lunes, julio 31, 2006

"Domani è un altro giorno", è una frase fatta, lo sanno tutti, anche quelli che non ricordano Scarlett O'Hara nel finale dell'epico Gone with the wind... Eppure, per me sta assumendo ogni giorno che passa un significato letterale. Domani non so cosa mi succederà, non so letteralmente cosa potrà accadermi in questa città fatta di ladri e di gente che si buca, di fidanzate che litigano per delle sciocchezzuole, e di fidanzati gelosi che lasciano le fidanzate in casa per andare a bere con gli amici. Di drogati e di avvocati. Di gente comune. Di strade tortuose che girano intorno a una chiesta sconsacrata oggi riadibita a biblioteca di quartiere (il quartiere, malfamato, è ovvio).
Oggi per esempio, cosa è successo? Di tutto. Avrei potuto iniziare la mattinata leggendo il giornale davanti al telegiornale delle 13,30 e sorseggiando un buon caffè con sigaretta incorporata (la sigaretta dopo il caffè, è ovvio). E invece mi sono ritrovato a leggere ancora 2666, con piacere e con una estrema curiosità di vedere come finiva la prima parte (ben 292 pp.). A pranzo avrei potuto mangiare un cheese-burger del BurgerKing e invece...una mia cara amica, oltre che coinquilina, mi ha preparato un piatto tipico, a base di pollo, fagioli e lenticchie (non molto indicato per le temperature etiopiche di queste latitudine, ma comunque ottimo). Avrei potuto restare a casa o andare a fare un giro nel parco più grande della città (stile Villa Borghese, o Central Park) e invece sono andato in un quartiere pieno zeppo di immigrati per mangiare un kebab in compagnia (o era un felafel? Non distinguo più i piatti tipici turchi, o kurdi, o afgani, "that's the same", direbbe un amico del cui nome non voglio ricordarmi). E poi, avrei potuto fumarmi due sigarette, ma ne ho fumata solo una, parlando di politica con Maiko, una ragazza dai tratti orientali nata da un padre basco e da una madre cinese (ma, mi assicura, lei è nata a Hiroshima, lo stesso posto in cui circa 45 anni fa gli Alleati gettarono così, tanto per vedere l'effetto che faceva, la bomba atomica). Avrei potuto chiedere il dolce (erano le 23,30 passate, l'ora buona per un caffè, da queste parti, o per un gelato, dipende dai gusti), e invece niente, mi finisco la birra, saluti e baci, saluto Maiko, abbraccio Rosy, ci rivediamo alla prossima, Rosy, ho letto gli aggiornamenti, il tuo blog mi piace proprio tanto, seguirò sempre i tuoi consigli di lettura, per poi distrarmi, colpa del caldo (o della birra?), proseguire a piedi per un breve tratto in compagnia di Merce, amica oltre che coinquilina simpatica e sempre disponibile, e perdere d'un colpo, d'un tratto, sia la macchinetta fotografica con dentro le ultime foto della giornata sia 2666 di Roberto Bolaño, più sotto citato, entrambi (la macchinetta e il romanzo) lasciati incustoditi all'interno dello zaino che mi accompagna da circa 6 anni a questa parte nei miei migliori viaggi, addio zaino, addio macchinetta, addio 2666, penso, mentre bestemmio contro un cielo stellato che mette i brividi e Merce prova a consolarmi a parole, e Maiko sorride sotto i baffi, e i camerieri alzano le mani dell'innocenza, e la calca chiacchiera a vanvera, sotto il cielo di una città che non smette mai di sorprendermi, mentre la mente corre alla trama del romanzo, come cazzo finisce, come finirà, mi domando e dico, pensando al portafoglio e alle offerte estive attuali, potrei comprarmi una nuova macchinetta e scattare foto alla copertina di 2666, oppure comprarmi il romanzo e dimenticare le foto, oppure comprarmi un nuovo zaino e ricominciare il giro daccapo, non sarebbe una cattiva idea, se solo avessi tempo e danaro, accidenti, sì, domani è proprio un altro giorno, e chissà che non ritrovi il libro sul banco di qualche venditore ambulante, chissà che non ritrovi la stessa copia, con la mia firma e la data: 21/7/2006, from Nowhere, en un banquillo callejero, insieme a L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera...

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