Le giornate piene (di sorprese)
Ieri, 10 febbraio del 2022, alle ore 8:55 del mattino e senza previo avviso, il mio ex-Prof di Letteratura Inglese al Liceo Linguistico mi scrive su Messanger per mandarmi il link per una videoconferenza su Meet. Una settimana fa mi aveva mandato un email per chiedermi se sarei stato disponibile a concedere un'intervista agli alunni del quinto. Gli rispondo al volo dicendo che ne sono lunsingato, che sì, che certo, ma che magari prima sarebbe il caso di parlare delle domande, del tenore dell'intervista, dei temi da trattare. Il Prof annuisce e poi dice "a presto". E ieri mattina la sorpresa. Gli rispondo alle ore 9:00, con la faccia ancora assonnata, i capelli spettinati, il piagiama ancora appiccicato alla pelle. "Dammi almeno 10 minuti". "Ok, dai, sbrigati che alle 11:00 devo andare da un'altra classe".
Mi collego alle 9:05 e da lì fino alle 10:00 è un viavai costante e piacevole di domande e risposte sul perché faccio il professore, sul mio percorso di studi, su come ho fatto a finire in Spagna a insegnare Letteratura Spagnola agli spagnoli, sui ricordi che ho dei tempi del Liceo...
Non è solo un'intervista: è anche una sorta di denudamento in pubblico, di autoanalisi, di tuffo nel passato e di parallela ricerca del "tempo passato", di quando ero giovane e pieno di belle speranze. I ragazzi sembrano interessati. Sono svegli e vispi. Qualcuno sorride quando faccio qualche battuta o scherzo con il loro Prof. d'Inglese. Quando è tutto finito, mi scrive di nuovo su Messanger: "Quando gli hai parlato della "curiosità" sono rimasti scioccati". Ma lo sanno tutti, da Aristotele in poi, che la curiositas è lo strumento fondamentale per dare avvio alla philosophia (o "amore per il sapere").
Poi mi scrive una collega che coordina la "Società Dante Alighieri" della città del Sud del Sud della Spagna in cui vivo e lavoro e mi propone di parlare di Pasolini in occasione di un congresso in cui si celebra l'anniversario dei 100 anni dalla nascita. Le dico che, pur non essendo un italianista, né un esperto in Pasolini, accetto. Mi risponde subito, entusiasta, per ringraziare e per dirmi anche di scegliere una poesia con cui inaugurare l'evento. Penso subito a "Il pianto della scavatrice" da Poesia in forma di rosa. E poi rifletto: di nuovo, un'occasione per parlare di Letteratura Italiana ma stando in Spagna. Così come pochi minuti fa avevo parlato dell'Italia stando in Spagna.
Infine, mi arriva la tesi di laurea di una studentessa di Lingue dell'Università di Trento. Figuro come correlatore. È la prima volta che la studentessa si mette in contatto con me. Il relatore, un caro amico e collega, mi rassicura sulla bontà del lavoro: è una in gamba, vedrai. Le rispondo subito: "La ringrazio, leggerò la sua tesi con interesse e sincera curiosità". E di nuovo un pezzo d'Italia che entra in contatto con il mio fare quotidiano stando qui in Spagna. Ponti che non si chiudono mai. Per fortuna. E penso: "Ma che giornata! E quante sorprese!" (per fortuna tutte belle).
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