miércoles, agosto 23, 2006
Questa foto proviene dal blog di Rosy http://magismagisque.splinder.com/.
È facile capire che siamo in un bar e che questo è effettivamente il bancone di un bar. "Bar" viene dall'inglese (come tante altre parole che usiamo, d'altronde, senza nemmeno rendercene conto) e, all'origine, indicava non ricordo più quale parte di una nave (ma la memoria associa il termine anche al Giudice che, in consiglio e in atto di emettere la sentenza, si erge dal "bar" per esporre la sua opinione davanti alla giuria popolare). L'immagine colpisce, oltre che per il colore (virato al seppia), per il modo in cui inquadra quanto entra a far parte della stessa. Dalla destra, una mano entra "in campo" (per dirla con linguaggio cinematografico) per afferrare un mini-bicchiere di chissà quale sostanza liquida (vino? Può darsi. Superalcolico? Potrebbe. Non è coca-cola, né aranciata, questo è sicuro). Pochi centimetri e c'imbattiamo nel primo degli unici due volti (umani) catturati dall'occhio (sempre poco) obiettivo dell'obiettivo della macchina fotografica. Si vede (intra? vede?) la nuca di un signore che, dal taglio dei capelli, potrebbe essere scambiato anche per una signora (attempata, bionda, piacente e dall'aria certamente divertita, non saprei dire se anche divertente, ma si nota, è facile notarlo, che sta godendo di questo momento di relax, davanti al bancone di un bar - mai davanti alla sbarra di una Corte di Giustizia - è difficile non lasciarsi andare ai sorrisi, ci si lascia dietro le preoccupazioni quotidiane e si pensa meno o si pensa meglio, cioè, si pensa solo a divertirsi e a godersela la vita, e quest'uomo - o questa donna? - sembra proprio sorridere per questo, perché si sta godendo un momento di vero e puro piacere e vero e sincero relax, sorseggiando il suo vino - o superalcolico, ma niente coca, non potrebbe essere coca-cola, basta guardare meglio per capire che, in bicchieri così piccoli, fatti di vetro, un prodotto così commerciale come la coca sfigurerebbe, siamo sinceri). Ma osserviamo meglio: in che direzione punta il suo sguardo divertito quest'uomo dai capelli lunghi (e lisci e semibiondi, ma la seppia, virata, inganna)? Verso chi o che cosa rivolge la sua attenzione in questo preciso istante? La prima risposta potrebbe essere quella che consiglierebbe la logica: verso il cameriere (non esistono banconi di bar che non presentino nel loro interno un camiere o "similia" - il padrone del locale, il buttafuori di turno, l'inserviente che pulisce il pavimento o il lavabo e i piatti e le tazzine), ma, ancora una volta, basterebbe fissare l'immagine e osservare con maggiore attenzione per immaginare una seconda ipotesi (anch'essa non totalmente slegata dalla logica e dal razioncinio di stampo sillogistico-aristotelico) e cioè, potremmo assicurare senza tema di smentite: verso l'altro individuo, quello che si vede lì in fondo, con uno strano cappello zebrato sulla testa. È, ripeto, la seconda persona di cui vediamo il volto (la terza, se sommiamo quella di cui intravediamo solo la mano nell'atto di afferare con decisione lo strano mini-bicchiere contenente l'ancora - per noi - enigmatico liquido scuro; la quarta se pensiamo che anche lui, come il tizio dai capelli lisci - e lunghi - sta guardando verso un eventuale, ipotetico cameriere - ma, ora che ci penso, potrebbero essere più di uno, i camerieri, rari i bar che vadano avanti solo con l'aiuto e la forza delle braccia di un unico cameriere o di un unico-tutto-fare barista, per bravo che questi possa essere). Di questa seconda figura umana, in realtà, non riusciamo a intuire l'espressione. È troppo distante dall'obiettivo per consentirci di formulare alcuna ipotesi, eppure... non può essere un tipo triste o depresso (o deprimente) uno che va in giro con un cappello così eccentrico, a dir il vero, forse, fin troppo eccentrico - rischia di passare per un pagliaccio, o per uno di quelli che, quando c'è una festa e l'occasione è quella giusta, vuol dare a tutti l'idea che lui sì, lui sì che si diverte e se la gode, se fossimo spinti a ipotizzare il grado di divertimento tra lui e il tizio con i capelli lisci, non avremmo dubbi nel dire che, a rigor di logica, quello che sembra godere del momento con più scaltrezza e senza infingimenti sia proprio il secondo e non il primo, un cappello troppo vistoso, vuol richiamare forzatamente l'attenzione su di sé e, insomma, per me quello in secondo piano non sta bevendo con la stessa allegria e la stessa calma placida e contenta di quello in primo piano (su quello di cui vediamo solo la mano, non azzarderei ipotesi alcuna). I tre rubinetti da cui fuorisce l'agognato liquore (o birra o acqua o superalcolico, ma in genere, da dispositivi del genere ci aspetteremmo sempre e solo birra alla spina, bella fresca) formano, invece, una casuale simmetria con le tre luci delle tre lamapade (o lampadari) che rischiarano la superficie del bancone e con la luce tocchiamo lo zenit della fotografia. Non solo essa ci permette di osservare un altro curioso dettaglio (sul bancone, appoggiata o subito dopo di esso, vediamo una specie di vetrina, contentente del cibo, senza dubbio, anche se non possiamo vedere di che cibo si tratti), ma ci permette di vedere sia il bancone stesso, che il tizio con il cappello eccentrico che il tipo allegro con i capelli lisci che il tipo anonimo e, per ora, senza volto, della mano che afferra il bicchiere. Insomma, che una delle prime frasi della Bibbia sia "Sia fatta luce e luce fu" non deve essere stato un caso, anzi, tutto il contrario, essendo la luce stessa il fondamento dell'apparire di tutte le cose che sono, che sono state e che potrebbero continuare a starci, almeno fino a quando ci sarà un obiettivo che, in modo del tutto arbitrario e (perciò) molto poco obiettivo, s'ingegnerà nel carpire una porzione di realtà, per offrircela in tutta la sua ambiguità e complessità.
P.S.: Rosy quella sera si rammaricava di non aver portato con sé la macchinetta fotografica. Per fortuna che ci aveva pensato qualcun'altro...
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