martes, septiembre 04, 2007

Piccola osservazione morale, forse moraleggiante, from the car-park or the area-parking...



Tutto passa o tutto scorre e le situazioni già passate o già vissute tornano a ripetersi e riviviamo gli stessi gesti, anche con lievi, a volte leggerissime variazioni.
Mi era capitato già nel 1996, quando lavoravo con un gruppo di ragazzi eruditi amanti del cinema (dei cinefili) e organizzavamo rassegne estive, cinema all'aperto, film d'autore di qualità per tutti, e io approfittavo delle pochissime pause per rinserrarmi in macchina e mangiare una mela o una pera o una banana e scrivere le mie priogioni; è ricapitato nel 2003, quando facevo il facchino in un hotel di lusso del centro di Roma e usavo l'ufficio-ripostiglio del mini-bar service per scrivere racconti impossibili su amori improbabili tra le birre di Heineken e le bottiglie di acqua Fiuggi, mentre di là, fuori, in corridoio, le governanti ci cercavano, invano, e le cameriere rassettavano le stanze dei cosiddetti vips (Maurizio Costanzo più ciccione che in tv e Alba Parietti che una mattina mi aprì in accappatoio e l'unica cosa che si vedeva erano le labbra gonfie e i capelli arruffati, ma capita anche a loro, siamo tutti comuni mortali, anche se quelle labbra; il più umile e affabile di tutti, Roberto Benigni, che mi strinse la mano in ascensore e mi ringraziò per i complimenti che gli avevo fatto di cuore per la sua televisiva ed emozionante lectura dantis).
Succede anche oggi, nel 2007, mentre noleggio auto a turisti stranieri e uomini d'affari (generalmente loschi), seduto, o meglio, rannicchiato all'interno di un ufficio antistante il parcheggio, mentre i colleghi sudano a fare i contratti e io mi limito stoicamente a chiuderli e a dare la ricevuta al cliente ormai felice, rilassato dalla vacanza appena conclusasi, mentre mi culla in dolce sottofondo lo strepito trattenuto dei motori degli aerei che rollano in pista, l'aeroporto un luogo di passaggio, e di ripetizioni, un vero simbolo vivente di questi nostri tempi velocissimi, accelerati, schizofrenici (ma forse anche l'uomo del Medio Evo sentiva di appartenere e di vivere in un'epoca accelerata, rispetto a quella immediatamente precedente).
Se c'è un avviso, un consiglio, o un avvertimento che bisognerebbe dare a chi si accinge a entrare stabilmente (!?) nel mondo del lavoro è che se è vero che il lavoro nobilita l'uomo, è anche vero che il lavoro ti ruba il tempo: è una strana eppure costante sensazione d'angoscia quella che si prova (o almeno io provo, non generalizziamo) dopo aver timbrato il cartellino e aver osservato sul medesimo l'ora e i minuti (i secondi?) precisi, esatti, a partire dai quali sei entrato in servizio, che vuol dire: il momento a partire dal quale l'azienda, la fabbrica, l'impresa, l'associazione, l'agenzia, il tuo capo, chi comanda e ti fa arrivare a fine mese, puntuale, la busta paga, può disporre di te (della tua persona, fisicamente intesa, e del tuo cervello, ovvero delle tue capacità intellettuali e intellettive nello svolgere quella tua determinata mansione - sorvoliamo (io lo faccio spesso, ultimamente, da quando passo così tanto tempo in aeroporto) sul fatto che ci sono - e sempre ci saranno - lavori in cui e le capacità intellettuali e quelle intellettive si usano in una percentuale davvero irrisoria o minima; sorvoliamo pure (o soprassediamo anche) sul fatto che esistono ed esisteranno ancora per molto, credo, lavori fisicamente usuranti; tralasciamo (o lasciamo da un lato) il fatto che ci sono - e sempre ci saranno - uomini di potere, lavoratori iper-impegnati e iper-stressati che si scelgono i proprio collaboratori e i sudditi condizionando la vita e le scelte, a volte i gusti e la mentalità degli stessi senza avere affatto e le capacità intellettuali e quelle intellettive, nonchè quelle fisiche, per ricoprire quel loro determinato ruolo o incarico di responsabilità; sta di fatto, comunque, che ogni tipo di lavoro sottrae del tempo prezioso alla vita del lavoratore costringendolo ad abituarsi ad una sorta di imbrigliamento o incarcerazione della percezione stessa del tempo. Conosco troppi casi di gente che lavora da mattina a sera su turni snervanti e non sa più cosa vuol dire Domenica o Sabato, Natale o Capodanno; ci sono anche quei casi in cui a subire una perversa metamorfosi della percezione dello scorrere delle ore, dei mesi e degli anni non è solo la mente, ma anche il corpo (pensiamo ai portieri di notte, per tornare al caso degli hotel; pensiamo al protagonista di Taxi Driver: Robert De Niro decide spontaneamente di "arruolarsi" alle fila dell'esercito dei taxisti perchè soffre d'insonnia, ma proprio quel lavoro notturno lo conduce all'estremizzazione dei suoi mali). Si può arrivare a fare come quei bambini che scambiano la notte per il giorno, il giorno per la notte, e obbligano i genitori a seguire i loro stessi ritmi distorti.
Non lo so: mi sembra tutto un'ingiustizia; soprattutto quando il lavoro che fai non ti soddisfa (ma sono davvero felici tutti quegli imprenditori, quei ricercatori, quegli scienziati che passano l'intera giornata e a volte anche più delle 24 ore a lavorare e sudare sodo?) o non ti offre qualcosa in più della semplice retribuzione in moneta sonante. Non so chi è stato il primo a dire che "il tempo è denaro". Di certo, qualcun'altro, dopo che l'ignoto autore ha espresso la massima, deve essere scattato su in piedi e, impossessandosene, l'ha convertita nello slogan - e nell'imperativo categorico a mio vedere immorale - del sistema produttivo di tipo capitalistico liberista (come è quello che regola la vita, la produzione e il consumo, la morte, quindi e in parallelo, degli individui della parte Nord e Occidentale del mondo - con un Sud che, sempre più affamato e povero, prova ad emigrare disperatamente al Nord e un Oriente Medio o Estremo che, con il passare dei secoli, si fa sempre più emulatore o, peggio, affazzonato imitatore del sistema e dei costumi di vita occidentali).
Dentro questa parentesi - chiedo venia all'eventuale lettore - lo so, me ne rendo conto, si trovano, giacciono e ristagnano i nodi ancestrali della questione "uomo sulla Terra": la povertà, la fame nel mondo, il razzismo, l'ingiustizia, gli estremismi di tipo religioso o politico, l'obesità, l'anoressia, la bulimia, la scarsità d'acqua e le pubblicità di prodotti dietetici e dimagranti diretti a popolazioni abbienti sempre più ciccione e grosse. Chiudo la parentesi e torno al detto, ribaltandolo: "il tempo non è denaro" e se lo è, ho davvero l'impressione che sia denaro sporco. Forse, voglio pensarlo ingenuamente, vivremmo tutti meglio e la Terra sarebbe un pianeta più accogliente, se tutti imparassimo un po' a perdere il nostro prezioso tempo. O a difenderlo dalle timbrature del cartellino o dai controlli fiscali di chi compila a fine mese la busta paga che ti arriva puntuale a casa e sembra ridarti vita e ossigeno quando invece...

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