sábado, enero 15, 2011

Il cimitero di Praga di Umberto Eco: una spia che spiega i "buchi neri" della Storia

E' da un po' che porto avanti un'inchiesta tra amici e conoscenti: la domanda è sempre la stessa: "Ma a te piace Eco?". La risposta è quasi sempre negativa: conosco gente che non è riuscita a finire Il nome della rosa (o che, invece, è arrivata fino alla fine, ma non lo sopporta - e fatica a sopportare Umberto Eco). Così come conosco gente che pensa che con Il nome della rosa e, ancor di più, con L'isola del giorno prima, Eco abbia contribuito non poco a seppellire il (più volte dato per morto) genere romanzesco (che sia morto è una notizia infondata; il successo dei romanzi "best-seller" sta lì a dimostrarcelo ogni giorno). 

Io devo confessare che ho sempre provato un sottile piacere nel leggere i romanzi di quest'autore, e per varie ragioni: una, ad es., è la presenza costante del fenomeno (o tecnica narrativa) della cosiddetta "intertestualità": non c'è romanzo di Eco che non si costruisca attraverso un complesso sistema di echi / citazioni / allusioni / pastiches tra opere diverse (di autori diversi) scritte in epoche diverse (ovviamente). E' il piacere della meta-letteratura (o letteratura al secondo grado - o terzo, o anche quarto): ogni libro rimanda ad altri libri che, a loro volta, alludono ad altri libri ancora... (alcuni reali e realmente pubblicati, altri, addirittura, inventati - come nei racconti (o "finzioni") di Borges)...

L'ultima fatica, Il cimitero di Praga (Milano, Bompiani, 2010) non fa eccezione a questa regola. Roberto Recchioni (di cui seguo le disavventure sul suo bel blog di fumetti e non solo - vedi ad latere il link a "Dalla parte di Asso Merrill") l'ha definito (giustamente) un libro "oscenamente colto" (o "erudito"). Ed è così: sono centinaia i riferimenti colti a fatti di cultura (libri, giornali dell'epoca, enciclopedie, inventari, immagini e illustrazioni per libri rari e antichi, eventi storici, documenti vari etc. etc.). Ciò che colpisce di più, però, e a mio parere, sono i "pezzi" che compongono la trama: il protagonista (il piemontese Simonini) sembra essere sempre presente nei momenti più oscuri o enigmatici o inspiegabili della Storia (con la S maiuscola). E non è un caso, perché di mestiere fa la spia, ovvero: il delatore al servizio del miglior offerente (non ha scrupoli morali di sorta a passare informazioni al nemico - politico o religioso esso sia - se questo è pronto a offrirgli più denaro di quanto pattuito col primo committente). Simonini inventa documenti falsi; sa copiare le firme degli altri come pochi altri al mondo; è in grado di penetrare negli anfratti della legge dello Stato (qualunque sia il suo colore o la sua bandiera) per depistare indagini, incolpare innocenti o provocare la morte dei nemici (sa travestirsi e diventare "abate Dalla Piccola" - e non mi dilungo sui risvolti anche narrativi di questo "sdoppiamento di personalità" tra il chierico e il laico). E questo è interessante: Eco, attraverso la voce (e la maschera) del suo personaggio, ci fa intuire una cosa che, spesso, ci sfugge: ogni Stato (anche - forse, soprattutto - quelli cosiddetti "democratici") si regge non solo e non tanto su regole comuni e condivise, sulle leggi scritte e custodite in una qualche Costituzione, sulle forze armate che devono mantenere l'ordine pubblico dell'intero Stato, ma anche e soprattutto sul "gioco sporco" condotto dallo Stato stesso, tramite ambasciate e consolati, sia contro gli altri Stati (che potrebbero diventare nemici o emuli e concorrenti) sia contro gli oppositori interni (quelli che, magari come i garibaldini durante la caduta del Regno Borbonico, sognano un'Italia unita da Nord a Sud). Simonini svolge il ruolo del delatore che lo Stato usa a proprio uso e consumo e al fine di manovrare gli altri (è sempre successo e sempre succederà - anche se poi ci si indigna quando uno come Julian Assange costruisce un sito come "Wikileaks" e rende questi "giochi sporchi" pubblici o "visibili" da tutti gli altri cittadini ignari delle dinamiche interne ai vari Stati o governi al potere).

