L'incantatore che
strega: Vladimir Nabokov crea Un mondo sinistro
Cominciano subito col dire che Vladimir
Nabokov non delude mai (come avevo accennato anche in un post precedente di fine
d'anno). E Bend Sinister (o Un mondo sinistro, come è stato
tradotto liberamente in italiano - o Curva sinistra, come potremmo tradurre letteralmente) lo conferma appieno.
Scritto nella prima metà degli anni 40,
Nabokov – quando è già un cittadino americano – ricrea in questo romanzo
distopico un mondo in cui vige un totalitarismo ottuso che tende ad annientare
le differenze tra le persone. I cittadini sono considerati "parti
integranti" dello Stato; lo Stato regna sovrano e assoluto al servizio
(apparente) dei cittadini. Chi è contro è visto come una minaccia per il popolo
e sarà condannato al silenzio, al carcere o all'esilio (quando non all'eliminazione fisica). Al centro della trama
(ben congegnata, a dispetto o al di là delle molte digressioni e "a
parte" del narratore onnisciente esterno) c'è un professore universitario
che è anche filosofo e scrittore di successo, Adam Krug (che in russo significa
"cerchio"), in piena fase di "elaborazione del lutto" in
seguito alla morte di sua moglie Olga.
Krug vive la sua nuova vita da vedovo
riversando tutte le sue attenzioni su David, il figlio di 8 anni, cercando
invano di non scendere a patti col Partito dell'Uomo Comune, fondato dal
tiranno Paduk (un ex-compagno di liceo che Krug chiama anche col nomignolo
offensivo di "Rospo").
L'abilità narrativa di Nabokov ci
accompagna lungo il percorso di "discesa agli Inferi" di questo
personaggio "integro" che tenta in tutti i modi di difendere le sue
opinioni e la sua libertà d'opinione e di scelta (contro il gretto "pensiero
unico" del dittatore), fino a che i nemici politici non gli rapiranno
proprio il figlio (non starò a commentare qui una delle scene più atroci e spaventose che abbia letto negli ultimi anni, e cioè, quella che riguarda
proprio l'uso che Paduk fa delle "creaturine" o dei
"bambini" rapiti alle famiglie dei "dissidenti" per far
sfogare la violenza indomita dei prigionieri delle carceri statali – è una
scena che solo uno come Nabokov potrebbe scrivere con tanta destrezza, con
tanta puntigliosità, con tanta efficacia visuale, con tanta crudezza).
Il lettore (anche quello meno attento) è
spinto, ovviamente, ad accostare Un mondo sinistro sia all'altro romanzo
"distopico" di Nabokov, Invito ad una decapitazione, sia
all'arcinoto 1984 di George Orwell. In realtà – come lo stesso Nabokov
ci ricorda nell'introduzione alla nuova edizione del romanzo del 1963 – si
possono scorgere echi anche da Il processo di Kafka. E non vi sono dubbi
che kafkiana sia la situazione esistenziale nella quale si trova costretto a
vivere il protagonista (mi viene in mente anche la trasposizione
cinematografica del 1962 di Orson Welles, con un bravissimo Anthony Perkins,
già noto all'epoca per Psycho: Krug viene incriminato da una
banda di polizziotti del regime che invadono il suo appartamento senza
preavviso e senza mandato alcuno; ogni vicino potrebbe essere una spia; Mariane, la
stessa governante che accudisce suo figlio, sembra essere la responsabile della
denuncia finale del professore).
In un universo romanzesco così cupo,
però, non manca l'umorismo tipico dell'autore (che a volte rasenta lo humor
nero che più nero non si può) né il suo altissimo senso del ritmo: la trama
viene spesso frammentata attraverso pensieri e riflessioni dello stesso
narratore onnisciente che s'intromette nella mente del protagonista (per
commentarne i pensieri più intimi e filosofici – cfr. il tema del
"tempo", della "memoria", della "nascita" – o per
criticarne ironicamente le scelte), oltre che attraverso squarci (in senso anche tipografico) in cui, tra
parentesi, sembra fare capolino lo stesso autore (e nemmeno svelerò qui la
parte conclusiva del romanzo, in cui il rapporto tra autore e personaggio di
finzione arriverà a una svolta decisamente "inquietante" - oltre che molto "unamuniana" o anche "pirandelliana").
D'altronde, è lo stesso Nabokov a
prendersi in giro (o a giudicarsi con sana auto-ironia) nell'introduzione del '63, quando – spiegandoci in che momento della sua vita elaborò questo
incubo ad occhi aperti – ci confessa che quello fu:
"[...] un periodo particolarmente sereno e
vigoroso della mia vita. La saluta era eccellente. Il consumo quotidiano di
sigarette si era attestato sui quattro pacchetti. Dormivo come minimo quattro o
cinque ore e per il resto della notte camminavo con la matita in mano nello
squallido appartamento di Craige Circle a Cambridge, Massachusetts, dove
abitavo sotto una vecchia signora dai piedi marmorei e sopra una giovane donna
dall'udito ultrasensibile" (Vladimir Nabokov, Un mondo sinistro [1947],
tr. it. di Franca Pece, Milano, Adelphi, 2013, p. 11).
Deliziose anche le critiche a quei futuri
critici letterari che vorranno scovare simboli o significati nascosti
all'interno del romanzo e più o meno riconducibili alle teorie del dottor Freud; Nabokov
aborrisce la teoria psicanalitica e si diverte a citare quante volte apparirà
nel testo una curiosa pozzanghera che tenderà ad ossessionare la mente del povero
professor Krug.
Ecco: Un mondo sinistro è anche
questo: la dimostrazione del fatto che la creazione di un mondo
"distopico" non deve per forza di cose essere collegata o rapportata
a uno stato d'animo triste o angoscioso; il vero artista è chi riesce a
immaginare la paura e la fine del mondo anche godendo di ottima salute o di uno
stato d'animo allegro o sereno. Nabokov è un incantatore che strega anche
quando parla di paura o di una possibile, imminente fine del mondo.
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