martes, febrero 03, 2009

Il lungo addio

Chi è fan di vecchia data di Dylan Dog (come lo sono io), ricorderà senza dubbio che Il lungo addio è il titolo di una delle storie più belle mai scritte da Tiziano Sclavi per la serie bonelliana (si tratta, per l’esattezza, dell’albo n. 74). Risfogliandone alcune pagine (con sacrale attenzione; la rilegature è quasi andata, l’albo potrebbe sfaldarsi a ogni sospiro, l’ho davvero consumato), mi sono tornate in mente le tante volte durante le quali ho pianto, a leggere di questa romantica storia d’amore di un Dylan ancora giovane, ancora immaturo, e perciò pieno di quei dubbi che ci hanno travagliato l’anima quand’eravamo adolescenti pure noi. E a p. 45 mi sono di nuovo imbattuto in una poesia, una delle tante poesie che Sclavi scrive come se fossero canzoni (e, in effetti, oltre ad essere autore di sceneggiature per fumetti, oltre ad essere romanziere, e oltre ad essere folle – nel senso buono del termine -, è anche autore di canzoni): non resisto alla tentazione di trasporla per intero su questo blog (così come non resisto alla tentazione di spulciare la data di pubblicazione dell’albo: si era nel lontano Novembre del 1992, io avevo appena 15 anni, ed ero innamorato perso di una specie di Morticia che non sospettava nemmeno della mia esistenza; troppo timido per fare il primo passo, troppo stupido per capire che Morticia non sarebbe mai stata la donna della mia vita):

 

…E lunghe ore a ingannarci così

a dire lui e lei, sempre gli altri

e i palliativi sono sempre tanti

per non ammettere che siamo qui

e Charlie Brown e Mafalda e la scuola

storie un po’ vere a volte inventate

nei pomeriggi d’inverno e d’estate

di strani voli su una parola

 

Quando cantavo Plaisir d’amour

tu mi guardavi e ridevi più forte

non lo capivi e la furba eri tu

e mi hai sospeso su un filo di lana

e mi ci terrai ancora per molto

giovane amore, fiore non colto

o forse sì; ma da un’altra mano

 

E chi lo sa se anche tu mi vuoi bene

a volte credo di esserne certo

a volte invece sembra tutto uno scherzo

fuggono gli occhi come falene

amica mia sorella speranza

quello che vuoi io non ti dirò

quello che voglio non sentirò

quello che c’è dietro l’indifferenza

 

E tutto è morto e tutto è ancor vivo

e solamente tutto è cambiato

quello che provo l’ho sempre provato

e credo ancora in ciò in cui credevo

e il fiocco nero è l’unica cosa

che mi è rimasta con la malinconia

ma insieme a questa stanca anarchia

vorrei anche te, amica mia

 

Ma dimmi tu non è meglio così?

Immaginare ed illudersi sempre

qui ad aspettare qualcosa o niente

qui ad aspettare un no o un sì

che in ogni caso sarebbero fine

di tutto questo che almeno è un ricordo

così studiato giorno per giorno

fatto di tanti cristalli di brina

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