lunes, agosto 02, 2010

I compiti del traduttore (I): le note a piè di pagina
Firenze, Lunedì, 2 Agosto 2010, ore 0:43.
Mentre sul canale digitale Iris danno Dune (1984), l'unico film di David Lynch che non ho ancora visto (e m'accorgo con sorpresa che c'è anche qui l'attore-feticcio del regista, quel Kyle MacLachlan che farà l'agente Cooper in Twin Peaks – ma non ci posso credere! In una scena appare anche un'altra attrice a me nota, è Silvana Mangano, la stessa di Teorema o di Edipo Re di Pasolini! La stessa di Morte a Venezia di Luchino Visconti... ha i capelli rasati, la faccia bianco latte, ma è proprio lei, la Mangano!), rifletto su quanto sia difficile andare avanti con questa traduzione di questo maledetto romanzo o pseudo-tale che devo portare a termine entro Dicembre del 2010... A ogni piè sospinto, uno legge e trova: Re Mida, Ercole, Nabucodonosor e si accorge che all'epoca (stiamo parlando del 1644) tutti questi nomi erano noti al pubblico lettore dell'epoca, o almeno, si suppone, al lettore colto della Spagna della prima metà del XVII sec. All'epoca, il lettore medio (o medio-colto) riconosceva al volo (forse istantaneamente) i riferimenti alla Bibbia, a determinati passaggi, personaggi o luoghi citati nelle Sacre Scritture, conosceva a memoria i classici greci e latini, conosceva il latino (e magari il greco) e sapeva bene chi era Atlante, conosceva a memoria i vari miti resi famosi (e narrati) da Ovidio... Oggi non è più così; non è tanto che si sia abbassato il livello di cultura del lettore medio (anche se...su questo potremmo dilungarci e dibattere parecchio); è che semplicemente (inevitabilmente) noi facciamo parte di (e ci nutriamo di) un altro tipo di cultura, che ha altri ipotesti di riferimento; altre auctoritates cui rifarsi, ed eventualmente ispirarsi. E allora? Qual è il compito del traduttore in casi come questi? Cosa faccio quando l'autore, per dire che un ladro è davvero una canaglia, lo chiama Caco? E' ovvio che una traduzione deve cercare di essere fedele allo spirito dell'originale; ma è pure ovvio che se io, in quanto traduttore, lascio la parola Caco e non permetto al lettore odierno di sbrogliare la matassa e di capire sino in fondo la metafora (o la similitudine), è ovvio, ripeto, che verrei meno sia allo spirito del testo che al mio dovere di tradurre e rendere chiaro al lettore ogni parola che appare nel testo di partenza. E' qui che s'inseriscono le famose note a piè di pagina; fondamentali, credo, in casi come questo. Caco (che, alle orecchie di un romano, potrebbe suonare anche come la prima persona singolare del verbo noto...) era un personaggio mitico caratterizzato nell'antichità per essere un temibile autore di frodi e di furti geniali (si dice sia riuscito a rubare anche delle pecore a Ercole - o forse erano buoi?)... E allora, vai con la nota!
Il pericolo? Infarcire la traduzione di un apparato fin troppo lungo (o corposo) di note; le note interrompono la lettura, e seppure servono a chiarire i punti più oscuri o contorti del testo, potrebbero disturbare anche troppo il lettore medio che volesse limitarsi a seguire la trama, il racconto, il plot, come dicono gli americani... E allora, vai, con le note, ma con moderazione, senza esagerare... Fare traduzioni è un po' come fare l'equilibrista, camminare sul filo del rasoio di due lingue (quella di partenza e quella d'arrivo) che, spesso, sono molto distanti tra loro; il traduttore è il ponte, è colui che cerca (a volte disperatamente) di mettere in contatto tra loro due musiche, o meglio, due strumenti musicali, che emettono suoni fin troppo diversi o dissonanti tra loro. Ponte, o via di mezzo, maestro d'orchestra o terzo incomodo tra due poli contrapposti che deve fare i conti anche col destinatario, ovvero: con il lettore (che, magari, non sa nulla della lingua di partenza, né conosce Ercole, né sa chi sia Caco, né ha mai sentito parlare di Atteone...). Un'impresa difficile. Anche se stimolante. E' il primo d'Agosto del 2010, vediamo se riuscirò a cavarne la pelle (altro modo di dire che sarebbe letteralmente impossibile rendere in spagnolo, se lo traducessimo alla lettera o se lo parafrasassimo con altri giri di parole, “trarsi d'impaccio”, o “arrivare sano e salvo alla meta” o “farcela”, la lingua è un insieme mobile di modi di dire – che lo scrittore più scaltro e originale tenta di scardinare per fare dire alla lingua quanto questa non ha mai detto prima). Vediamo se ce la faccio.

No hay comentarios:

Publicar un comentario

Letture pasquali Provo a leggere, in queste vacanze pasquali, tra una corsa in bicicletta in alta montagna e le mangiate assurde previste da...