Il comun denominatore
(nelle Università italiane)
E poi, all’improvviso,
arriva l’estate ed è tutto un rigoglio di maniche corte, pantaloni leggeri,
giacche di puro lino, scarpe da tennis tutte colorate e il sorriso perenne sul
volto delle persone per la presenza benevola (e per un periodo di tempo più
lungo) del Sole (uno dei miei pianeti preferiti).
E così, il prof. che si
trovasse a camminare in mezzo alla mandria variegata ed eterogenea dei suoi
studenti (oltre che di quelli degli altri), noterebbe subito l’arrivo della
bella stagione e sentirebbe anche un certo senso di vertigine, nel contemplare
le curve di certe ragazze, i seni prosperosi di altre, le gambe tornite e già abbronzate
di altre ancora (gli ormoni impazziscono, a volte mi gira la testa, e avrei
voglia di non uscire dall’ufficio, troppa grazia, troppa abbondanza, Dio mio,
mio Dio…).
E poi noterebbe anche
un’altra cosa: le coppie di fidanzati che si abbracciano, si baciano, si
tengono stretti per mano, si fanno i dispetti, si prendono in giro, ridendo e
scherzando, scherzando e ridendo, spensierati e innamorati (ah! Beatà gioventù!
Quant’è beata la gioventù! Che invidia, ragazzi!).
E, infine, riposandosi
un attimo sotto l’ombra di un albero antistante la Facoltà (di Lettere e
Filosofia), noterebbe quello che solo ora intuisce essere il comun denominatore
di tutte le Università italiane che ha visitato fino ad oggi (o perché ci ha
lavorato con contratto a tempo determinato, o perché vi ha pronunciato una
delle sue tante conferenze, o perché semplicemente vi si è trovato di passaggio
da semplice collega amico di altri colleghi che, pur abitando in città diverse,
insegnano la sua stessa materia).
Ed è proprio questo qua
il comun denominatore di tutte le Università italiane (da Trento a Palermo, da
Udine a Catania, da Pisa a Roma, da Firenze a Lecce): le coppie di giovani che
si amano e che esternano il loro amore baciandosi in pubblico, ignari di tutto,
dei loro amici, dei passanti occasionali, ignari, soprattutto, si direbbe, dei
proprio docenti (che fanno la faccia di chi guarda con invidia e vorrebbe
censurare, ma non può; di chi ormai ha passato la giovinezza e si ritrova dalla
parte degli “anta”; di chi può solo guardare e non toccare; di chi pensa: “Io e
mia moglie…ma da quand’è che non ci baciamo a quel modo? Da quand’è che non ci
diciamo le fatidiche parole?).
E allora uno pensa (il
prof pensa): c’è ancora qualcosa di vivo e di vero, in questo Universo votato
alla distruzione e al fallimento; c’è ancora un senso, in questa società fatta
di materialismo e di consumismo sfrenati; c’è ancora chi, tra i 19 e i 26 anni,
crede nell’amore e sogna ad occhi aperti; c’è ancora speranza, insomma,
ragazzi… e questo vale ovunque, da Nord a Sud, da Est a Ovest, in questa povera
patria ridotta a brandelli…
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