La scrittura e le immagini
È da un po' di tempo che sono ossessionato da un tema: il rapporto (sempre conflittuale, ambiguo e affascinante, oltre che ancestrale) tra la scrittura e le immagini, ovvero, tra le parole e le immagini che queste riescono a creare da sè, ovvero, tra la parole e le immagini che, a volte, gli scrittori introducono nei loro testi (siano essi romanzi, racconti, saggi, poesie, opere teatrali, etc.).
Va da sè che un conto sono le prime, ovvero, le immagini che il romanziere, il poeta, il saggista, l'autore di un testo teatrale, etc. riescono a creare con l'uso attento (estetico) delle parole e un altro (ben diverso) le seconde, ovvero, le immagini "reali" (reali? quale immagine lo è davvero? Platone docet) che un romanziere, un poeta, un saggista, un autore di un testo teatrale, etc. decide (di sua spontanea volontà) d'introdurre nel testo. Ecco: già solo l'introduzione dell'immagine (una fotografia, la riproduzione di un quadro famoso nell'ambito della storia dell'arte, un pezzo di giornale, una pubblicità, etc.) rompe la linearità dell'atto della lettura e obbliga a fermarsi, obbliga il lettore a pensare e a porsi la domanda: "cosa guardo? cosa rappresenta quest'immagine? cosa vuole dirmi l'autore introducendo nel suo discorso - letterario - un'immagine di questo tipo? che rapporto ha l'immagine con il testo in cui è inserita? e perché?".
Da bravo studente (o da ricercatore responsabile) mi sono andato a cercare la bibliografia più recente sull'argomento e mi sono imbattuto in un saggio molto ben scritto di Michele Cometa, un libro che s'intitola (guarda un po' il caso): La scrittura delle immagini. Letteratura e cultura visuale (Milano, Raffaello Cortina, 2012). È un saggio pieno d'idee e spunti interessanti, un libro denso, e ricco d'immagini...E mentre lo leggo con la matita in mano penso a quanto è difficile non perdersi nell'immensa massa e mole d'immagini che ci sommergono da quando ci svegliamo la mattina fino a quando andiamo a letto a dormire la notte. Siamo sempre bombardati dalle immagini le più disparate e variopinte. I nostri occhi (la nostra vista) portano a termine un lavoro immenso, se calcoliamo le miriadi, i milioni d'immagini che poniamo alla loro attenzione in modo costante e, a volte, spesso, del tutto involontario.
Questa sera (o, per meglio dire, questa notte: sono le 1:15) dovrei iniziare il capitolo 4, "La Madonna del pensiero", ma invece di leggere mi fermo a pensare a questo fatto del tutto banale eppure straordinario: i nostri occhi guardano tutto, cercano di scannerizzare tutto, tutti i giorni, tutte le volte che un'immagine li punzecchia, li titilla, li stimola, volenti o nolenti (molto spesso nolenti). E noi non impazziamo. Voglio dire: nel maremagnum delle centinaia e centinaia d'immagini che arrivano fino al nostro nervo ottico, noi non soccombiamo, continuiamo a vivere come se nulla fosse, guardiamo ed elaboriamo il dato, e andiamo avanti...spesso senza nemmeno renderci conto di ciò che abbiamo appena visto.
E mentre il camion della spazzatura fa il suo dovere e fa il suo tipico rumore notturno, penso a come è incredibile che la vista svolga il suo lavoro in silenzio: gli occhi non parlano, anche se alcuni sono molto espressivi (e sono lo specchio dell'anima, secondo gli antichi). Gli occhi non emettono frasi, ma vedono e registrano tutto e ci permettono di andare avanti senza inciampare, di capire con chi abbiamo a che vedere (scusate il gioco di parole), di intuire se di una determinata persona ci possiamo fidare oppure no, innamorare oppure no, e così di seguito, in un continuo esercizio d'equilibrismo sul bordo dell'abisso. Gli occhi non parlano, ma sono eloquenti a modo loro e lasciano intravedere verità spesso scomode e lanciano messaggi muti. Pensiamo solo per un momento agli occhi della Monna Lisa di Leonardo; a quelli della Madonna della Pietà di Michelangelo; agli occhi dei molti personaggi con la bombetta nei quadri di Magritte; agli occhi dell'uomo disperato del Grido di Munch.
E poi dall'arte, dalla pittura e dalla letteratura, facciamo un salto più in là e pensiamo a tutti gli occhi di tutte quelle persone che sono state importanti nella nostra vita. Agli occhi di nostra madre; a quelli dei nonni; agli occhi della donna amata; a quelli delle donne amate in passato e ora finite chissà dove e chissà con chi; pensiamo agli occhi di chi ha pianto davanti a noi o agli occhi di ancora ride senza censure davanti a noi... Pensiamoci. E poi proviamo a chiudere gli occhi. Perché l'insonnia è una brutta bestia e perché io devo ancora finire di leggere tutto La scrittura delle immagini. La scrittura e le immagini. Le parole e le immagini. Le parole e le cose.
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