
Questa distanza che ci separa. Quanta la distanza.
Ascolta: le telefonate che non portano a nulla,
le discussioni infinite, mentre la radio
balla a dispetto del nostro stato d'animo,
della gente che si perde e che non si ritrova mai
al punto giusto, al momento giusto, sempre le mosse sbagliate, quando ormai è troppo,
troppo tardi.
Questa casa che non hai mai visto
e in cui non arriverai mai e che, perciò,
non conoscerà quel tuo sorriso che
ti riempie di luce con gli occhi della bambina
che sei e resterai, nonostante il passare
del tempo (il lento e inserabile passare delle ore).
Me ne vado. Sento la porta che sbatte,
vedo gli appuntamenti mancati,
ricordo i baci e le carezze non date,
mi rammarico in ritardo,
quanti i treni persi e quanti quelli presi al volo,
insieme, io e te, il rumore di fuori
che si confonde con le conversazioni sciocche di
passeggeri distratti,
quando due si promettono amore eterno
e il tempo se la ride e corrode i tendini, senza che noi
ce ne accorgiamo,
me ne vado, e non venire a cercarmi.
Quanti viaggi insieme, e io che pensavo:
qui sí, qui ci mettiamo le radici,
basta con i fusi orari, me lo merito,
che ne pensi? Ti piace il colore?
Ci entrano tutti quei libri? Da lì si vede il tramonto?
È questo il destino: questa la rotta,
questa la nave(tutta ammaccata) e questa la malinconia
del viaggiatore che non sa a che ora approderà
e se ci sarà qualcuno ad aspettarlo.
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