From Rome, antes del despegue
Uno studente (non so perchè, ma mi ricorda me stesso, quando avevo qualche anno di meno) è affacciato al balcone di casa, all'appartamento di fronte al mio (o meglio: di mio fratello). E' sera, sono le 22,30, i cinema all'aperto spargono nitrato d'argento dai proiettori posizionati in modo tale da permettere una visione discreta anche agli spettatori seduti ai lati dello schermo gigante (ce n'è uno anche qui sotto, a Piazza Vittorio, ma non so cosa danno, avrei voglia di guardarmi un bel film, quasi quasi scendo, anche solo per cercare di capire dal sonoro di cosa si tratta - Planet Terror, per caso? Quella famosa seconda parte di Grindhouse, quella girata da Robert Rodriguez, che ancora non ho avuto modo di vedere?).
Lo studente fuma una sigaretta con calma e osserva due ragazza sulla trentina appostate accanto a un'auto con i fari accesi e il motore spento. Sono vestite per il Sabato sera, indossano l'abito buone d'ordinanza: completo chiaro, la nera, completo nero, la bionda (entrambe con la borsetta intonata al vestito, per cui la mora ha una borsetta bianca, con gli strasse - come diavolo si scriverà mai "strasse"? - e la bionda una nera, senza niente che dia nell'occhio). Chiacchierano placide fra loro, ma da quella distanza lo studente non può sentire la conversazione. La mora fuma; la bionda parla e tiene sott'occhio il cellulare (starà aspettando il messaggio risolutore di una terza amica, o del fidanzato, o di un amico). Lo studente finisce la sigaretta e la getta in un vaso di cactus che decora discretamente il balcone. La mora, invece, quando da l'ultima boccata, la schiacchia con violenza con la pianta della scarpa con il tacco.
Lo studente, a questo punto, assume uno sguardo malinconico. Da dietro la finestra intravedo la sua piccola biblioteca (una montagnola di libri e la scrivania con il computer portatile d'ordinanza - è la seconda volta che mi viene fuori questa parola, ci sarà un perchè: perchè?). Si appoggia con le braccia alla balaustra e sembra protendersi verso le due fanciulle. E' evidente: stanno aspettando qualcuno che fa tardi all'appuntamento; stanno per andare a fare quattro salti in discoteca (il trucco, vistoso, denota una certa aria di sfida e voglia di mettersi in competizione, vediamo chi è che riceve più avances, vediamo se riesci a portartene al letto almeno un paio, ridono, la mora sogghigna, ha schiacciato la cicca di sigaretta con una violenza davvero estrema, deve essere un tipo molto deciso nella vita, quella reale, quella di tutti i giorni, non di Sabato sera, ovviamente, che è l'eccezione che conferma la regola un po' per tutti - almeno, per tutti quelli che, di Sabato sera, escono a fare quattro salti o quattro chiacchiere con gli amici al pub, o in centro, a passeggiare e a farsi notare dagli altri).
Poi arriva la ritardataria: "Aho, so due ore che stamo qua, quanto c'hai messo!", dice l'una (la mora); "Sta bona, ce stava la fila ar bagno stasera, c'è mi sorella che esce cor ragazzo, m'ha fatto propio gira, stasera!", risponde l'altra. E sia io che lo studente sentiamo tutto, anche da questa distanza (parallela, quarto piano, anche se l'uno di fronte all'altro).
Poi la ritardataria scrocca una sigaretta. La bionda smette di guardare il cellulare e lo infila in borsa. La mora si siede al posto del guidatore e partono.
Lo studente solleva lo sguardo e si accorge della mia presenza; fa una smorfia, misto di noia e rabbia. E si rintana. Io faccio lo stesso. E' Sabato sera. E lui deve studiare. Mentre io non ho sonno e mi lascio scappare le occasioni come niente fosse. Mentre i cinema, con gli altoparlanti a tutto volume, riempiono l'aria di effetti speciali e dialoghi smozzicati e fumo di sigarette.
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