jueves, diciembre 31, 2020

 Propositi per il 31 di Dicembre


L'idea era questa: staccare da tutto e da tutti e guardare i seguenti film:


1 - Nymph(o)maniac (2013), di Lars von Trier;

2 - Mi chiamo Francesco Totti (2020), di Alex Infascelli;

3 - The Hateful Eight (2015), di Quentin Tarantino;

4 - Nessuno siamo perfetti (2015), di Giancarlo Soldi;

5 - Le avventure del Barone di Munchausen (1989), di Terry Gilliam.


E l'idea era anche leggere tutti i libri di John Berger, oltre a Basilisco (2020) di Jon Bilbao e le poesie di Ida Vitale (Premio Cervantes del 2018)...


Purtroppo, gli impegni familiari e quelli professionali, per ora, ad oggi, mi hanno concesso di vedere solo il film di e su Totti (c'è solo un capitano...). Ho pianto e mi sono emozionato come un bambino. Un film bello e fatto bene. Un film che commuove anche chi non ne sa nulla di calcio o non è tifoso della Roma.


Speriamo di rimediare subito. John Berger, intanto, l'ho letto a spizzichi e bocconi e mi ha già conquistato.


E che davvero l'anno nuovo possa regalarci un minimo di tranquillità e di tregua.

jueves, diciembre 24, 2020

 

Vigilia di Natale del 2020


È il 24 di Dicembre, stasera si festeggia la Vigilia di Natale, ma non è come sempre: si resta in Spagna; lontani dall’Italia per colpa di un virus che ha fatto (e continua a fare) strage. Ci siamo già videochiamati alle 9 del mattino; e torneremo a farlo a breve, prima del cenone (il Governo qui ha stabilito che si possono riunire fino a 10 persone appartenenti a 3 diversi nuclei familiari, rispettando sempre la distanza e con l’obbligo della mascherina; in Italia, mi pare che il numero massimo consentito siano 6 e tutti dello stesso nucleo familiare, o sbaglio? Chi mi avvisa? Chi mi aggiorna?).

 

Stanotte ho sognato l’Apocalisse: non è la prima volta che mi capita, anzi, in Italia mi succedeva spesso, come se si trattasse di un sogno ricorrente. Mi trovavo all’interno di un ospedale e crollava tutto; io ero un medico o un infermiere e provavo a scappare verso l’uscita saltando sopra corpi di cadaveri, bambini urlanti, donne incinte con la flebo al braccio e anziani dallo sguardo impietrito dal terrore del terremoto.

 

L’ho raccontato subito alla mia compagna di avventure: “Come nei film che tanto ti piacciono”, risponde sorniona e pensado subito a preparare la colazione alla prole.

 

Se ripenso a questo mese di Dicembre che sta per concludersi sorrido: nell’arco di 2 giorni sono finito sui giornali di Spagna e d’Italia per due diversi motivi; nel primo caso, per il “diario.es”, il mio nome è apparso per un’intervista che feci a uno scrittore spagnolo abbastanza noto che avrebbe dovuto venire nella città del Sud del Sud in cui vivo per presentare il suo ultimo romanzo; è un’intervista a distanza, fatta tramite email, e risale al 12 marzo: il giorno dopo, il Presidente Pedro Sánchez decide di attivare la zona rossa su tutto il territorio nazionale e il lock-down generale, come da noi. A rileggerla, quest’intervista sembra appartenere a un’altra epoca: il tenore delle mie domande, e quello delle risposte dell’intervistato, fa sorridere, fa quasi tenerezza, se uno pensa che di lì a poco sarebbe scoppiata una pandemia globale che avrebbe mietuto milioni di vittime in tutto il Mondo.

