Gli indifferenti di Alberto Moravia o della cupio dissolvi
Avevo
già letto e ammirato Agostino (1944),
di Alberto Moravia: Gli indifferenti
è stata una nuova, grata, inaspettata sorpresa. Se uno si ferma a pensare e
nota che Moravia lo scrisse (e lo pubblicò a sue espese) nel 1929, ovvero,
quando aveva appena 22 anni (ma aveva cominciato a scriverlo a meno di 20), non
può non restare a bocca aperta per l’abilità, la sicurezza, la perfezione del
disegno strutturale che regge l’impianto del romanzo, la perfezione di uno
stile preciso e perfettamente attagliato al contenuto (lo stile è il contenuto, ovviamente), la capacità
precocissima di penetrare all’interno della psiche dei personaggi, di
scandargliarne l’animo, come un novello Freud, attraverso l’uso calibratissimo
del monologo interiore e degli “a parte” di stampo teatrale (ma tutto Gli indifferenti si basa su una messa
in scena di tipo teatrale, con le “scene madri” a farla da padrona e la
scansione per “stampe” all’interno della trama).
E
ciò che mi colpisce di più è la capacità di dire la verità su un tema “scottante”
come il sesso: le scene più belle, le descrizioni più incisive, le battute più
memorabili, almeno in base al mio modesto giudizio, riguardano proprio il sesso
(e i pensieri dei vari personaggi intorno al sesso – o all’amore inteso come Eros).
Mariagrazia (la madre in rovina che non si decide a vendere la villa in cui
vive con i due figli), Carla (la più piccola e procace), Michele (il più
irrequieto e irrisolto – quello che cerca di rispondere agli ostacoli e alle
paure della vita con l’indifferenza), Leo (l’amante scaltro, l'uomo di mondo che crede di
poter manipolare tutti, a partire da Carla, vista crescere sin da piccola e poi
“posseduta” appena compiuti gli anni della maggiore età), Lisa (l’amante ormai
decisamente decaduta di Leo): non c’è personaggio all’interno del romanzo che
non si muova in base all’impulso passionale di Eros, il sesso è merce di
scambio, pensiero fisso, tabù che spaventa solo in un primo momento di “moralismo”
di stampo sociale, motore dell’azione (anche del tentato assassinio di Michele
per vendicarsi dell’altezzosità oltraggiosa di Leo). Il sesso come elemento
corruttore o che spinge ad agire contro tutto e contro tutti, come fluido
vitale che ammanta le atmosfere più oniriche del romanzo (Sandro Veronesi ha
ragione quando ci dice nella Prefazione che
Gli indifferenti è uno dei primi romanzi in cui Roma conquista il primo
piano e un ruolo da protagonista; una Roma cupa, macabra, una capitale in cui
piove sempre e fa sempre freddo, la gente cammina per strada senza salutarsi e
le nuvole sono squarciate solo rare volte dai raggi di un sole autunnale sempre
troppo, troppo timido; una Roma onirica, dunque, e quasi surreale).
E
parallelo al sesso è il tema dell’incesto (che diventerà centrale in Agostino): Carla sa bene che se accetta
le pesanti avances di Leo giacerà
nello stesso letto in cui sua madre ha consumato in un passato recente i suoi
rapporti con lo stesso amante. E il pensiero la repelle ma, allo stesso tempo,
l’attrae. E quando Michele scopre che sua madre e sua sorella hanno condiviso
lo stesso uomo prova repulsione, ma anche una strana forma di gelosia, come se
volesse proteggere le “donne della sua vita” o come se volesse emulare Leo per
vincere gli insuccessi con le altre (Lisa, in
primis, l’amante decaduta e decandente che gli si concede senza troppi giri
di parole, ma lui la rifiuta, si cela dietro la maschera dell’indifferenza per non
consumare un vero rapporto sessuale con una donna che sembra essere ancora più
vecchia di sua madre).
C’è
una scena di una crudezza e di un realismo notevoli, che mi è rimasta in mente
e che non posso non citare qui: è quella in cui Leo propone a Carla di
sposarla; Michele ha appena tentato di uccidere il rivale con una pistola (ma è
scarica e sbaglia la mira); Carla è indecisa e comincia a pensare ai pro e ai contra di un simile legame per il suo futuro di “maritata”; il
fratello la prega di non accettare una proposta così infame e degradante per
lui, la madre e l’intera famiglia; poi la ragazza prende coraggio e confessa all’amante
che lei ha paura che lui possa tradirla con un’altra e Leo riflette e pensa, tra
sè: “Sei tu che mi tradirai, sgualdrinella mia”, per poi ribadire poco dopo,
con ironica freddezza: “Mi sposo una sgualdrina”.
Ecco, è in scene come queste
che Moravia dimostra una maturità davvero incredibile per un ragazzo che all’epoca
aveva vent’anni (o poco più). E mi domando come abbia fatto ad avere già a tale
età una tale capacità di analisi del pensiero e degli atteggiamenti psichici
dell’essere umano; quante esperienze dovette aver già vissuto, a quell’età, per
arrivare a disegnare un personaggio come Carla (o uno come Leo); quanto la
letteratura lo abbia aiutato a penetrare nelle anime degli altri (Moravia –
come si sa – passò gran parte dell’adolescenza a letto per colpa di una grave
forma di tubercolosi ossea). Leggo che all’epoca leggeva molto, soprattutto autori
francesi, ma anche inglesi come Shakespeare e Joyce; e poi Dostoevskij, un
altro esempio eclatante di scrittore che scandaglia l’intimità dei suoi
personaggi, i loro dilemmi morali e le loro bassezze più truci, senza tante
censure, con coraggio, con spietatezza, rischiando tutto. E non può non tornare
in mente l’autore de I fratelli Karamazov
o di Delitto e castigo quando Carla,
sul punto di contemplarsi nuda nello specchio, riflette sulla situazione che
sta vivendo in casa sua per colpa di Leo (o grazie a Leo):
Anche
questa ignobile coincidenza, questa sua rivalità con la madre le piaceva; tutto
doveva essere impuro, sudicio, basso, non doveva esserci né amore né simpatía,
ma solamente un senso cupo di rovina: ‘Creare una situazione scandalosa,
impossibile, piena di scene e di vergogne’, pensava; ‘completamente rovinarmi…’.
Sembra
quasi di leggere tra le righe la intentio
auctoris: è qui il progetto etico ed estetico del giovane Moravia: il
romanzo fa proprio questo, “crea” situazioni scandalose, impossibili, piene di
scene e di vergogne, in nome di una cupio
dissolvi che, per certi versi, anticipa i tempi che verranno (crollo della
borsa di New York, Guerra Civile spagnola, dittature nazista in Germania e
fascista in Italia, scoppio della Seconda Guerra Mondiale).
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