Ancora più curioso risulta l'obiettivo principale che sembra accomunare le varie e variegate imprese di Simonini: il suo scopo di una vita è debellare, annientare, cancellare dalla faccia della terra il Nemico per eccellenza: gli ebrei, di cui gli narra il nonno da bambino e verso cui nutre un timore quasi atavico. Simonini si convince (e per farlo genera e inventa anche prove ad hoc) che gli ebrei siano i registi che stanno dietro alle trame più nascoste dei massoni di tutto il mondo; che gli ebrei sono pronti ad eliminare i rivali religiosi; che gli ebrei sono e saranno sempre guidati da quella brama di denaro e di potere che gli altri (nemici politici e religiosi) si sono affrettati a cucire loro addosso in nome di atteggiamenti inequivocabilmente "razzisti".

Cosa ancora più curiosa: Simonini si trova sempre al centro dell'azione quando quest'azione è un giallo di cui - ancora oggi - non si conoscono bene i risvolti: c'è quando Ippolito Nievo, l'autore di Confessioni di un italiano salta in aria insieme alla nave che lo sta riportando in Nord Italia; c'è quando, a Parigi, scoppiano le rivolte dei Comunardi; c'è ancora quando sale alla ribalta dei giornali il famoso "caso Dreyfuss"; c'è anche quando si tratta di rendere pubblici e "smerciare" nelle librerie di ogni dove i famosi e famigerati Protocolli dei savi di Sion (quell'accozzaglia di prove false e tendenziose che daranno poi una base teorica ai "programmi scientifici" portati a compimento dagli antisemiti per eccellenza, ovvero: Hitler e i nazisti).

Insomma: è come se Eco, attraverso Simonini, si sia divertito a scandagliare e illuminare quei "buchi neri" della Storia recente (dalla fine dell'Ottocento ai primissimi anni del XX sec.) che ancora ci toccano e ci riguardano da vicino e che ancora fanno parlare di sé (perché noi deriviamo - anche senza esserne coscienti - da quei "buchi neri" e da quell'insieme di attentati, follie omicide, programmi strampalati che poi hanno segnato le due Guerre Mondiali e, conseguentemente, i due totalitarismi più violenti e beceri che l'Umanità abbia mai conosciuto).

Ovvio che un ebreo che leggesse Il cimitero di Praga senza la lente dell'ironia e della "meta-letteratura" potrebbe anche offendersi o, addirittura, imputare all'Autore le frasi scritte dal Narratore e/o dal Protagonista narrante; ma commetterebbe lo stesso errore di chi, andando al cinema a vedere Inglorious Basterds di Quentin Tarantino, tacciasse il regista americano di "antisemitismo" o, addirittura, di "revisionismo storico". L'autore non è un ipocrita; e non c'è falso moralismo o ambiguità morale da parte di Eco nel tratteggiare il suo anti-eroe antisemita. Tant'è vero che Eco sembra voler sottolinearlo anche nell'appendice intitola "Inutili precisazioni erudite", lì dove ci ricorda che: a) se è vero che Simonini è un personaggio di finzione, ma costruito a partire anche da personaggi storici e realmente esistiti, è pure vero che: b) Simonini "è in qualche modo esistito. Anzi, a dirla tutta, egli è ancora tra noi".

Ed è in queste parole che si scorge forse il potenziale messaggio didattico che un romanzo come questo (che di didattico ha ben poco; di ludico, parecchio; di didattico o "didascalico" molto molto poco) potrebbe trasmetterci: attenzione, perché è vero che quello di cui si racconta è passato, ma il passato potrebbe tornare in vita in futuro; non facciamo gli stessi errori del passato; di chi è vissuto prima di noi e non ha saputo scorgere i vari Simonini che tramavano nell'ombra...

In sintesi: Il cimitero di Praga non solo non mi ha annoiato (e mi ha riconfermato tutta la mia stima verso Eco), ma mi ha anche divertito molto (con l'eleganza dello stile, l'ironia "superiore" del Narratore e - perché no? - anche con le evidenti, iperboliche "esagerazioni" del suo Protagonista antisemita ante-litteram, canaglia di natura fino alla morte e nuova incarnazione del Demonio quando afferma che "l'odio è la vera passione primordiale" e che, addirittura, "l'odio riscalda il cuore").

Un'altra zappata sui piedi del genere "romanzo"? Non lo so (lascio ai posteri l'ardua...).

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