Nel secondo quotidiano, La Nazione, il mio nome è apparso nella pagina della cronaca locale di Siena perché un gruppo di colleghe di Lingua e Letteratura Spagnola si è ingegnata nel promuovere i contatti anche senza Erasmus e senza gite: sono stato uno dei Professori invitati a parlare in un ciclo di lezioni a distanza e in videoconferenza con gli alunni delle terze e quarte classi di un Liceo Linguistico della zona. Ho parlato loro del Quijote al cinema e, in particolare, della versione di Orson Welles del capolavoro di Cervantes. È stata davvero una bella esperienza; è stato davvero bello tornare a parlare di Letteratura Spagnola (e in spagnolo) agli studenti toscani, quando erano passati anni, ormai, dalle mie ultime lezioni tenute tra Pisa e Firenze, tra Empoli e San Gimignano, tra Roma e Monterotondo…

 

E così, penso che non dovrei né posso lamentarmi per come mi ha trattato questo 2020; e che questo Dicembre è stato ricco di esperienze positive. Nonostante il covid. Nonostante tutto. Nonostante questa tremenda nostaglia della mia terra e dei miei amici e dei miei familiari, nostaglia che quella lezione ha attenuato, anche se non cancellato.

 

Auguri.

domingo, diciembre 06, 2020

 Ieri notte, per esempio


Ieri notte, per esempio, mi è capitato di salire in terrazza alle 23:32; un'ora inconsueta, ma dovevo salirci, per stendere i panni rimasti in lavatrice dalle 17:00 del pomeriggio. E così, approfittando del sonno della prole, sopraggiunto dopo ninne nanne varie, carezze e coccole a più non posso ed altri trucchi consimili che ogni padre e ogni madre conosce a memoria, sono andato su a finire il mio dovere di marito responsabile e mi sono messo a stendere i panni (i nostri e i loro, quelli minuscoli della prole, noiosissimi quando si tratta di stenderli, richiedono una quantità industriale di mollette, oltre che una biblica dose di pazienza) e mi sono messo a contemplare il paesaggio notturno circostante (novello Leopardi: oh, tu, luna in ciel, etc.).

La luna era piena e illuminava il tutto con una potenza da molti watt (si può applicare questa unità di misura alla luce che produce la luna quand'è al massimo del suo splendore? Ai posteri l'ardua sententia...).

Fatto sta che si vedeva bene tutto; anche il palazzo di fronte, dove, all'ultimo piano, l'ultimo appartamento mostrava un'accoppiata cromatica piuttosto curiosa: se da un lato (il sinistro) una stanza era illuminata con le luci bianche di un neon e lasciava intravedere dalle finestre la sagoma di una donna intenta a stirare (sì, a stirare: allora non solo l'unico a fare i lavori di casa nelle ore più improbabili ed improponibili), dall'altro (il destro) quella che deduco fosse la camera da letto presentava un'illuminazione diffusa di colore rosso acceso, come fosse la camera di un alberghetto a ore o un postribolo a luci rosse da quattro soldi. 

E la domanda è sorta spontanea: chi ci stava lì dentro? Il marito della donna intenta a stirare? O nessuno? E perché proprio quel colore così particolare? Perché quel rosso acceso dai vaghi connotati sessuali?

Certo è che il contrasto luce a neon (bianca) e luce rossa (accesa) era notevole e dava da pensare...

Quando sono tornato giù, mi sono chiesto cosa potrebbe mai avvistare della mia il vicino della casa di fronte (e subito torna in mente il mitico James Stewart della Finestra sul cortile di hitchcockiana memoria, costretto sulla sedia a rotelle, immobilizzato per un incidente alle gambe e alla schiena e, proprio per questo, vispo e attentissimo a sfruttare il binocolo che porta in grembo).

Poi il pianto di un membro della prole mi ha riporato tristemente con i piedi per terra e dall'elemento visivo la mia attenzione si è spostata su quello sonoro: quanto disturbo staremo arrecando ai nostri vicini, agli abitanti di questo palazzo, a causa delle strilla e dei pianti dei nostro pargoli? Quante bestemmie e maledizioni ci avranno già inviato?

