Senza voce
Ecco che la voce scompare, si affiovolisce, flatus vocis dopo una raucedine divenuta faringite (ma posso fidarmi del verdetto di una collega di Glottodidattica? Da quand'è scoppiata la pandemia, siamo diventati tutti esperti, oramai).
È iniziato tutto sabato 17, di pomeriggio: proprio mentre ascoltavo la lettura (o "recital") del libro di microracconti di un grande scrittore spagnolo che ammiro e che mi sono azzardato a tradurre e a proporre ad un editore italiano.
Ho mandato il link su "zoom" anche al suddetto editore e lui...che strano, vero?, non si è degnato nemmeno di una risposta.
Bellissimo l'evento online: al piano, un musicista di fama internazionale; al microfono, lo scrittore che ammiro; al fondo, con interventi brevi e programmati, la figlia dello scrittore, M., che legge i microracconti da me tradotti in italiano (ha fatto l'Erasmus a Bologna e l'esperienza le è servita, a quanto vedo e sento, anche se per lei è quasi impossibile mascherare il suo accento spagnolo, ma anch'esso contribuisce al successo della performance, aggiunge un tocco esotico che non stona affatto).
Poi la situazione si aggrava e oggi pomeriggio, invece di fare lezione io da solo, davanti al pc, ho ceduto la parola a Nuccio Ordine, che, in un video reperibile su YouTube, ci ha spiegato l'importanza dei classici, la fondamentale "utilità" dell'intuile, la bellezza della letteratura, la potenza delle parole, la centralità della cultura nel mondo in cui siamo finiti (sommersi).
Ed ecco che l'editore ha forse visto il "recital" e mi fa scrivere da due colleghi: una tale S. che si occupa di "editing"; e un tale F. che mi chiede il testo originale in spagnolo per confrontarlo con la mia versione italiana... Mi mettono fretta (o vogliono darsi una mossa), quando è da circa 3 mesi che si parlava di "gioco fatto", e che basta scegliere solo la copertina, il libro è pronto per la stampa, ma ne siamo sicuri? No. Non si può mai essere sicuri quando si ha a che fare con un editore. E chissà come si concluderà questa storia.
Di certo, domani mi toccherà inventarmi qualcos'altro per supplire al mutismo. Solo chi si dedica all'insegnamento può capire quanto sia centrale, basilare, fondamentale, imprescindibile la voce di cui disponiamo. È il nostro strumento chirurgico principale. L'unico mezzo che abbiamo per trasmettere il nostro sapere, anche in un contesto assurdamente virtuale come quello in cui ci troviamo in questi mesi di pandemia e di schermi, di contagi e di stress, di voglia di normalità e di paletti imposti per legge, di paura e di speranza, di videoconferenze e congressi tutti "online" e di distanza "reale" dai nostri affetti più cari.
Fino a quando potremo ancora resistere?
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