miércoles, agosto 25, 2010
sábado, agosto 21, 2010
15 Agosto 2010, ore 23,46.
Non trovo le parole per esprimere l'emozione provata nel guardare da lontano (dal pullman in movimento verso la residenza studentesca) la famosa Catedral de Salamanca... Questa città mi piace a pelle, la stessa residenza è una struttura funzionale straordinaria, c'è di tutto: biblioteca, mensa, lavanderia, sala per le proiezioni, il prestito di libri, riviste, cd e dvd, un responsabile del posto a ogni piano (i piani sono 3, se consideriamo anche il sottoscala), un cortile interno pieno di verde, prati all'inglese, una specie di piscina mini di decorazione, tantissime panchine che invitano alla chiacchiera e al riposo, a fumarsi una sigaretta insieme sotto il cielo stellato (a quest'ora la luna è alta, divisa a metà, e ben visibile anche da questa stanza), le stanze sono comode, il letto pure, la scrivania enorme (invitante e accogliente, la scrivania giusta per scrivere e studiare), la gente del posto, beh, ancora non conosco nessuno, ma salendo le scale ho carpito vari accenti, ci sono professori di tutto il mondo, italiani, cechi, russi, giapponesi, ispanoamericani, è davvero bello e non trovo proprio più le parole... Domani inizia il corso; domani vedremo di conoscere meglio sia Salamanca che gli altri.
21 Agosto 2010, ore 2,27
E' incredibile come i problemi che sentiamo più "nostri" e più "radicati" nel nostro paese non siano affatto tali. Grazie a questo corso internazionale ho avuto modo di scambiare opinioni e di chiacchierare di politica e di economia, di letteratura e di cultura, con gente proveniente da: Svezia, Ungheria, Bulgaria, Polonia, Germania, Austria, Corsica, Francia, Inghilterra, Irlanda, Tunisia, Repubblica Ceca, Russia e ovviamente Spagna e da tutti ho ricevuto la stessa identica impressione: come dicono qui "comemos todos la misma mierda" (che tradotto vuol dire: "mangiamo tutti la stessa merda", che si sia italiani o cechi, spagnoli o tedeschi, irlandesi o tunisini). La globalizzazione è stata davvero un fenomeno inarrestabile e attuato a livello mondiale; i risultati in parte catastrofici e in parte positivi sono sotto gli occhi di chi sa guardare senza i paraocchi. E' davvero curioso vedere come anche negli altri paesi il lavoro del docente venga sminuito, ostacolato o snobbato da molti; vedere come gli studenti fanno tutti gli stessi errori e manifestano tutti gli stessi tic mentali (la Playstation rincoglionisce tutti senza distinzione di razza; la moda è uguale in ogni angolo del mondo anche se si tenta di distinguersi); constatare come in ogni paese la crisi c'è, esiste e non si sa come risolverla (anche se c'è chi, come Berlusconi, pensa che vada tutto bene, che l'Italia va avanti e ce la farà). C'è anche chi è appassionato di letteratura: e allora sì, la panchina che si trova all'ingresso della residenza diventa il posto ideale in cui parlare e parlare per ore di libri e di autori preferiti (ho appena iniziato un classico di Torcuato Luca de Tena, Los renglones torcidos de Dios: mi piace, ma non è che abbia poi tutto questo tempo per leggere qui, come dicevo "supra"...è il contatto umano che prevale anche sulla lettura... e qual è l'italiano più letto in Francia? Chi vende in Romania? Conoscete Saviano? Che ne pensate di Umberto Eco? Chi sono gli autori irlandesi più quotati del momento? Che letteratura insegnate voi in Polonia ai ragazzi del primo anno?)...
miércoles, agosto 18, 2010
martes, agosto 17, 2010
Madrid (III): dalla stazione di Méndez Álvaro
Madrid, stazione di Méndez Álvaro, ore 17:46 del giorno di Ferragosto (qui: della Virgen de la Paloma) del 2010.
Mi sembra davvero strano, eppure anche gli spagnoli (come noi) fanno scioperi all'improvviso e nelle date più strategiche: a quest'ora avrei dovuto essere arrivato già a Salamanca, e invece, per colpa dello sciopero, mi tocca aspettare fino alle 19,30 di stasera (e arrivare, di conseguenza, alle 22,30).
La stazione degli autobus (o Estación Sur) è molto moderna, piena di locali dove puoi mangiare e passare il tempo, c'è di tutto: dal negozietto che vende souvenir trash all'internet-point, dall'edicola al tabaccaio, dal fruttivendolo al “ bar de copas”. Qual è, allora, la grande differenza con l'Italia (con una qualsiasi altra grande stazione italiana)? Che qui c'è l'aria condizionata ovunque...Anche se fuori c'è solleone, e faranno come minimo 35 gradi, qui dentro si sta al ghiaccio, l'aria condizionata funziona come mai mi è capitato prima di vedere in Italia. Sono piccoli dettagli, d'accordo, però è facile convenire sul fatto che sono i dettagli a fare la differenza (Dio si nasconde nei dettagli, diceva Flaubert, se non erro).
