miércoles, diciembre 02, 2020

 2 Dicembre 2020 (quasi 3)


Su Rai1, alle 23:05, emettono un omaggio a Gigi Proietti che s'intitola "Gigi che spettacolo!". Bastano 2 minuti per capire che sì, che in effetti Gigi Proietti era un genio, sul palco. Intanto, la prole dorme (miracolo? Fino a quando?). Mia cognata, in pigiama, mi si avvicina per augurarmi la buonanotte e chiedermi a che ora le conviene mettere la sveglia se non vuole intralciare le operazioni mattutine dei genitori alle prese con i bimbi che vanno all'asilo. 
"Direi le 7:15; ti va bene?". Mi sorride. Certo. Non c'è problema. Lei è una abituata a fare le levatacce. Domani deve andare a Madrid per un concorso. A Madrid? Ma non è sconsigliato viaggiare a Madrid? Non c'è il confinamento perimetrale? (come in Italia, anche qui in Spagna non si può andare liberamente da un comune all'altro senza autorizzazione e conseguente autocertificazione). Mi dice che il concorso si espleterà in uno stadio. La vita è piena di misteri.

Intanto, penso che domani è il 3 (manca un'oretta affinché il numero 3 faccia il suo ingresso ufficiale sul calendario: dicembre; mancano 21 giorni al cenone della vigilia; ma che Natale sarà il Natale col virus? Ce lo domandiamo tutti, ma nessuno sa la risposta). E che entro il 15 dovrò consegnare l'ennesimo articolo per una rivista scientifica di quelle importanti, che contano, che selezionano solo i pezzi migliori e gli autori più seri. Tremolo alla sola idea di vedere quel numero sull'agenda, cerchiato in rosso, sottolineato con l'evidenziatore giallo.

Intanto, penso che oggi, 2 di dicembre del 2020, è stata una bella giornata: non mi riferisco solo al tempo e alle condizioni meteorologiche, ma alle scoperte fatte, quasi per caso, quasi senza volere.

Una collega veneziana mi manda un suo articolo su Héctor Abad Faciolince: mi basta leggere le prime pagine del testo per innamorarmi di quest'autore di cui, fino a ieri, non sapevo nulla, non ne sospettavo nemmeno l'esistenza. E, invece, il modo in cui questa collega veneziana ne parla (una dama, una donna elegantissima) mi spinge subito a volerne leggere le opere più importanti, a partire da El olvido que seremos (tradotto in Italia da Einaudi: L'oblio che saremo, apparso nel 2009) al diario, intitolato Lo que fue presente (mai apparso in italiano: Ciò che fu presente) e appena uscito in Spagna per Alfaguara.

Sono talmente ipnotizzato dal ragionamento della collega veneziana, talmente travolto dalla trama di questi testi, che ho bisogno di alzarmi dal divano per prendere una boccata d'aria sul balcone e respirare con calma.

Com'è possibile innamorarsi di uno scrittore in modo così diretto, assurdo ed improvviso?

Si parla di un padre, un medico e professore umile e amante della libertà e della dignità umana, ucciso a tradimento a Medellín nel 1987. Si parla del lutto e del tentativo di elaborarlo da parte di un figlio che non sa come reagire. Si parla dei primi gesti di fronte al cadavere ancora caldo e impregnato nel sangue: la moglie gli sfila la fede dal dito; il figlio mette le mani nelle tasche e s'imbatte in alcuni fogli e, tra questi, in una poesia di Borges (da cui poi trarrà il titolo per il libro che dedicherà proprio al padre morto) Si parla di letteratura, di ricordo, di memoria e di scrittura come tentativo di venire a patti con i demoni del passato e del presente. Si parla di dolore e di depressione. Di angoscia e di rabbia. Dell'uomo e dell'essere umano in generale. Di quant'è difficile e duro restare in vita e al mondo quando l'ingiustizia prevale sulla giustizia, l'odio sull'amore, l'indifferenza sulla passione e il compromesso sociale e civile.

Poi mi chiamano da Roma: ma chi può essere? È l'editore intenzionato a pubblicare la traduzione: dopo mesi di silenzio, si fa sentire e mi parla con un tono peculiare, una voce proprio da intellettaule di sinistra degli anni 70. Parla con lentezza, ma una lentezza tale da sembrare quasi una presa in giro (è tutta una messinscena? Mi sta prendendo per il naso?). Parliamo delle fasi da seguire a partire da ora: l'impaginazione; la correzione dei refusi; la scelta dell'immagine per la copertina; i peer review; i diritti d'autore; la foto mia e dell'autore da mandare in quarta di copertina; le eventuali presentazioni in Italia e in Spagna. Parliamo un'ora circa al telefono; l'editore è lento, lentissimo, ma spiega con chiarezza i miei diritti e i miei doveri e, in parallelo, i suoi e quelli della sua casa editrice. Scopro uno scrittore colombiano grazie a una collega veneziana che mi scrive dall'Italia e, stando in Spagna, riesco finalmente a concludere una trattativa con un editore che mi chiama da Roma e che, col mio impegno da traduttore e la sua decisione sovrana, permetterà al pubblico dei lettori italiani di scoprire uno scrittore spagnolo che vive vicino alla città del Sud del Sud della Spagna in cui vivo e lavoro (e amo).

Quanti cambiamenti repentini tutti in un solo giorno. Quanti alti e bassi. Quante curve pericolose. Quanti entusiasmi e angosce assurde, quanti patemi d'animo e spinte a fare sempre meglio.

Domani è il 3 di dicembre. Sono le 23:35. Mezz'ora per scrivere tutto ciò? Il tempo è relativo. Lo sappiamo.


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