miércoles, diciembre 08, 2010

Brevissimo breviario sulla scrittura nabokoviana (a partire da Ada o ardore)



Questo è solo un tentativo di stendere un breviario (brevissimo) sulla scrittura di uno degli autori che più amo rileggere (e ad ogni nuova lettura i suoi libri regalano nuove scoperte o preziosi dettagli che, la prima volta, ci erano sfuggiti da sotto gli occhi); il tentativo prende le mosse da uno dei suoi romanzi più affascinanti e (a mio modesto giudizio) più complessi: Ada o ardore, del 1969, poi rivisto nel 1970 e apparso in Italia nel 2000 per Adelphi con traduzione di Margherita Crepax...Cominciamo:

1- La scrittura di Nabokov è fatta di immagini; spesso, di immagini poetiche (o che non sfigurerebbero in un componimento poetico); eccone un piccolissimo esempio (l'azione che il narratore ci segnala è banale, nella sua quotidianità, ma diventa subito “straordinaria” - extra-ordinaria – fuori dalla normalità – per il modo in cui è descritta e inquadrata):

Sempre ansante, il cameriere accostò le tende: ormai del giorno non rimanevano che pittoresche rovine ('Ada o ardore', Milano, Adelphi, 2000, p. 263);

2- La scrittura di Nabokov è spesso metaletteraria: ovvero, gioca con i meccanismi stessi che stanno alla base della scrittura (romanzesca) e tende alla metafinzione; è come se lo scrittore, nel momento stesso in cui sta scrivendo, si scostasse leggermente dalla pagina che sta componendo per farci vedere (per far vedere a noi lettori) che quanto leggiamo è finzione e, quindi, gioco di parole dell'autore con il linguaggio; un gioco serio, anzi, serissimo, tanto che l'autore si erge a Dio della sua opera e rende noi lettori dei coprotagonisti inconsapevoli della stessa; smonta l'opera per farci entrare dentro i suoi meccanismi e dirci...molte cose, su noi stessi, sui romanzi e sulla letteratura in quanto creazione di mondi fittizi; ecco l'esempio:

Avevano preso un'infinità di precauzioni – tutte perfettamente inutili, perché niente può cambiare la fine (scritta e archiviata) di questo capitolo (id., p. 446).

3- La scrittura di Vladimir Nabokov tende a creare mondi fittizi a partire da quello reale per poi sganciarsi da ogni pretesa di verosimiglianza. Al Nostro non interessa parlare di realtà (o della “realtà oggettiva”). Interessa piuttosto parlare di quello che, pur appartenendo alla realtà, sfugge alla nostra attenzione e al nostro sguardo. La scrittura nabokoviana è quello sguardo (quella vista supersonica) che ci permette di recuperare i particolari più nascosti e più originali, più strani e, al contempo, pure più quotidiani, su cui raramente siamo spinti a riflettere (è la scrittura che si interroga su cos'è il ricordo, il passato, il sogno, il destino, il caso, etc.). Proprio per questo, la scrittura di Nabokov non ha limiti; non conosce freni; non si ferma davanti a niente: e l'autore lo sa, ne è cosciente, anche in modo narcisistico ed egocentrico, oltre che ironico:

Non puoi immaginare” - “Io posso immaginare tutto”, ribattè lui (id., p. 493).

4- Nabokov parla di sé anche quando sta descrivendo una farfalla o una montagna; ma non riesce a parlare di sé in prima persona e in modo esplicitamente autobiografico, come fanno molti: la sua è una scrittura che rifugge dalla messa in mostra (pubblica) dei propri stati d'animo e dei propri sentimenti:

Non conosco l'arte di scandire i miei lamenti (id., p. 392).

5- La scrittura nabokoviana ha un che di erotico anche quando non parla di erotismo (o di ciò che si potrebbe associare all'erotismo: il corpo nudo o svestito, il sesso, la passione, il folle accavallarsi delle mani e dei pensieri mentre facciamo l'amore, etc.). L'esempio che adduco può contraddire quanto ho appena detto: ma lo faccio, perché mi piace e perché rende benissimo l'idea di che cos'è la poesia (di Nabokov) e di che cos'è scrittura erotica (per me):

Il nostro miserabile libertino non potè fare a meno di intenerirsi alla vista dell'ideale simmetria di quelle squisite fossette gemelle che solo i giovani corpi perfetti hanno, appena sopra le natiche, nella cintura sacrale della bellezza (id., p. 429 – sia detto per inciso, e en passant, una scrittura del genere riempie Lolita, ossia: il romanzo che rese internazionalmente famoso Nabokov; ma credo che ne approverebbe il ritmo, la bellezza, la concisione geometrica, la musicalità interna anche uno come Proust; un brano del genere potrebbe anche sembrare una citazione dalla Recherche, se non lo si specificasse prima – e se si volesse far agitare Nabokov nella tomba – anche se lui l'amava, la prima parte del romanzo-mostro di Proust).

6- La scrittura di Nabokov è filosofica malgré soi; Nabokov non aveva molta simpatia per i filosofi di professione; né per gli psichiatri (considerava Freud una specie di ciarlatano, o un cantastorie, e la psicanalisi una specie di favoletta per bambini). Però ci sono dei brani, all'interno dei romanzi di Nabokov, in cui il lettore è invitato a riflettere secondo lo stile della filosofia (uno stile che consiste nel meravigliarsi – la meraviglia è, secondo Aristotele, la causa prima che spinge l'uomo all' “amore per il sapere” - e nel porsi domande senza avere per forza il bisogno di trovare le risposte giuste; oltre che nello smontare quelle risposte che sembrano ovvie e correte, ma magari lo sono in rapporto a domande malposte). Ecco due esempi, estratti da due “luoghi” del romanzo che sembrano, ma non sono, molto distanti tra loro:

[…] ci sono milioni di strade principali al mondo (id., p. 321)

e, ancora più inquietante:

Le strade si muovono (id, p. 497).

7- Infine, e per dare una conclusione (almeno parziale o apparente) a questo brevissimo breviario, la scrittura di Nabokov è piena d'ironia. Può anche stare lì a parlarci di morte, dell'enigma del tempo, delle nostre paure più ancestrali, di incubi e di caducità dei beni terreni, ma Nabokov è un autore che non sa rinunciare all'ironia (e, anche, all'auto-ironia). Anche stavolta voglio citare due frasi, diverse, ma simili, proprio per il tono ironico che contraddistingue questo grande scrittore (e con loro mi fermo):

[…] sono allergico all'allergia (id., p. 451)

e (una delle più belle fra tutte)

[…] noi siamo visitatori e investigatori di un davvero strano, strano universo (id., p. 121).

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