Domenico Starnone, Destinazione errata (Torino, Einaudi, 2025)
Che cosa succederebbe se, invece che mandare un “Ti amo” a nostra moglie (o
alla nostra fidanzata), lo spedissimo per sbaglio ad un’altra donna? Destinazione
errata, l’ultimo romanzo di Domenico Starnone, parte proprio da questo
tremendamente possibile, quotidiano, fattibile errore di scrittura e invio
tramite cellulare (la “scatola nera” delle nostre vite private, secondo felice definizione
di Carla, una mia cara amica, a cui pure regalai a suo tempo Autobiografia
erotica di Aristide Gambía (del 2011).
Chi conosce lo scrittore napoletano sa bene che il suo stile asciutto,
apparentemente semplice, nasconde in realtà un’accuratissima attenzione ai
dettagli, al non detto, all’elissi e alle accelerazioni improvvise. Soprattutto
verso la fine, Destinazione errata si legge con il palpito, con il cuore
accelerato, con l’ansia di volver vedere come va a finire il benedetto
(maledetto?) qui pro quo. Nel mentre, ovvero, nel corso del viaggio
verso l’inevitabile, temuto finale, il narratore in prima persona, il “mascolo”
protagonista della trama, ci rende partecipi delle sue riflessioni, dei suoi
monologhi in progress, nel pieno dei sensi di colpa, dei dubbi, delle
paure, del desiderio di assecondare il desiderio (perché è così, anche nella
vita reale: basta guardare una persona da un altro punto di vista, basta proiettare
Eros verso un’altra persona, che repentinamente cambia il nostro modo di
osservarla, di apprezzarla, di inquadrarla: il desiderio distorce e fomenta una
visione “idelizzata” o “idealizzante” del soggetto che può divenire stranamente
“oggetto del desiderio”).
Come in altre sue opere, Starnone è bravissimo a scandagliare le zone d’ombra
di tutti noi (maschi e femmine, non credo ci sia differenza, quando parliamo di
tradimento; e di fatto, Claudia, la collega cui il narratore spedisce quella
dichiarazione d’amore che scatena il caos, è pure ella sposata, è anch’ella
abile a orchestrare menzogne pur di cedere alla passione con il collega creduto
timido o fin troppo distratto). Anzi: sia lui che lei sono apparentemente
felicemente sposati; sia lui che lei hanno figli (e le figlie giocano con
piacere tra di loro). A che pro, dunque, cedere alla tentazione? A che scopo
ingarbugliarsi i destini e le vite, se ci vanno di mezzo mogli e mariti
legittimi all’oscuro di tutto? Perché far del male (potenziale) a dei figli
minorenni?
Starnone si diverte a mostrarci l’ampio spettro di emozioni e sensazioni di
chi sperimenta nella vita il senso della trasgressione. E attraverso i
personaggi simpatici di Clelia e di Carlo ci fa capire anche quanto Eros sia
importante anche in età avanzata, quando la vecchiaia ci limita nei movimenti e
nei desideri impellenti.
A un certo punto, non ricordo se lui o se lei, qualcuno afferma: “[...] non
c’è nessun bivio, si obbedisce al corpo, e sennò a chi?” (p. 113). E qualcun’altro
afferma (per il proprio tornaconto): “L’infedeltà non è un tradimento, è una
manifestazione di curiosità” (p. 87). E chissà che non sia proprio così: chi
tradisce lo fa perché vorrebbe sperimentare altre vite. Assaporare altre sensazioni
ed emozioni che lo portino a sperimentare ciò che non c’è (più) nella quotidianità
e nella routine. Che Eros possa sopravvivere solo grazie al tradimento? E allora
come spiegare l’esistenza di quelle coppie che, pur essendo sposate da anni,
continuano a desiderarsi e far l’amore con impeto? E allora come spiegarsi
quelle altre coppie che, pur essendo sposate da anni, hanno ormai bandito o
dimenticato il sesso? Lettura amena e allo stesso tempo avvincente, Destinazione
errata ci spinge a porci queste domande. Le domande eterne che forse non
prevedono risposta.

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