lunes, julio 25, 2011

Tu rostro mañana, di Javier Marías: saper leggere il volto delle persone, o dei "traduttori di vite"


Non ricordo più in quale occasione (e in quale articolo) lo scrittore spagnolo Javier Marías (più volte nominato tra i candidati più quotati nella corsa al Nobel per la Letteratura) disse che l'attività del romanziere si assomiglia per molti aspetti a quella della spia: chi inventa una storia, un po' come un investigatore privato o un agente segreto, deve appunto "inventare" (ovvero, dall'etimologia latina, "trovare", "scovare", "rintracciare") uno sviluppo eventuale, verosimile, potenziale alla storia che va costruendo e intessendo per il lettore; è vero pure che ci sono romanzieri che hanno "tutta la storia in mente"; ma ci sono pure quelli che "trovano" (e poi "scoprono") la storia senza sapere bene dove questa li porterà; inventano nel momento stesso in cui danno avvio ai fatti (e predono in mano la penna); scoprono insieme al lettore che legge la storia dove questa li potrà portare (mi viene in mente Cervantes: il Quijote doveva all'inizio essere soltanto un racconto breve; per l'esattezza, doveva finire all'altezza dell'attuale cap. VI; poi, la storia si è evoluta tanto - grazie al personaggio che, poco a poco, prendeva corpo nella mente dello scrittore - che è diventata un romanzo in due tomi); mi viene pure in mente Laurence Sterne, il cui Tristram Shandy si è allargato così tanto che l'autore irlandese non sapeva più come fare per chiuderlo; o penso anche a Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, dell'ing. Gadda, un'altro romanzo complesso e infinito...). E, dunque, è piuttosto normale, leggendo il suo capolavoro, Tu rostro mañana (trad. it."Il tuo volto domani", a cura di Glauco Felici per i tipi di Einaudi - 3 volumi apparsi tra il 2002 e il 2007, per un totale, nell'ed. originale, di circa 1600 pagine), imbattersi in un narratore-protagonista che, in modo improvviso e alquanto inverosimile, entra a far parte di un gruppo di lavoro interno ai servizi segreti britannici (il MI5 e il MI6 - il primo si occupa di politica e sicurezza interna, mentre il secondo si occupa di spionaggio e controspionaggio estero). 

Jacques Deza (ma il narratore viene chiamato anche Jack, Jacobo, James, Iago) diventa, senza quasi volerlo, un impiegato di questa sorta di agenzia segreta (all'interno delle agenzie suddette) perché molto abile a "tradurre" il volto dei sospettati: sa leggere tra le righe e sa intravedere come pochi il carattere e le potenzialità degli individui che il suo capo, Mr Bertram Tupra, gli mostra da dietro i vetri di una specie di "cabina" o "vagone" di un treno. Jacques Deza conosce o intuisce o ipotizza con un minimo margine di errore se colui che ha davanti è un codardo, un killer spietato, una persona vendicativa o una pronta a cedere di fronte a minacce o ritorsioni violente.

Ci sono due scene - particolarmente efficaci, anche perché particolarmente crude - in cui Deza inizia a scoprire anche il risvolto negativo del mondo che frequenta (e non solo: inizia a capire anche che, più che un dono, questa sua capacità di "pre-scienza" può diventare una condanna; a nessuno di noi farebbe mai piacere poter intuire cosa pensa davvero la persona che abbiano di fronte). Una appare nella metà del secondo volume (intitolato in spagnolo "Baile y sueño", cioè, "Ballo e sogno") e l'altra, invece, appare all'inizio del terzo vol. ("Veneno y sombra y adiós", cioè, "Veleno e ombra e addio").

Nella prima scena il lettore si ritrova insieme a Deza all'interno di un bagno per disabili di una discoteca alla moda del centro di Londra: il suo capo, il temibile, perspicace, sempre molto pungente e ironico Tupra (una delle figure più misteriose dell'intero romanzo) sta per staccare di netto la testa dal collo di un diplomatico spagnolo rozzo e molesto; Tupra estrae dall'interno del suo impermeabile una spada e la solleva sulla testa del povero malcapitato per ben due volte, fingendo di sgozzarlo; Deza rimane impietrito di fronte a tanta violenza e si domanda perché oggi, nel XXI secolo, ci sia ancora qualcuno pronto a sfoderare una spada per raddrizzare i torti e piegare chi non ci da ascolto o ci crea solo problemi (la scena - come ammesso dallo stesso Marías - è una sorta di citazione o allusione all'episodio delle spade levate in aria nel corso del duello tra Don Chisciotte e il biscaglino di cui si narra sul finire del cap. VIII della Prima Parte; solo che l'azione si interrompe proprio sul più bello, nel momento della massima tensione narrativa, e potrà riprendere solo al cap. IX, solo dopo che Cervantes ci racconta di come sia riuscito a trovare il proseguimento di quel duello su uno "scartafaccio" trovato per caso al mercato di Toledo - l'interruzione di Javier Marías è altrettanto efficace: dovranno trascorrere varie pagine, prima che il lettore scopra davvero come andrà a finire - e vedrà come la spada di Tupra è brandita solo per spaventare a morte la vittima, e non per eliminarla sul serio).

La seconda scena, invece, vede Jacques Deza a casa di Tupra, subito dopo l'episodio del bagno dei disabili: è notte fonda, Deza è arrabbiato con Tupra, ma il capo ha ancora qualcosa da mostrare al suo allievo (o impiegato); si tratta di alcuni video terribili in cui il lettore scopre come lo Stato stesso (anche quando si definisce o si presenta come democratico) costruisce il proprio potere e mantiene saldo il rispetto della legge tramite il ricatto, la manipolazione e l'applicazione "pervertita" della legge stessa. Sono immagini frammentate, spezzoni quasi horror in cui vediamo personaggi famosi (o politici e rappresentanti dell'autorità) darsi alla droga, all'alcol, alla violenza gratuita, al sesso estremo, alle bassezze più truci che essere umano possa commettere.

Quando ci si avvicina alla fine di questa "opera-mondo", il lettore inizia a chiedersi cosa potrà mai fare, come potrà mai agire, allora, uno come Jacques Deza, uno 007 di questo tipo, un agente in grado di captare anche dal minimo gesto le intenzioni del prossimo: in un mondo in cui il male, la violenza e il sopruso costituisco ciò che Tupra stesso definisce "el estilo del mundo", come ci si può difendere? Cosa può fare il lettore che, insieme a Deza, va "inventado" (ovvero, "trovando", "scovando" e "scoprendo") la storia di una discesa agli inferi da cui sembra molto complicato risalire?

Tu rostro mañana è un romanzo costruito sul dubbio, con una prosa che ipnotizza, e che spinge il lettore a porsi domande cui è molto complicato trovare una risposta. Se è vero che anche noi, come Deza, sappiamo a volte "leggere il volto" delle persone che abbiamo dinanzi; se è vero che anche noi possiamo diventare "traduttori di vite", è pur vero che il mondo in cui viviamo ci impedisce troppo spesso di vedere chiaramente dove sta la verità (e dove il bene); oltre che di evitare la falsità (e il male). Anche perché i due poli, le due sfere d'azione, convivono (da sempre) dentro di noi. Nessuno conosce davvero il proprio volto (né quello presente, né quello che avrà in futuro).

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