martes, septiembre 08, 2020

 

8/9/2020


E così, oggi compio 43 anni. Ancora non ci credo. Mi sembra irreale, anche perché, mentalmente (come succede a tanti, come succede a molti miei coetanei), di anni me ne sento 24 o, al massimo, 26. E dovrebbe essere tempo di bilanci. Ma non ce la faccio più a fare i bilanci. Vorrei imparare a vivere alla giornata. Basta fare programmi. Basta calcolare tutto al millimetro. E se gli articoli che ho nel cassetto non appariranno mai; se il libro che ho tradotto da poco non vedrà la luce; se tutte le conquiste accademiche che uno rincorre non arriveranno mai, ebbene, non fa niente, non è più un problema, non voglio più farne un problema, non sarà affatto un problema (“puoi sempre aprire un’edicola o andare a lavorare in una biblioteca”, mi dice per scherzare, ma poi nemmeno tanto). Si vive una vita sola. Ce lo diciamo tutti, chi piú chi meno, anche se poi pochi fanno tesoro del detto. Nemmeno un virus di dimensioni e letalità mondiali ci ha fatto migliorare o ci ha spinto a riflettere su chi siamo, su cosa vogliamo fare su questo pianeta, su dove possiamo andare e dove sarebbe bene fermarsi.

E allora lascio stare i bilanci e mi dedico a godermi il tramonto. E, dopo i 30 km di turno fatti in bicicletta, mi dedico a farmi una bella doccia, anche solo per il gusto d’indossare il bellissimo accappatoio nuovo (ed elegante) che mi ha regalato la mia compagna di avventure. E domani andiamo al cinema, a vedere Tenet, l’ultimo di Christopher Nolan, se si può. E prima del cinema, una pizza nella nostra pizzeria preferita. Sempre se si può, nonostante la distanza sociale e le mascherine d’obbligo. 43 anni, ragazzi…

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