Spade
Ci risiamo. Il problema è sempre quello: il tempo. Quando trovare il tempo (ma aggiungerei anche: lo spazio) per portare a termine 2 articoli che mi hanno chiesto da più di 3 mesi; l'uno su Luis Cernuda (uno dei miei poeti preferiti di sempre, insieme a T. S. Eliot e P. P. Pasolini), l'altro su un argomento a piacere (e, ovviamente, quando ti lasciano spazio per poter scrivere su ciò che più t'appassiona, ecco che arriva il blocco, lo stallo della scrittura: l'idea sarebbe quella d'illuminare almeno un po' l'annosa questione dei rapporti tra "parole e immagini" a partire dalla narrativa spagnola più recente; per dire: tentare di rispondere alla domanda: "Che ci fanno le immagini nei romanzi?" - per "immagini" non intendo soltanto le fotografie, ma anche i ritagli di giornale, documenti d'epoca, cartine, mappe, etc.; ma anche riferimenti ad opere d'arte vere e/o inventate; a quadri, a sculture, etc.).
E così, mentre più d'un collega finisce in quarantena preventiva e domiciliare (troppi i nostri studenti che se ne fregano del virus e della distanza sociale; troppi quelli che, appena fuori dall'aula, si abbassano la mascherina), cerco di fare il punto della situazione, mentre la prole mette a soqquadro la casa e c'è chi suona il piano e chi sbatte le pentole sul pavimento (poveracci quelli che ci abitano sotto!).
Non ricordo più se fu Enrique Vila-Matas o un altro a dire che lo scrittore deve (sempre) essere figlio, non può (non dovrebbe) mai essere padre, perché i figli rubano il tempo alla scrittura; poi penso a Sandro Veronesi (padre di 5 figli, se non ricordo male) e capisco che non è un'equazione matematica, anzi: lui scrive anche quando è circondato da figli che fanno rumore (così - mi par di ricordare - disse o scrisse da qualche parte).
Figli o non figli, io non sono uno scrittore (anche se, ovviamente, per il lavoro che svolgo, pubblico da anni e ho tradotto libri di altri; questo blog non conta, è puro "divertissement") e, però, capisco bene quei genitori che dicono d'impazzire quando i figli ti assorbono troppo; è davvero inenarrabile il modo in cui i figli, soprattutto quando sono ancora bambini, ci portano via il tempo, lo spazio e l'energia (un lavoro faticosissimo che sì, è vero, è ovvio, è certo, apporta anche tante enormi e bellissime soddisfazioni, ma, ragazzi, quanto sudore anche, quanta fatica!).
Poi penso ad un altro approccio: le scene con la spada. Mi viene in mente la famosa interruzione tra il cap. 8 e il cap. 9 della Iª Parte del Quijote, quando, appunto, Don Quijote è sul punto di scagliare la sua spada sul bilbaino e cosa succede? S'interrompe la storia, perché - afferma il narratore esterno - il manoscritto finisce proprio lì, sul più bello (Nabokov parla di uno "splendido fermo immagine"). Bisognerà leggere l'incipit del 9 capitolo per capire cosa è davvero successo a quel manoscritto e scoprire come, grazie a un enorme colpo di fortuna e a uno scherzo del destino, Cervantes (che non è il "padre", bensì il "padrastro" o il "padrino" dell'opera) s'imbatterà proprio nel manoscritto interretto all'altezza del famoso duello, e potrà così continuare a leggere come finisce la scontro, dove vanno a finire quelle due spade levate in aria con violenza...previa traduzione di un ragazzo arabo che lo stesso Cervantes paga e fa accomodare in casa sua affinché traduca, perché il manoscritto (del famoso storico Cide Hamete Benengeli) è scritto in lingua araba...
E allora mi viene in mente l'altra scena di una spada levata in aria: quella che si svolge all'interno di un bagno per disabili di una discoteca di Londra nella IIª parte di Tu rostro mañana ("Il tuo volto domani") di Javier Marías: anche lì c'è suspense, anche lì una tensione enorme: Bertram Tupra ucciderà o no il povero malcapitato che sta intralciando il suo lavoro di spia? (consiglio ai lettori italiani: comprate "Il tuo volto domani" e leggetene tutto).
E allora mi viene in mente la scena del duello sulla spiaggia tra uno dei personaggi di 2666 di Roberto Bolaño e un critico letterario (alter ego di Ignacio Echeverría, amico e curatore delle opere postume del grande scrittore cileno). Anche lì c'è di mezzo una spada, o forse due, ci si sfida a duello come se si vivesse ancora nel Medioevo... Ecco: dovrei andarmi a ricercare quella scena e dovrei rileggermela, per capire se c'è anche qui un velato omaggio o riferimento a Cervantes...E poi fare il salto all'indietro, la capriola ermeneutica decisiva per scoprire che, prima del Manco di Lepanto, c'è stato Ludovico Ariosto (che Cervantes amava e leggeva tra i suoi autori preferiti di sempre), il quale, nell'Orlando Furioso, chissà quante volte utilizza il trucchetto delle spade levate in aria e sul punto di scontrarsi tra di loro, di fare letteralmente le scintille, per poi interrompere tutto, perché finisce il canto e bisognerà andare subito a leggersi il capitolo successivo per vedere come narrazione prosegue...nella prossima puntata.
Riuscirò a trovare il tempo (e lo spazio) giusto per questi scandagli? Ai posteri l'ardua sententia.
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