La luna. Quand'è sveglia, quando è in procinto d'addormentarsi, la prole si diverte a spiare la luna in cielo. Si mettono tutte e due in piedi, dritte sul sofà e scostano la tenda per vedere la "nuna" (così la chiama una delle due, storpiandone il nome corretto). E mi fa un certo effetto vedere con quanta passione due creaturelle s'ingegnano e s'impegnano a cercare la palla bianca luminosa che gira attorno al nostro pianeta. E mi fa ben sperare. E mi fa pensare che quando saranno grandi non avranno dimenticato la lezione che insegnerà loro (credo e spero) la poetica ricerca della luna nel cielo notturno. E che sorrisi quando la scovano! Che allegria! Che contentezza! Sembra quasi che abbiano fatto la scoperta dell'America.

sábado, diciembre 05, 2020

 Into the night (1985) di John Landis e After Hour (1985) di Martin Scorsese: due film allo specchio (e speculari)


L'altra notte, in preda all'insonnia e per passare il tempo, mi sono messo a riguardare After Hour (noto in italiano col titolo alla Enrico Ghezzi Fuori orario), un vecchio film degli anni 80 di Martin Scorsese. Si tratta di uno di quei film che mi ha sempre colpito perché girato con una libertà creativa, un'inventiva, un ritmo accelerato davvero notevoli. Si nota immediatamente che quando il regista italoamericano si mise a lavorare su questo progetto aveva l'urgenza di dire qualcosa, di sfogarsi, di utilizzare il cinema per conoscersi meglio (cosa che aveva già fatto nel 1980 con Toro scatenato (Raging Bull, il titolo originale) e che ha rifatto, ultimamente, con quel capolavoro dissacrante e spettacolare che è The Wolf of Wall Street, del 2013, con un Leonardo Di Caprio da Oscar).

Ma di che parla, esattamente, After Hour? E perché mi piace così tanto?


Diciamo che parla di un uomo qualunque (Griffin Dunn, in foto) che, dopo una giornata di faticaccia a lavorare in ufficio, decide di andare a bere qualcosa in un pub di Soho e che, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con una bella fanciulla (Rosanna Arquette), non riuscirà più a tornare a casa. La ragazza lo invoglierà ad andarla a trovare in casa di un'amica scultrice e da lì in poi il film narrerà la sarabanda assurda e grottesca d'intoppi e di incidenti cui dovrà andare incontro questo novello Ulisse prima di tornare nella sua Itaca (sotto forma di scultura imballata e spedita direttamente nel suo ufficio il mattino dopo).


È ovvio che Scorsese prosegue quel discorso sulla violenza, sui rapporti umani, su New York e sull'America in generale che aveva già intrapreso con Taxi Driver (1976); è ovvio pure che con questo film, a bassissimo budget e girato in poche settimane, Scorsese vuole tentare la strada dell'insolito, della sperimentazione, del discorso d'autore sulla società contemporanea. Ma se c'è qualcosa che, secondo me, spicca all'intero del tutto è il modo in cui questo povero Cristo si vede costretto a fare i conti con il sesso (e con l'altro sesso). Non c'è donna che gli si avvicini che non sarà destinata a turbarne la mente, a scombussolare i suoi piani, a sconvorgergli il desiderio di tornare a casa. Questo fotogramma la dice lunga sul "perturbante" freudiano che Scorsese va dipanando all'interno del film:



Se all'attore Griffin Dunn sostituite la faccia di Robert De Niro o di Tom Cruise, ecco, otterremmo lo stesso risultato: un uomo spaesato che teme la castrazione o che, guardandosi allo specchio, finisce con il contemplare un disegnino osceno che sembra parlare proprio di lui e della sua difficoltà a comunicare con le donne (sia a livello verbale che sul piano corporale). Ecco, ci sono dei momenti, nel corso della lunga nottata (o nottataccia) di questo povero Cristo che mi hanno evocato alcune scene di Eyes Wide Shut, dove, appunto, Tom Cruise, il dottore protagonista che Stanley Kubrick resuscita dal Doppio Sogno di Schnitlzer, si vede costretto a cozzare e a scontrarsi con varie donne che incarnano il suo Desiderio di Trasgressione e, al contempo, la sua Condanna alla Castrazione (gioco con le maiuscole, ovviamente, ma i richiami sono tanti: anche il protagonista di After Hour, esattamente come quello di Eyes Wide Shut, viene minacciato di morte; entrambi vivono la realtà come fosse un incubo - o come se la realtà si svolgesse su un piano onirico - i finali dei due film fanno anch'essi rima tra di loro).



