Quali sono le cose che non si raccontano?
Ecco una domanda che deve porsi chi di mestiere fa lo scrittore: quali cose raccontare e quali non? E soprattutto: come raccontare le cose che sì posso e voglio, ho bisogno di raccontare?
La domanda sorge spontanea dopo la lettura di Cose che non si raccontano (Torino, Einaudi, 2023), di Antonella Lattanzi. Non un romanzo, non un diario, non una semplice cronaca dell'orrore: un libro a metà tra l'autobiografia e la denuncia, tra la confessione e l'urlo.
Erano anni che non leggevo un libro così duro, così scioccante e, allo stesso tempo, così tenero: sì, la tenerezza di chi trova il coraggio di raccontare l'indicibile e la tenerezza verso il corpo della protagonista che è il corpo delle donne, di tutte le donne.
Al centro: la gravidanza, il desiderio di maternità di chi ha abortito due volte da giovane e non riesce a restare incinta a 41 anni. Nel mezzo: gli incubi di una potenziale madre che non sa spiegarsi perché non ce la fa, perché vive la sua vita attaccata al lavoro (di scrittrice che cerca e vuole il successo) e al desiderio di essere finalmente madre e la storia (quasi la cronaca) dei giorni più bui, quando nemmeno gli amici più intimi, gli editori, il compagno sospettano la minima parte dell'Inferno che la donna è costretta a sperimentare sulla propria pelle (terribili le pagine in cui si descrive il raschiamento, in una clinica cattolica, dove chi abortisce è vista come peccatrice, come meritevole di dolore).
Da uomo penso che Antonella Lattanzi è riuscita a mostrarci come il corpo delle donne sia davvero un campo di battaglia in cui si svolge il miracolo della vita e, allo stesso, in cui può scoppiare l'inferno più atroce.
In copertina, una donna sensuale che nuota nell'acqua (o liquido amniotico) con la testa rivolta dal basso verso l'alto, all'indietro. Quella donna ha nuotato sottacqua e ora si mantiene a galla. È forse l'emblema di tutte le donne, sia di quelle che sono riuscite a essere madri sia di quelle che, impossibilitate ad esserlo, continuano a vivere con un senso di mancanza e di vuoto che può essere incolmabile.

No hay comentarios:
Publicar un comentario