miércoles, agosto 09, 2006

La scrittura sull'acqua. La traccia che si ferma solo per una frazione di secondi, per poi svanire per sempre. L'emozione che deve aver provato Gutenberg quando ha stampato la prima pagina. La vertigine di leggere quanto scritto da un altro, in un altro posto, da un'altra era, "other rooms, other voices", come recita il titolo di uno dei primi romanzi di Truman Capote. E poi: il successo di un'invenzione; la Bibbia letta da tutti; la Controriforma; Lutero e la Santa Inquisizione. Ascolto jazz, il deejay augura buon ascolto, ma parla sui dischi che mette e manda all'aria la prima tornata di bassi e di batterie. Ritorno sui miei passi. La scrittura, anche oggi, quando l'era digitale terrestre proietta immagini da ogni angolo del pianeta. Quando internet diffonde il sapere in modo (più) democratico (sarà poi tutto così, rose e fiori, o son solo fiori d'arancio?). Borges narra in non ricordo più quale racconto che Gesù scrisse solo una volta e lo fece sulla sabbia. Poi cancellò quanto voleva spiegare agli apostoli e nessuno ci ha più saputo dire cosa scrisse veramente quella volta. Se non potessi scrivere...quanti pensieri in meno, se si è privati della scrittura, quanti messaggi non detti, quanti dubbi non risolti, quante riflessioni non nate, così, spontaneamente, sulla scia dei ricordi, con l'aiuto dell'immaginazione, l'azione implacabile dell'oblio, si scrive anche per ricordarsi di fare le cose, per non disperdere quanto altri prima di noi hanno saputo (o hanno saputo trasmetterci), per non morire del tutto dopo la morte. Jam Session di parole. Vorrei rileggermi il Fedro e vedere come Platone s'incartò sul più bello, mentre criticava i poeti e rinnegava della scrittura, foriera di oblio.

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