Poi da Martin Scorsese sono passato a John Landis. Sì, perché guarda tu il caso, anche lui gira un film su un uomo qualunque costretto a vivere una notte d'incubo a causa dell'incontro fortuito con una bella ragazza: mi riferisco, ovviamente, a Into the Night (tradotto in italiano con Tutto in una notte), che è anch'esso del 1985 (si sono messi d'accordo? Non credo; né so in che rapporti siano Scorsese e Landis; di sicuro la casualità è abbastanza sorprendente).

E di che parla Into the Night? E, soprattutto, perché, in questa seconda visione (notturna, ovviamente) non mi è piaciuto tanto quanto la prima volta che lo vidi diciottenne (diciamo pure che non è piaciuto più)?



Diciamo che Into the Night parla di un uomo qualunque (un ingegnere aerospaziale, interpretato da Jeff Goldblum) che soffre d'insonnia e la cui moglie lo tradisce con un altro. L'ingegnere decide di seguire il consiglio di un amico: quando non riesci proprio a chiuedere occhio, vai in macchina all'aeroporto, prendi il primo volo per Los Angeles e vatti a divertire ai casinò (lì ci sono le donnine disposte a tutto, purché paghi). Il povero Cristo accetta il consiglio e, a partire dall'incontro fortuito con una bella ragazza che scappa da un gruppo di terroristi islamici (o presunti tali), sarà costretto a vivere un vero e proprio incubo ad occhi aperti. La bella ragazza fa rima con la Rosanna Arquette del film di Scorsese: mi riferisco, ovviamente, alla stupenda (e qui giovanissima) Michelle Pfeiffer:



Inutile dire che quest'incontro metterà in crisi il povero Cristo che, attratto dalla ragazza, proverà a farsi valere contro i nemici che la perseguitano e la rincorrono (tra cui David Bowie, uno dei tanti vip che appaiono in diversi cammei all'interno del film), e proverà a dimostrare il proprio coraggio da "macho", nonostante i suoi limiti e il proprio codice morale (la ragazza fugge dagli arabi perché ha sottratto loro - tramite un socio - sei smeraldi dal valore inestimabile).



Di nuovo, la notte (e il buio) saranno un elemento fondamentale del paesaggio sia fisico che mentale del film; di nuovo, i complessi di un uomo in crisi nei confronti del sesso e delle figure femminili diventerà parte importante della trama, come si può evincere da questo bel fotogramma intriso di desiderio e di voyeurismo:



Se nel caso di supra c'è un uomo che contempla preoccupato il disegnino sconcio di uno squalo coi denti aguzzi che sta per estirpare il pene di un omino stilizzato, qui abbiamo a che fare con il lato B della statuaria Michelle Pfeiffer mentre si spoglia in camera del fratello (un patito di Elvis Presley) prima di farsi una doccia: il "recadrage" non fa che amplificare il desiderio dello spettatore di poter sbirciare ancora meglio quel corpo femminile allettante e di poter entrare in camera da letto...ma non può, soprattutto perché il personaggio interpretato da Goldblum non se la sente o lo considera sbagliato (o scorretto dal punto di vista morale).