Vado a Salamanca per seguire un corso di perfezionamento per docenti stranieri di spagnolo; non so ancora di quali altre nazionalità saranno i miei colleghi; so per certo che il concorso per la borsa di studio messo a disposizione dal “Ministerio de Asuntos Exteriores” spagnolo l'hanno vinto altri 17 colleghi italiani. Spero siano persone interessanti (e non i classici prof che conosco io) e che siano ben disposti a divertirsi, oltre che a lavorare. Staremo a vedere.
Intanto, rifletto: non si può lasciare una persona per telefono; non ci si può lasciare dopo tanto tempo per sms o per email (come ho sentito dire da qualcun altro). Certe frasi, certe idee, certi concetti vanno spiegati a viva voce e faccia a faccia, non ci sono scuse né sotterfugi né altri mezzi. Io quella persona devo guardarla in faccia quando le ripeterò ciò che penso di lei, assumendomi tutta la responsabilità delle mie parole. Non si può dire: “va bene, ti lascio”, per telefono, a distanza di molte centinaia di chilometri. Non si può dire: “ok, facciamo come dici tu, per ora non ci sentiremo più, poi si vedrà”, quando è implicito il fatto che noi (due) continueremo a pensarci (in coppia) anche quando non ci sentiremo più (per telefono)...E' tutto un gran casino, certe volte, che anche dirsi: “ti amo” (o il suo contrario: “ti odio”) diventa un'impresa impossibile. I telefoni non sempre uniscono; è questo quello che intendevo dire e che ho capito sulla mia pelle...
sábado, agosto 14, 2010
Dopo due giorni a Barcelona, sono tornato a Madrid, la capitale. Si nota, anche dal semplice modo di vestire della maggior parte delle persone che incontri per strada (sono – come dire – meno freak o meno alternative degli abitanti della “ciudad condal”). Sono solo, in casa di Ambra, il porto sicuro nel mare in tempesta della Corte (y Villa), e solo ora mi rendo conto di non conoscere affatto il numero che bisogna comporre per chiamare la polizia (o un'autoambulanza per le urgenze). Sono solo, e scrivo da una stanza molto ampia, tra le più luminose della casa, anche perché attraversata da ampie finestre che danno sulla strada principale (Calle Cardenal Cisneros). Non fa freddo, il termometro segnala 26 gradi, ma soffia una specie di brezza che fa stare bene, si potrebbe passeggiare ore intorno all'isolato (o lungo Calle Fuencarral, per arrivare in centro) senza sudare né sentire la stanchezza dei giorni dell'afa.
Se mi affaccio riesco a vedere l'interno di alcuni appartamenti antistanti il mio palazzo: si vede un ragazzo spaparanzato su un puf mentre guarda la tv (la luce azzurognola gli cambia i tratti del volto a ogni cambio di scena); e dall'altro lato, più su e più a destra, si vede un uomo di mezza età, dai capelli brizzolati, e mezzo nudo, che guarda qualcosa davanti a un computer (esattamente come sono io adesso, seduto a una scrivania vecchio stile – mentre la sedia è di quelle di plastica che si usano per andare in campeggio, arancione acceso, molto comoda, direi).
Il vento solleva una tenda dai tratti tribali (elefanti, unicorni e uccelli dalle ali spiegate si alternano in questo ordine su uno sfondo avana e marrone chiaro) e mi accarezza la pelle, una sensazione piacevole, a quest'ora di notte.
