Guarda gli
arlecchini!...
e reinventa il mondo!
Immaginate...
Immaginatevi di leggere l'autobiografia di uno scrittore famoso che
sembra (ma non è) Vladimir Nabokov... Immaginate anche che questo
scrittore finga di chiamarsi Vadim Vadimovic e che abbia alcune delle
principali idiosincrasie dell'autore di Ada
o ardore...
E immaginate anche che il sunnominato Vadim Vadimovic scriva per
tentare di esorcizzare una specie di malattia mentale (o tic nervoso)
che assomiglia in modo preoccupante alla schizofrenia... Immaginate
uno che non riesce a fare dietrofront – dopo aver percorso una
strada da un punto A ad un punto B – perché ha seri problemi a
concepire e percepire lo spazio in termini obiettivi, fisici,
spaziali, appunto (confonde costantemente lo spazio con il tempo).
Ecco... ci siamo quasi: siamo vicini alla trama (ma non ancora al
nocciolo, all'essenza nascosta, al nodo essenziale) dell'incredibile
Look
at the Harlequins! (o
anche: “Guarda gli arlecchini!”, tr. it. a cura di Franca Pece,
Milano, Adelphi, 2012), romanzo tra i più sconcertanti e originali e
lirici tra quelli pubblicati dal Nostro (la prima edizione uscì in
America nel 1974 – dopo il successo planetario di Lolita
– che, nel frattempo, nel 1962, era già diventata un film per la
regia di Stanley Kubrick).
Da dove nasce il
titolo? Da una frase che la balia-insegnante d'inglese soleva
rivolgere al piccolo ancora in fasce (o in procinto di fare il suo
ingresso nel mondo degli adolescenti):
“Smettila di
tenere il broncio!”, gridava: “Look at the arlequins! Guarda gli
arlecchini!”.
“Quali
arlecchini? Dove?”.
“Oh,
dappertutto. Tutt'attorno a te. Gli alberi sono degli arlecchini, le
parole sono degli arlecchini; anche le situazioni e le addizioni.
Metti assieme due cose – due arguzie, due immagini – ed eccoti un
arlecchino triplo. Avanti dunque! Gioca! Inventa il mondo! Inventa la
realtà!” (id., pp. 22-23).
Ecco: è in questo
imperativo categorico della balia che troviamo parte (non tutto!) dell'essenza
della scrittura nabokoviana, qui portata all'ennesima potenza,
sviluppata con mille capriole, mille arguzie, mille battute
umoristiche e con quello stile prezioso, mai lezioso, elegante,
sempre originale che è lo stile di Nabokov...
Guarda gli
arlecchini!
è il romanzo in cui Nabokov reinventa la sua stessa vita (fino al
1974) e reinventa la realtà, fingendo d'essere un pazzo furioso che
ama le donne, si sposa tre volte, per tre volte le tradisce e coltiva
la passione lussuriosa dell'amore per le ninfette... oltre alla
passione smodata per la letteratura, la sua, quella che non rispetta
le leggi della verosimiglianza (“la verosimiglianza è stata la
rovina di molti correttori di bozze scrupolosi” commenta a un
certo punto a p. 136 in una parentesi) e che tenta costantemente di
guardare oltre la superficie, di coltivare il dettaglio (il “divino
dettaglio”) e di stimolare costantemente l'intelligenza del
lettore, al di là della trama, al di là della possibile, potenziale
conclusione (Guarda
gli arlecchini! non
finisce col punto finale, ma ricomincia esattamente nel punto in cui
sembra finire per sempre, obbligando il lettore curioso a
ripercorrere daccapo la traversata appena conclusa).
Sono moltissime le
scene che si potrebbero citare per avallare questa ipotesi; mi limito
a citarne soltanto una, perché, a mio modesto giudizio, contiene
gran parte di quella magia, di quell'erotismo, di quell'umorismo, di
quell'ironia, di quella poesia che rendono unica la scrittura di
Nabokov: Vadim è in riva al mare, sta per fare la sua dichiarazione
di matrimonio all'ennesima amante, lei è giovane e bella, anche se
un po' troppo timida. C'è molto sole, quel giorno, sulla spiaggia. E
molta gente nei paraggi. Ecco i due piccioncini... nell'atto di
comunicarsi il grande amore (e di farsi promesse che durano una
vita):
“Iris, devo
farti una confessione che riguarda la mia salute mentale”.
“Aspetta un
momento. Devo abbassare quest'antipatica... fin dove... fin dove la
decenza lo consente”.
Eravamo distesi
sul pontile, io supino e lei prona. Si era strappata via la cuffia e
lottava con le spalline del costume da bagno umido per abbassarle ed
esporre al sole l'intera schiena nuda; una lotta supplementare si
stava svolgendo sul lato sinistro, in prossimità dell'ascella
tenebrosa, nel vano tentativo di non mostrare il candore di un
piccolo seno là dov'era la delicata giunzione con le costole. Non
appena ebbe raggiunto, a forza di contorsioni, uno stato di decoro
soddisfacente, si sollevò a mezzo busto trattenendo contro il busto
il corpetto nero, mentre con l'altra mano frugava nella borsa con
quell'agilità deliziosa, simile alle grattatine fra scimmie, tipica
delle ragazze quando cercano qualcosa a tastoni [...]” (id., p.
54).
Ecco. Immaginate
il biancore di quel piccolo seno; immaginate il movimento flessuoso
del corpo di quella ragazza in riva al mare. E immaginate l'amore, la
passione, l'eros che sprizza dagli occhi del ragazzo che le è
accanto e che, tra poco, le chiederà se vuole sposarlo... a dispetto
delle malelingue, e della malattia mentale che non gli permette di
avere un buon rapporto con lo spazio... Immaginatevi la scena... E'
facile, si può fare, quando a scrivere è uno come Nabokov...
Guardate gli
arlecchini!
è un romanzo sulla possibilità che abbiamo tutti di reinventarci la
realtà attraverso la scrittura e la letteratura; è un romanzo su
chi ancora si stupisce a collegare due o più parole anche distanti
anni luce tra di loro e che, attraverso questo collegamento casuale,
riesce a scoprire la bellezza dietro la bruttezza o la piattezza
della vita di tutti i giorni; è un romanzo sulla tragicità della
vita umana (“la morte è stupida, la morte è degradante” si dice
a p. 264, verso la conclusione del libro) e sulla comicità insita
nel nostro tentativo costante di renderla meno brutta... E' un
romanzo che ci fa immergere completamente nel mondo pieno di
arlecchini di quel burattinaio folle che fu Vladimir Nabokov... Ed è
un romanzo che, una volta letto, spinge alla rilettura, perché si è
vagamente coscienti del fatto che qualcosa di prezioso, di decisivo,
ci è sfuggito, che dobbiamo stare attenti, e aprire bene gli occhi,
se vogliano riconoscere i mille arlecchini che ci danzano attorno...
Insomma, è un altro grande capolavoro targato V.N....
No hay comentarios:
Publicar un comentario