Ma perché, dunque, a mio modesto parere, questo film non ha la stessa carica di After Hour? Bene, procediamo per ordine e cominciano col dire che, forse, John Landis non avvertiva la stessa urgenza di "raccontare" di Scorsese quando girò questa commedia nera o pseudo-romantica. Non si nota, insomma, quella spinta creativa che c'è nel primo film. In secondo luogo, Into the Night pecca di lentezza: sembra quasi che John Landis giri in modo volutamente statico (o lento) rispetto ad altri suoi capolavori come, per citarne uno, The Blues Brothers (che è del 1980, ovvero, dello stesso anno di Toro Scatenato). Perfino i pochi inseguimenti in macchina che ci sono in questo film sembrano girati al rallenti, rispetto al film precedente. E quando si arriva alle scene più potenzialmente ricche di suspense, la suspense si sgonfia in un attimo (cfr. la scena in cui Goldblum entra nella camera d'albergo della ragazza e scopre i cadaveri sparsi sul pavimento).



After Hour finisce, come accennato sopra, nello stesso ufficio da cui parte tutto, da cui il nostro povero uomo qualunque esce per andarsi a fare una birra in santa pace; solo che questo stesso povero Cristo ora ci appare sotto forma di scultura umana (e invito tutti a guardare il film per capire come diavolo ci finisce a vivere in un corpo da statua surrealista); Into the Night finisce con un tipico happy ending all'americana: lui salva lei, lei ama lui, lui e lei partono in viaggio con il malloppo con il primo volo disponibile.

Anche solo osservando attentamente questi due finali si può intuire perché Scorsese è un regista che ha usato la macchina da presa per scoprire qualcosa di nuovo (su di sè, sul suo mondo, sull'essere umano, in generale) e perché, al contrario, John Landis l'ha usata per farsi un giretto notturno per le strade di Hollywood (tra cattivi che non fanno mai paura e donzelle che solo dopo tanti ostacoli riconoscono che quello che hanno accanto è un cavaliere che merita la loro attenzione e il loro amore).

Tratto in comune tra i due: la notte, intesa in quanto momento del giorno in cui i pericoli assumono connotazioni (anche) sessuali e non sono le protagoniste femminili ad avere paura del lupo, ma quelli maschili a vedere le donne come lupi pericolosi o che portano sulla cattiva strada.


The End*** Fine***Fin

miércoles, diciembre 02, 2020

 2 Dicembre 2020 (quasi 3)


Su Rai1, alle 23:05, emettono un omaggio a Gigi Proietti che s'intitola "Gigi che spettacolo!". Bastano 2 minuti per capire che sì, che in effetti Gigi Proietti era un genio, sul palco. Intanto, la prole dorme (miracolo? Fino a quando?). Mia cognata, in pigiama, mi si avvicina per augurarmi la buonanotte e chiedermi a che ora le conviene mettere la sveglia se non vuole intralciare le operazioni mattutine dei genitori alle prese con i bimbi che vanno all'asilo. 
"Direi le 7:15; ti va bene?". Mi sorride. Certo. Non c'è problema. Lei è una abituata a fare le levatacce. Domani deve andare a Madrid per un concorso. A Madrid? Ma non è sconsigliato viaggiare a Madrid? Non c'è il confinamento perimetrale? (come in Italia, anche qui in Spagna non si può andare liberamente da un comune all'altro senza autorizzazione e conseguente autocertificazione). Mi dice che il concorso si espleterà in uno stadio. La vita è piena di misteri.

Intanto, penso che domani è il 3 (manca un'oretta affinché il numero 3 faccia il suo ingresso ufficiale sul calendario: dicembre; mancano 21 giorni al cenone della vigilia; ma che Natale sarà il Natale col virus? Ce lo domandiamo tutti, ma nessuno sa la risposta). E che entro il 15 dovrò consegnare l'ennesimo articolo per una rivista scientifica di quelle importanti, che contano, che selezionano solo i pezzi migliori e gli autori più seri. Tremolo alla sola idea di vedere quel numero sull'agenda, cerchiato in rosso, sottolineato con l'evidenziatore giallo.

Intanto, penso che oggi, 2 di dicembre del 2020, è stata una bella giornata: non mi riferisco solo al tempo e alle condizioni meteorologiche, ma alle scoperte fatte, quasi per caso, quasi senza volere.