E' mezzanotte passata e solo ora mi rendo conto del fatto che chiunque potrebbe citofonare al “mio” campanello (uso il possessivo di prima persona in modo del tutto arbitrario e temporaneo: è ovvio che non è il “mio” campanello ed è altrettanto ovvio che è “mio ora” perché se qualcuno citofonasse davvero io dovrei, come minimo, alzarmi, e andare a rispondere per vedere chi è). Spero non citofoni nessuno, perché solo ora mi rendo davvero conto di essere solo e, inoltre, il solo diretto interessato padrone di questa casa (la mia ennesima casa madrilena, dal 2001 – da quando, cioè, ho cominciato a vivere per periodi piuttosto lunghi in questa città). Spero davvero non suoni nessuno perché, per prima cosa, mi dovrei ricordare del fatto che qui, e in spagnolo, quando qualcuno chiama non si dice: “chi è?”, bensì “sì?”; si usa l'affermativo con tono interrogativo, e non il semplice “chi è? (ovvero: “¿quién es?”) d'italica origine. Non vorrei che qualcuno citofonasse a quest'ora anche perché, dopo aver chiesto “sì?”, non saprei come reagire e se fare salire o meno, se rifiutare immediatamente o mandare a quel paese l'eventuale ospite o malintenzionato (quando cambiamo paese, cambiano anche le abitudini e i modi di dire e di fare; non in tutti i paesi esiste lo stesso grado di maleducazione, i modi per offendere qualcuno con tono colloquiale e uso di parolacce sono infiniti ed è difficile impadronirsene e dominarli tutti). E così, mentre aspetto con ansia che qualcuno venga a citofonare proprio al mio campanello temporaneo (che Dio non voglia, mi verrebbe un infarto), mi viene da pensare a che cosa è lecito e che cosa è illecito fare in casa di un altro, in casa di un'amica che mi ha accolto come un fratello e mi ha sempre trattato con i guanti. Non è vero che la curiosità è donna, è anche maschile, e a me, per esempio, e ora, verrebbe davvero voglia di vedere cosa c'è dentro la camera da letto di Ambra, la mia amica, ma non so, appunto, se è lecito fare una cosa del genere, immischiarsi dei fatti degli altri, aprire cassetti e armadi, vedere e e curiosare nella vita degli altri, quando questi altri ci hanno affidato la loro casa come fosse la nostra (noi guardiani temporanei della casa di un altro – che situazione paradossale, e assurda, per certi versi, e complicata – non ricordo dove né quando, ma mi pare che Raymond Carver deve averci scritto anche un racconto su una situazione simile: una coppia di giovani fidanzati vengono “assoldati” da una coppia di vicini che cedono loro la loro casa per il periodo delle vacanze – e la prima cosa che fa il ragazzo, curioso, è di aprire gli sportelli della cucina e il frigorifero, così, giusto per vedere cosa ci sia là dentro). La curiosità è anche maschile, ma mi trattengo, e penso a come potrebbe sentirsi Ambra, la mia carissima amica, se mi vedesse curiosare tra i suoi cd e indumenti intimi, tra le sue giacche e i suoi diari (magari segreti), tra le sue cose, insomma, e uno si rende conto subito di quanto i nostri diari (segreti), i nostri indumenti intimi, le nostre giacche e i cd (i nostri dvd, anche) siano indifesi e alla assoluta mercé di coloro che li osservano o potrebbero osservarli con l'occhio curioso del ficcanaso, quanto siamo deboli e inermi tutti quanti, anche in rapporto alle nostre cose, quelle che riempiono le nostre case (d'altronde, basta un terremoto per distruggerle tutte, basta una scossa, un incendio, un'alluvione, o anche un semplice furto di notte per rendere le nostre cose roba vulnerabile, oggetti che si possono perdere in un secondo). E allora decido che non è proprio il caso di “violare” la privacy di un'amica; che non è giusto né morale entrare in quella camera, che è meglio distogliere l'attenzione e rimettersi a guardare cosa fanno i vicini di casa (di questa ennesima casa temporanea) e che è bene fare gli scongiuri affinché nessuno venga fin quaggiù per citofonare proprio sotto casa mia (sotto la casa di cui oggi - ora -sono il temporaneo padrone e custode).
Vado a controllare anche il gas, per vedere che sia spento, non vorrei ci fossero delle fughe. E spengo per bene la televisione; mi ha spiegato Ambra che il decoder per il digitale terrestre è un po' difettoso e che se lo lascio in stand-by potrebbe addirittura bruciarsi (come è già successo a lei una volta). E rifaccio il giro delle stanze per vedere che non ci siano intrusi e che le serrande siano ben chiuse (tranne queste due della stanza da cui sto scrivendo, queste qui devono essere aperte, mi piace pensare che anche gli altri vicini stiano spiando questo straniero, questo italiano venuto da Firenze per prendere possesso – temporaneo – di questa bella casa di Calle Cardenal Cisneros). Mi piace pensare che, anche se staranno ore intere là a guardarmi scrivere, nessuno di loro si sognerà mai di venire fin quaggiù, per citofonare al mio campanello e farmi prendere uno spavento.
Intanto, il vento continua a far oscillare la tenda con gli elefanti e gli uccelli e gli unicorni. E' quasi l'una, domani devo provare a lavorare e devo riuscire a non alzarmi troppo tardi (anche se è difficile andare a letto presto quando si vive a Madrid; Madrid è una città che vive di notte e invita tutti – anche i meno abituati – a tirar tardi fino alle ore piccole)...
viernes, agosto 06, 2010
lunes, agosto 02, 2010
David Lynch: non lo "lyncheremo" più Ieri sera, verso le 20:00 (l'ora di cena per me, all'italiana), mia cugina mi manda ...

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