jueves, julio 17, 2014

Gli indifferenti di Alberto Moravia o della cupio dissolvi


Avevo già letto e ammirato Agostino (1944), di Alberto Moravia: Gli indifferenti è stata una nuova, grata, inaspettata sorpresa. Se uno si ferma a pensare e nota che Moravia lo scrisse (e lo pubblicò a sue espese) nel 1929, ovvero, quando aveva appena 22 anni (ma aveva cominciato a scriverlo a meno di 20), non può non restare a bocca aperta per l’abilità, la sicurezza, la perfezione del disegno strutturale che regge l’impianto del romanzo, la perfezione di uno stile preciso e perfettamente attagliato al contenuto (lo stile è il contenuto, ovviamente), la capacità precocissima di penetrare all’interno della psiche dei personaggi, di scandargliarne l’animo, come un novello Freud, attraverso l’uso calibratissimo del monologo interiore e degli “a parte” di stampo teatrale (ma tutto Gli indifferenti si basa su una messa in scena di tipo teatrale, con le “scene madri” a farla da padrona e la scansione per “stampe” all’interno della trama).

E ciò che mi colpisce di più è la capacità di dire la verità su un tema “scottante” come il sesso: le scene più belle, le descrizioni più incisive, le battute più memorabili, almeno in base al mio modesto giudizio, riguardano proprio il sesso (e i pensieri dei vari personaggi intorno al sesso – o all’amore inteso come Eros). Mariagrazia (la madre in rovina che non si decide a vendere la villa in cui vive con i due figli), Carla (la più piccola e procace), Michele (il più irrequieto e irrisolto – quello che cerca di rispondere agli ostacoli e alle paure della vita con l’indifferenza), Leo (l’amante scaltro, l'uomo di mondo che crede di poter manipolare tutti, a partire da Carla, vista crescere sin da piccola e poi “posseduta” appena compiuti gli anni della maggiore età), Lisa (l’amante ormai decisamente decaduta di Leo): non c’è personaggio all’interno del romanzo che non si muova in base all’impulso passionale di Eros, il sesso è merce di scambio, pensiero fisso, tabù che spaventa solo in un primo momento di “moralismo” di stampo sociale, motore dell’azione (anche del tentato assassinio di Michele per vendicarsi dell’altezzosità oltraggiosa di Leo). Il sesso come elemento corruttore o che spinge ad agire contro tutto e contro tutti, come fluido vitale che ammanta le atmosfere più oniriche del romanzo (Sandro Veronesi ha ragione quando ci dice nella Prefazione che Gli indifferenti è uno dei primi romanzi in cui Roma conquista il primo piano e un ruolo da protagonista; una Roma cupa, macabra, una capitale in cui piove sempre e fa sempre freddo, la gente cammina per strada senza salutarsi e le nuvole sono squarciate solo rare volte dai raggi di un sole autunnale sempre troppo, troppo timido; una Roma onirica, dunque, e quasi surreale).

E parallelo al sesso è il tema dell’incesto (che diventerà centrale in Agostino): Carla sa bene che se accetta le pesanti avances di Leo giacerà nello stesso letto in cui sua madre ha consumato in un passato recente i suoi rapporti con lo stesso amante. E il pensiero la repelle ma, allo stesso tempo, l’attrae. E quando Michele scopre che sua madre e sua sorella hanno condiviso lo stesso uomo prova repulsione, ma anche una strana forma di gelosia, come se volesse proteggere le “donne della sua vita” o come se volesse emulare Leo per vincere gli insuccessi con le altre (Lisa, in primis, l’amante decaduta e decandente che gli si concede senza troppi giri di parole, ma lui la rifiuta, si cela dietro la maschera dell’indifferenza per non consumare un vero rapporto sessuale con una donna che sembra essere ancora più vecchia di sua madre).

C’è una scena di una crudezza e di un realismo notevoli, che mi è rimasta in mente e che non posso non citare qui: è quella in cui Leo propone a Carla di sposarla; Michele ha appena tentato di uccidere il rivale con una pistola (ma è scarica e sbaglia la mira); Carla è indecisa e comincia a pensare ai pro e ai contra di un simile legame per il suo futuro di “maritata”; il fratello la prega di non accettare una proposta così infame e degradante per lui, la madre e l’intera famiglia; poi la ragazza prende coraggio e confessa all’amante che lei ha paura che lui possa tradirla con un’altra e Leo riflette e pensa, tra sè: “Sei tu che mi tradirai, sgualdrinella mia”, per poi ribadire poco dopo, con ironica freddezza: “Mi sposo una sgualdrina”. 

Ecco, è in scene come queste che Moravia dimostra una maturità davvero incredibile per un ragazzo che all’epoca aveva vent’anni (o poco più). E mi domando come abbia fatto ad avere già a tale età una tale capacità di analisi del pensiero e degli atteggiamenti psichici dell’essere umano; quante esperienze dovette aver già vissuto, a quell’età, per arrivare a disegnare un personaggio come Carla (o uno come Leo); quanto la letteratura lo abbia aiutato a penetrare nelle anime degli altri (Moravia – come si sa – passò gran parte dell’adolescenza a letto per colpa di una grave forma di tubercolosi ossea). Leggo che all’epoca leggeva molto, soprattutto autori francesi, ma anche inglesi come Shakespeare e Joyce; e poi Dostoevskij, un altro esempio eclatante di scrittore che scandaglia l’intimità dei suoi personaggi, i loro dilemmi morali e le loro bassezze più truci, senza tante censure, con coraggio, con spietatezza, rischiando tutto. E non può non tornare in mente l’autore de I fratelli Karamazov o di Delitto e castigo quando Carla, sul punto di contemplarsi nuda nello specchio, riflette sulla situazione che sta vivendo in casa sua per colpa di Leo (o grazie a Leo):

Anche questa ignobile coincidenza, questa sua rivalità con la madre le piaceva; tutto doveva essere impuro, sudicio, basso, non doveva esserci né amore né simpatía, ma solamente un senso cupo di rovina: ‘Creare una situazione scandalosa, impossibile, piena di scene e di vergogne’, pensava; ‘completamente rovinarmi…’.


Sembra quasi di leggere tra le righe la intentio auctoris: è qui il progetto etico ed estetico del giovane Moravia: il romanzo fa proprio questo, “crea” situazioni scandalose, impossibili, piene di scene e di vergogne, in nome di una cupio dissolvi che, per certi versi, anticipa i tempi che verranno (crollo della borsa di New York, Guerra Civile spagnola, dittature nazista in Germania e fascista in Italia, scoppio della Seconda Guerra Mondiale).

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