Una collega veneziana mi manda un suo articolo su Héctor Abad Faciolince: mi basta leggere le prime pagine del testo per innamorarmi di quest'autore di cui, fino a ieri, non sapevo nulla, non ne sospettavo nemmeno l'esistenza. E, invece, il modo in cui questa collega veneziana ne parla (una dama, una donna elegantissima) mi spinge subito a volerne leggere le opere più importanti, a partire da El olvido que seremos (tradotto in Italia da Einaudi: L'oblio che saremo, apparso nel 2009) al diario, intitolato Lo que fue presente (mai apparso in italiano: Ciò che fu presente) e appena uscito in Spagna per Alfaguara.

Sono talmente ipnotizzato dal ragionamento della collega veneziana, talmente travolto dalla trama di questi testi, che ho bisogno di alzarmi dal divano per prendere una boccata d'aria sul balcone e respirare con calma.

Com'è possibile innamorarsi di uno scrittore in modo così diretto, assurdo ed improvviso?

Si parla di un padre, un medico e professore umile e amante della libertà e della dignità umana, ucciso a tradimento a Medellín nel 1987. Si parla del lutto e del tentativo di elaborarlo da parte di un figlio che non sa come reagire. Si parla dei primi gesti di fronte al cadavere ancora caldo e impregnato nel sangue: la moglie gli sfila la fede dal dito; il figlio mette le mani nelle tasche e s'imbatte in alcuni fogli e, tra questi, in una poesia di Borges (da cui poi trarrà il titolo per il libro che dedicherà proprio al padre morto) Si parla di letteratura, di ricordo, di memoria e di scrittura come tentativo di venire a patti con i demoni del passato e del presente. Si parla di dolore e di depressione. Di angoscia e di rabbia. Dell'uomo e dell'essere umano in generale. Di quant'è difficile e duro restare in vita e al mondo quando l'ingiustizia prevale sulla giustizia, l'odio sull'amore, l'indifferenza sulla passione e il compromesso sociale e civile.

Poi mi chiamano da Roma: ma chi può essere? È l'editore intenzionato a pubblicare la traduzione: dopo mesi di silenzio, si fa sentire e mi parla con un tono peculiare, una voce proprio da intellettaule di sinistra degli anni 70. Parla con lentezza, ma una lentezza tale da sembrare quasi una presa in giro (è tutta una messinscena? Mi sta prendendo per il naso?). Parliamo delle fasi da seguire a partire da ora: l'impaginazione; la correzione dei refusi; la scelta dell'immagine per la copertina; i peer review; i diritti d'autore; la foto mia e dell'autore da mandare in quarta di copertina; le eventuali presentazioni in Italia e in Spagna. Parliamo un'ora circa al telefono; l'editore è lento, lentissimo, ma spiega con chiarezza i miei diritti e i miei doveri e, in parallelo, i suoi e quelli della sua casa editrice. Scopro uno scrittore colombiano grazie a una collega veneziana che mi scrive dall'Italia e, stando in Spagna, riesco finalmente a concludere una trattativa con un editore che mi chiama da Roma e che, col mio impegno da traduttore e la sua decisione sovrana, permetterà al pubblico dei lettori italiani di scoprire uno scrittore spagnolo che vive vicino alla città del Sud del Sud della Spagna in cui vivo e lavoro (e amo).

Quanti cambiamenti repentini tutti in un solo giorno. Quanti alti e bassi. Quante curve pericolose. Quanti entusiasmi e angosce assurde, quanti patemi d'animo e spinte a fare sempre meglio.

Domani è il 3 di dicembre. Sono le 23:35. Mezz'ora per scrivere tutto ciò? Il tempo è relativo. Lo sappiamo.


 Il passato che torna Ieri ho fatto una cosa che avrei dovuto evitare: ho aperto una cartella piena di foto del passato e, ovviamente, il pa...