L’amore
(che torna)
E
poi, un bel giorno di fine Settembre, in una città straniera in cui
ti senti stranamente a casa, tu alzi la mano per fare la solita
domanda di rito – alla fine di un intervento all’interno di un
convegno su “Teoria della Letteratura” – e lei ti guarda e
senti, percepisci che ti teme, che ha paura, che, in quel preciso
istante, si sta domandando: “E ora cosa diavolo vorrà chiedermi
questo tipo? Sembra uno di quei topi di biblioteca che passa tutto il
santo giorno a spulciare manoscritti medievali o a collazionare
edizioni quattrocentesche”. E invece no, fai una domanda semplice e
diretta, lei ti guarda, tu la guardi e senti, percepisci quasi, una
sorta di brillio nei suoi occhi, una specie di sorriso malizioso, una
sorta d’interessamento improvviso e pensi: “Ma questa studiosa è
davvero carina, ha un viso interessante, uno sguardo che cattura, ha
una bocca che ispira baci, disegnata con una perfezione
preraffaellita, è una bella ragazza, questa ragazza che ho qui di
fronte a me, a pochi metri di distanza, e che ha appena finito di
fare il suo intervento sulla Carmen
di Mérimée e le riscritture di questo mitico personaggio femminile
nel corso dei secoli e delle letterature del mondo…”.
E
da quella domanda nascono altre domande. E da quello sguardo
primigenio, altri sguardi (e da quel giorno, altri mille giorni – e
ancora non sono finiti, anche se quella volta non lo potevi
immaginare, nessuno dei due poteva minimamente immaginarlo o anche
solo ipotizzarlo, quanto tempo ancora trascorreremo insieme, io e te,
quanto?).
Siamo
entrati nella sua stanza d’albergo alle 3 del mattino, alquanto
alticci e ottimisti, per tornare in strada alle 9 del mattino, io con
i capelli scombussolati e le occhiaie nere nere, lei con il rossetto
spostato e il sorriso ancora più grande di quando gli ho fatto la
domanda famosa… E prendersi per mano è stato quasi un automatismo,
un gesto spontaneo e diretto e facile e bello e intenso e tenero,
come è lei, ai miei occhi che ancora non ci credono che sta
succedendo di nuovo, l’amore che torna a farti visita e ti scuote
(ti scombussola) la vita, i ritmi, le giornate, i sogni e i progetti
per il futuro…
Ed
è bello tornare a sentire quei brividi nello stomaco. Quella
particolare attenzione prestata ad ogni dettaglio dei suoi vestiti,
del suo modo di pettinarsi, del suo modo di truccarsi e di camminare
e di ridere (ah, quella risata infantile, che tenera che sei, mio
dio!). Girati, mi dici, perché ci si vergogna, la mattina dopo, a
farsi vedere dal partner che credevamo occasionale e che, invece,
senza preavvisi, senza che noi ne abbiamo ancora piena coscienza, è
destinato ad entrare nella nostra vita quotidiana con tutto l’impeto
della novità inaspettata e, al tempo stesso, agognata. Girati, che
mi vergogno, mi ripeti. Ma tu non devi vergognarti. Abbiamo avuto io
2 e tu 6 orgasmi, come puoi vergognarti? E allora lei capisce e
sorride e si abbandona, e mentre l’abbraccio forte mi sussurra
nell’orecchio una sua fantasia del momento – farlo in piedi,
davanti alla finestra priva di serrande, solo una tenda chiara – e
io rido e tu ridi e in queste risate che scoppiano spontanee nella
stanza d’albergo riconosco una sintonia incredibile, riconosco te e
me, me e te, ti accarezzo la schiena, tu ti volti per baciarmi le
labbra, io ne approfitto per appoggiarti le mani sul collo, fingo di
stringere (la mia solita mania sadomasochista – che è un po’ anche la tua, anche se noi in quel momento non lo sapevamo né potevamo minimamente sospettarlo), ma poi cambio posizione e le mie labbra accarezzano il
tuo collo e poi scendono giù, lungo la spina dorsale, e tu tremi,
sei tutta un brivido ormai, sei di nuovo pronta, e le mani affondano
e le gambe vibrano e tutta la stanza d’albergo – anonima e fredda
– trattiene il respiro, mentre le mani si bagnano e le bocche
arrossiscono e le gambe ballano e la pancia si struscia sul culo sodo
e le mani si intrecciano e le menti viaggiano e i cuori cantano…
E’
veramente strano tutto ciò. Uno pensa: “Sarà difficile trovare
una persona di cui rinnamorarsi, dopo tante batoste, dopo tante
delusioni, dopo tanto tempo da single,
dopo tanti dubbi”. E poi riflette: “Le probabilità di trovare la
donna della mia vita sono minime, certe cose succedono solo nei
film”. E invece, quando succede, uno si ferma a pensare, si guarda
nello specchio, e si dice: “Sono un uomo fortunato, l’ho
trovata”. La donna ideale. E poi ti specchi nel suo sguardo e ti
riconosci per quello che sei: un uomo che ama… E che amando si
sente vivo.
Si
alza dal letto (un altro mese, un’altra città) e inizia a cantarmi
una canzone di Jovanotti nell’orecchio: “Amamiiii, come se
avessimo un solo giorno per fare l’amore! Amamiiii, come se fossimo
soli al mondo!”.
Ora
mi sorridi, ora non ci credo che girato l’angolo improvvisa ti
rivedo, ora mi ubriaco dentro ai baci tuoi, le rispondo, e aggiungo:
tu fai ciò che voglio mentre faccio ciò che vuoi, tu fai ciò che
voglio mentre faccio ciò che vuoi…
Ora
mi ricordo, le dico, quello che volevo era proprio questo, ora sono
vivo. Amami. E lei ride, col sorriso di una bambina, perché sa bene
che anch’io, quella canzone, la so ormai a memoria, grazie a lei.
Que belles tes mots...da quanto tempo non ti leggevo :)
ResponderEliminarTrop gentille, mon amie Laurà! Tu est trop gentille! Bisoux! Besos mil! Hugs & kisses!
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