sábado, noviembre 22, 2008

Di ritorno

Fa un certo effetto ritornare a casa e riabituarsi ai propri spazi, rivedere gli oggetti che fanno parte della nostra vita quotidiana e riascoltare gli stessi rumori di fondo di sempre (lavatrice, il vicino che tossisce, il camion della spazzatura intorno alla mezzanotte, aspirapolvere di quello del piano di sotto alle otto del mattino…) e riabituarsi ai ritmi del lavoro (le ore assegnate matematicamente a ben determinate mansioni, difficile uscire dai soliti binari).

E fa una certa tristezza rivedere l’Italia dopo una settimana di Spagna (Firenze, Roma, Madrid, Puerto de Santa María, Cadiz e ritorno, secondo questo cammino, prendendo 3 aerei, 6 treni, 1 taxi, 2 autobus, 2 vaporetti, uno svariato numero di metro e 1 tram). Guardandola con gli occhi dello straniero, l’Italia appare davvero un paese invecchiato e triste (“Non è un paese per giovani”, ha commentato Ambra, la mia amica giornalista – sempre in viaggio tra Madrid, Parigi, Berlino e Londra – parafrasando il famoso film dei Coen). Accendo la tv e c’è Brunetta che dice che “i fannulloni sono tutti a sinistra” e che gli dispiace perché lui sì, è “davvero di sinistra, un socialista che lavora nel governo di Forza Italia”… Mio dio, mio dio, perché lo hai abbandonato, perché parla in quel modo, chi gli ha consigliato di rilasciare quell’intervista indossando quella specie di sciarpa alla moda che stona palesemente con il suo “aplomb” di uomo politico in carriera, perché? E poi le liti in tv tra i politici; ormai talmente impegnati a fare le loro “comparsate” che non hanno più tempo per fare quello per cui sono lautamente pagati: e cioè, fare politica, cercare di risolvere in Parlamento e con le leggi i problemi del popolo (un tempo) sovrano.

“L’aereo è stato cancellato, mi dispiace”, fa la hostess di terra di Vueling. Mi viene da piangere, ma non perché proprio il mio aereo (Madrid Barajas-Roma Fiumicino) sia stato soppresso, alle 6 del mattino, quanto perché chi sopprime è proprio Vueling, una compagnia aerea low-cost che non mi ha mai dato problemi e che spero non inizi a diventare come la nostrana Alitalia (la cui crisi è ben lungi dal trovare una soluzione che non dispiaccia nessuno).

Ne approfitto per leggere Hand to Mouth. A Chronicle of Early Failure, di Paul Auster, la cronaca dei suoi primi trent’anni di vita, la storia picaresca dei suoi fallimenti e delle sue dure lotte per la sopravvivenza, quando, prima di diventare uno scrittore famoso, si è visto costretto a fare i lavori più umili e disparati pur di raggranellare qualche dollaro e tirare a campare. Questo libro è abbastanza appassionante: non mi convince del tutto, ma mi fa apprezzare ancora di più l’impegno di questo americano che, sulla base del suo sogno, è riuscito ad affrontare gli ostacoli più grandi. Si è saputo adattare. E’ riuscito a scrivere racconti dopo colloqui di lavoro allucinanti. E’ riuscito a mantenere se non la calma almeno la testa sulle spalle quando il conto in banca era ormai in rosso profondo (per un momento l’ho accostato a The Pursuit of Happiness, il film di Will Smith, girato da Muccino in (e sull’) America).

Poi si avvicina un’argentina (lo intuisco dall’accento), è bellissima, mi chiede se per favore posso scattare una foto a lei e la sua amica, una modella, è altissima anche lei, anche se porta scarpe coi tacchi a spillo, le accontento, loro sorridono, io schiaccio il pulsante e mi verrebbe da chiedere loro una copia di quella foto, chiedere l’email, per un incontro futuro, venite in Italia, anche voi andate a Roma? No, meglio non importunare. E poi cosa ci vengono a fare in Italia?

Siamo un paese fermo. I politici sono sempre al centro dell’attenzione mediatica, ma solo per urlare quattro cazzate al vento e offendersi a vicenda. Siamo un paese grigio e che ha paura dello straniero (quanto razzismo in più da quando la destra è al potere, o mi sbaglio?).

Ripenso alla festa cui sono stato invitato: Mauro, uno dei miei migliori amici, è uruguayano. Mi presenta un gruppo di suoi amici madrileni. La maggioranza, in realtà, è di colore: vengono dal Senegal, dalla Guinea, dal Marocco. Accanto al gruppo dei neri ci sono le bionde: alcune sono svedesi, altre danesi. Non corre buon sangue tra Svezia e Danimarca; a un certo punto qualcuna fa qualche battuta cattiva e volano parolacce (se le dicono in spagnolo, tra i fumi dell’alcol e della marijuana). Poi passano a chiedermi di Berlusconi; qualcuno nota le somiglianze con Mussolini; anche questo suo culto del corpo, questo suo voler essere sempre giovane e forte; questo suo voler negare l’evidenza, e cioè che non è più un bambino e ha 73 anni suonati (non ho controllato, mi fido di quanto dice Inge, una del gruppo delle danesi, biondissima e con gli occhi azzurri, come da copione); qualcun altro mi chiede cosa succede con la scuola e l’Università. Le notizie legate alle manifestazioni degli studenti sono arrivate fin lassù, nel Nord Europa. Provo a spiegare loro qual è la situazione, ma mi risulta difficile e poi siamo tutti un po’ brilli.

L’aereo è stato dirottato da Madrid a Barcelona. Da lì dovrò poi aspettare 4 ore prima di poter toccare il suolo della capitale.

Tristezza, nostalgia delle risate della notte prima, senso di claustrofobia, paura di ritornare vecchio nel paese dei non-giovani… Tra poco si parte e sarà di nuovo Italia… Accidenti, che brutta situazione…

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