lunes, febrero 04, 2013


L’amore (che torna)



E poi, un bel giorno di fine Settembre, in una città straniera in cui ti senti stranamente a casa, tu alzi la mano per fare la solita domanda di rito – alla fine di un intervento all’interno di un convegno su “Teoria della Letteratura” – e lei ti guarda e senti, percepisci che ti teme, che ha paura, che, in quel preciso istante, si sta domandando: “E ora cosa diavolo vorrà chiedermi questo tipo? Sembra uno di quei topi di biblioteca che passa tutto il santo giorno a spulciare manoscritti medievali o a collazionare edizioni quattrocentesche”. E invece no, fai una domanda semplice e diretta, lei ti guarda, tu la guardi e senti, percepisci quasi, una sorta di brillio nei suoi occhi, una specie di sorriso malizioso, una sorta d’interessamento improvviso e pensi: “Ma questa studiosa è davvero carina, ha un viso interessante, uno sguardo che cattura, ha una bocca che ispira baci, disegnata con una perfezione preraffaellita, è una bella ragazza, questa ragazza che ho qui di fronte a me, a pochi metri di distanza, e che ha appena finito di fare il suo intervento sulla Carmen di Mérimée e le riscritture di questo mitico personaggio femminile nel corso dei secoli e delle letterature del mondo…”.

E da quella domanda nascono altre domande. E da quello sguardo primigenio, altri sguardi (e da quel giorno, altri mille giorni – e ancora non sono finiti, anche se quella volta non lo potevi immaginare, nessuno dei due poteva minimamente immaginarlo o anche solo ipotizzarlo, quanto tempo ancora trascorreremo insieme, io e te, quanto?).

Siamo entrati nella sua stanza d’albergo alle 3 del mattino, alquanto alticci e ottimisti, per tornare in strada alle 9 del mattino, io con i capelli scombussolati e le occhiaie nere nere, lei con il rossetto spostato e il sorriso ancora più grande di quando gli ho fatto la domanda famosa… E prendersi per mano è stato quasi un automatismo, un gesto spontaneo e diretto e facile e bello e intenso e tenero, come è lei, ai miei occhi che ancora non ci credono che sta succedendo di nuovo, l’amore che torna a farti visita e ti scuote (ti scombussola) la vita, i ritmi, le giornate, i sogni e i progetti per il futuro…

Ed è bello tornare a sentire quei brividi nello stomaco. Quella particolare attenzione prestata ad ogni dettaglio dei suoi vestiti, del suo modo di pettinarsi, del suo modo di truccarsi e di camminare e di ridere (ah, quella risata infantile, che tenera che sei, mio dio!). Girati, mi dici, perché ci si vergogna, la mattina dopo, a farsi vedere dal partner che credevamo occasionale e che, invece, senza preavvisi, senza che noi ne abbiamo ancora piena coscienza, è destinato ad entrare nella nostra vita quotidiana con tutto l’impeto della novità inaspettata e, al tempo stesso, agognata. Girati, che mi vergogno, mi ripeti. Ma tu non devi vergognarti. Abbiamo avuto io 2 e tu 6 orgasmi, come puoi vergognarti? E allora lei capisce e sorride e si abbandona, e mentre l’abbraccio forte mi sussurra nell’orecchio una sua fantasia del momento – farlo in piedi, davanti alla finestra priva di serrande, solo una tenda chiara – e io rido e tu ridi e in queste risate che scoppiano spontanee nella stanza d’albergo riconosco una sintonia incredibile, riconosco te e me, me e te, ti accarezzo la schiena, tu ti volti per baciarmi le labbra, io ne approfitto per appoggiarti le mani sul collo, fingo di stringere (la mia solita mania sadomasochista – che è un po’ anche la tua, anche se noi in quel momento non lo sapevamo né potevamo minimamente sospettarlo), ma poi cambio posizione e le mie labbra accarezzano il tuo collo e poi scendono giù, lungo la spina dorsale, e tu tremi, sei tutta un brivido ormai, sei di nuovo pronta, e le mani affondano e le gambe vibrano e tutta la stanza d’albergo – anonima e fredda – trattiene il respiro, mentre le mani si bagnano e le bocche arrossiscono e le gambe ballano e la pancia si struscia sul culo sodo e le mani si intrecciano e le menti viaggiano e i cuori cantano…

E’ veramente strano tutto ciò. Uno pensa: “Sarà difficile trovare una persona di cui rinnamorarsi, dopo tante batoste, dopo tante delusioni, dopo tanto tempo da single, dopo tanti dubbi”. E poi riflette: “Le probabilità di trovare la donna della mia vita sono minime, certe cose succedono solo nei film”. E invece, quando succede, uno si ferma a pensare, si guarda nello specchio, e si dice: “Sono un uomo fortunato, l’ho trovata”. La donna ideale. E poi ti specchi nel suo sguardo e ti riconosci per quello che sei: un uomo che ama… E che amando si sente vivo.

Si alza dal letto (un altro mese, un’altra città) e inizia a cantarmi una canzone di Jovanotti nell’orecchio: “Amamiiii, come se avessimo un solo giorno per fare l’amore! Amamiiii, come se fossimo soli al mondo!”.

Ora mi sorridi, ora non ci credo che girato l’angolo improvvisa ti rivedo, ora mi ubriaco dentro ai baci tuoi, le rispondo, e aggiungo: tu fai ciò che voglio mentre faccio ciò che vuoi, tu fai ciò che voglio mentre faccio ciò che vuoi…
Ora mi ricordo, le dico, quello che volevo era proprio questo, ora sono vivo. Amami. E lei ride, col sorriso di una bambina, perché sa bene che anch’io, quella canzone, la so ormai a memoria, grazie a lei.

2 comentarios:

  1. Que belles tes mots...da quanto tempo non ti leggevo :)

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  2. Trop gentille, mon amie Laurà! Tu est trop gentille! Bisoux! Besos mil! Hugs & kisses!

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