martes, febrero 10, 2009


Un allegato contro Morfeo (ovvero: Vladimir Nabokov l’insonne da Habla, Memoria, Barcelona, Anagrama, 1986, pp. 106-107 – trad. di Enrique Murillo; trad. dallo spagnolo all’italiano – infarcita sicuramente d’errori e orrori ortografico-grammaticali-sintattici – mia; titolo originale – in realtà ritradotto in inglese dalla prima versione in russo dall’autore e dal figlio Dimitri: Speak, Memory, New York, Putnam’s Sons, 1966).

“Durante tutta la mia vita mi è sempre costato “andare a letto”. Quei passeggeri dei treni che abbandonano da un lato il giornale, incrociano le loro stupide braccia e immediatamente, con attitudine di offensiva familiarità, iniziano a russare, mi lasciano perplesso come il tipo disinibito che defeca comodamente in presenza di qualsiasi chiacchierone che si trova nel bagno pubblico, o che partecipa a grandi manifestazioni, o che si iscrive a un sindacato con il desiderio di dissolversi in esso. Il sonno è la più idiota delle fraternità umane, quella che richiede più diritti e che esige i rituali più rozzi. E’ una tortura mentale che a me pare tra le più avvilenti. Le tensioni e gli sforzi della scrittura mi obbligano spesso, ahimè, a ingoiare una forte pillola che mi produce una o due ore di temibili incubi, o addirittura a dover accettare il comico sollievo di una pennichella, nello stesso modo in cui un libertino senile potrebbe andare trotterellando incontro all’eunuco più vicino; e perciò mi risultava semplicemente impossibile abituarmi a questo quotidiano tradimento notturno della ragione, dell’umanità, del talento. Per stanco che sia, il dolore che sento nel momento in cui mi congedo dalla coscienza mi sembra indicibilmente repulsivo. Aborro Somnus, questo boia dalla maschera nera che mi lega al patibolo; e se, ahimè, con il passare degli anni, man mano che si avvicina una disintegrazione ancor più completa e risibile che, lo confesso, ultimamente toglie gran parte dei suoi meriti ai terrori abitudinari del sonno, ho finito con l’abituarmi tanto alla mia ordalia notturna che avanzo quasi spavaldo verso di essa mentre l’ascia familiare esce dalla sua gran cassa di contrabbasso rivestita di velluto, all’inizio ero privo di questa consolazione o difesa: non avevo nulla, eccetto un indizio di luce nel potenzialmente luminoso candelabro della camera di Mademoiselle, la cui porta, su ordine del medico di famiglia (ti saluto, dottor Sokolov!), restava leggermente socchiusa. La sua debole striscia di soave luminosità verticale (che le lacrime di un bambino potevano trasformare in raggi di misericordia) era qualcosa a cui afferrarmi, dato che nell’oscurità completa la mia testa navigava e la mia mente si scioglieva in una travestita versione della lotta con la morte”.

2 comentarios:

  1. Questa di Sirin con i guanti da pugile è una delle sue foto che preferisco.
    Che bello, "Speak Memory"!
    Però devo dire che mi fa un certo effetto, pensare di leggere N. in spagnolo. Boh.

    E lui e Vèra, che controllavano tutto il controllabile, avranno controllato anche la versione spagnola?
    Ah, saperlo, saperlo!

    (Non ci dormirò, stanotte)

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  2. A me Nabokov che controllava "tutto il controllabile" mi fa venire in mente Stanley Kubrick (che si preoccupava del doppiaggio dei suoi film nelle lingue che conosceva - quante ne conosceva?). Comunque sì, confermo, fa un certo effetto leggere uno "stilista" come Nabokov in spagnolo; anche se per la verità il traduttore si è dato un gran daffare nel cercare di rendere le mille sfumature dell'originale... A me viene la curiosità di leggerlo in francese. Sebald, ad es., è davvero bello anche in francese (io ho "Les emigrants")... e anche in quel caso fa il suo bell'effetto per l'orecchio abituato all'italiano..."The rings of Saturn", invece, l'ho letto sempre e solo in inglese, e mi farebbe impressione vedere come suona in italiano...insomma, un gran casino, questi effetti sonori della Torre di Babele!

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