Teodoro W. Adorno
Finalmente, dopo tanti anni, ho conosciuto anch'io Teodoro W. Adorno. E' il gatto di Julio Cortázar, l'autore di racconti straordinariamente fantastici (nel senso letterale del termine: ma, ora che ci penso, "fantastico" ha davvero un suo senso letterale? Da dove deriva e cosa significa letteralmente il termine phantasticus?).
Questo Adorno fece impazzire più d'una traduttrice dei racconti dell'autore de Las babas del diablo: nell'Aprile del 2005, un altro scrittore ispanoamericano, Luis Sepúlveda, quello de La gabbianella e il gatto (da cui Enzo D'Alò trasse un film molto educativo e ben fatto, anche se, a parer mio, meno bello de La freccia azzurra - vero capolavoro del cinema d'animazione) raccontò un aneddoto legato a questo problema. La traduttrice di Cortázar si era imbattuta in un Adorno che non c'entrava niente in quel contesto; all'inizio credette che doveva trattarsi di una citazione nascosta dal filosofo tedesco; poi d'un ghigno d'autore; ma alla fine dei conti era davvero surreale che Adorno, in quel brano del racconto in questione, scondinzolasse tra le gambe del protagonista. Solo dopo due telefonate a Parigi, riuscì a capire che Cortázar si stava riferendo al suo gatto. Nero, simpatico, scattante, come tutti i gatti che si rispettino (in una foto si vede Cortázar seduto davanti a una finestra; dall'altra parte Adorno che prova a graffiarlo affettuosamente, ritto sulle due zampe; non si capisce chi, tra i due - essere umano e essere animale - si diverta di più).
Ed ecco così finalmente Adorno in primo piano (anche se di spalle): l'ho trovato a p. 14 del libro-collage (specie di zibaldone o contenitore di "racconti in potentia") La vuelta al día en ochenta mundos (Madrid, Debate, 1993). La foto è ambigua, come tutte le foto che si rispettino: in realtà, non è facile stabilire se Adorno ci dia le spalle, mostrando olimpicamente il suo totale distacco dagli affanni terreni; oppure se, invece e al contrario, posa proprio in primo piano, ma il viso (e il resto del corpo) è in ombra, stagliato sullo sfondo bianco di una persiana al cui lato sinistro campeggia un mazzo di fiori costretti in vaso poggiato sul davanzale.
Cortázar deve essersi divertito molto a giocare con il suo Adorno; ed è forse per questo che gli dedica foto e diversi brani del libro (il cui titolo, è evidente, è anche un omaggio a Philieas Fogg, il protagonista del romanzo di Jules Verne, Il giro del mondo in ottanta giorni.
Quanti mondi c'entrano in un giorno? O, al contrario, e ribaltando la domanda: quanti giorni c'entrano in un mondo? Cortázar ci dice che la letteratura è ovunque; e che la finzione può scaturire anche da un gatto seduto davanti ad una finestra (o su un balcone intento a fissare un altro gatto appostato anch'esso sul davanzale della finestra della casa di fronte).
A p. 10 c'è la foto di Jules Verne: sembra Babbo Natale, con una barba bianca folta e rigogliosa e quegli occhi spiritati da esploratore instancabile di mondi "altri". In realtà, in questa immagine, Verne ricorda inevitabilmente un altro genio. Einstein, ripreso in primo piano, mentre sorride con i capelli tutti arruffati. E tra Eistein e Verne, il passo è breve. Anche se sono vissuti in due epoche diverse. Anche se probabilmente l'uno ha sempre continuato ad ignorare l'esistenza dell'altro. E di Adorno. Che siede ancora sul davanzale, e forse è ancora vivo, e scondinzola tra le gambe di Cortázar...
viernes, septiembre 28, 2007
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