutta: Salò è forse uno dei pochi film "inguardabili" di tutta la storia del cinema; bisogna avere lo stomaco di ferro per non vomitare e arrivare fino in fondo...

È difficile spiegare anche la morte di Pasolini: di fatto, ancora oggi, nonostante le inchieste, nonostante i vari film d'inchiesta su quella morte, nonostante Pelosi e le sue testimonianze (incerte o manipolate, ancora non lo sappiamo), ecco, nonostante tutto, la morte del poeta resta un mistero, perché non si sa ancora chi, come e perché lo uccise, e se dietro a tutta questa morte c'è un mandante (quel film, quel suo ultimo film, venne sequestrato e censurato per anni; Petrolio fu pubblicato solo dopo 16 anni da quella morte assurda; e ancora non sappiamo, ancora annaspiamo, ancora andiamo alla ricerca dei colpevoli...).

Pasolini era fortemente attratto dalla figura di Cristo forse perché - come ricorda Alberto Moravia in qualche intervista, se non ricordo male e la memoria non m'inganna - si vedeva rispecchiato in lui, si vedeva come Cristo, deriso, perseguitato, offeso, umiliato da tanti, forse da troppi che non la pensavano come lui. 

E forse, negli ultimi anni della sua vita, Pasolini era fortemente attratto da de Sade perché c'era, nel suo carattere, un che di sadico o, ancor meglio, di sadomasochistico, quando diceva le sue "verità" senza censure sapendo benissimo che, proprio perché non si censurava, si sarebbe attirato velocemente l'improperio, l'offesa, il desiderio di vendetta di chi lo considerava un personaggio scomodo, un comunista che parlava troppo, un omosessuale che pervertiva la gioventù, uno scrittore che scriveva di cose che era meglio tenere nascoste o che era meglio non portare all'attenzione dell'opinione pubblica.

Su YouTube è possibile ascoltare e vedere molte interviste a Pasolini: ce n'è una in cui Enzo Biagi (dio mio, Enzo Biagi!) gli fa una serie di domande sulla televisione e sul linguaggio che gli italiani imparano (stavano imparando) dalla televisione e Pasolini si mostra sempre scontroso, sembra un animale in gabbia, e fa tenerezza e, al contempo, ispira rammarico o un certo dispiacere vederlo così, perennemente sulla difensiva, pronto a contraccare, sempre arrabbiato con il Mondo, sempre pronto a lottare...

In quella che internet presenta come "l'ultima intervista", il giornalista che lo intervista gli domanda come si sente quando si trova a camminare tra la gente e Pasolini risponde che si sente bene, anche se ci sono persone che lo evitano, che cambiano marciapiede, se lo riconoscono, e ce ne sono altre, anche, che gli sputerebbero volentieri in faccia, se potessero.

È difficile spiegare chi e cosa rappresenta Pier Paolo Pasolini per l'Italia e per noi italiani. E allora mi viene in mente quella scena bellissima all'interno di Caro Diario (1993) in cui Nanni Moretti si ricorda della data dell'anniversario dell'assassinio e va in vespa fino a Ostia, fino all'Idroscalo, il luogo del delitto. E non dice nulla. Osserva la brutta scultura che si trova in quel luogo di morte e non dice nulla. Una musica dolce accompagna la vespa lungo le strade che riportano a Roma... 

E mi viene in mente la frase di Moravia durante i funerali di Pasolini: "Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo...Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta"...E come non essere d'accordo con Moravia...

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