Diario di bordo del viaggio verso il Sud del Mondo II
[sembra un racconto di finzione e invece è tutto vero, nomi di persone inclusi]
Dopo 7 ore di lezione, sfinito, stanco, sudato, con la cravatta snodata e la giacca sgualcita, una fame che non ci vedo proprio, ho appuntamento con una tipa, tale sig.ra Cirillo, del cui numero telefonico sono venuto a conoscenza tramite un sms di una mia carissima amica materana che ora vive e lavora a Roma e che prima (nel nostro comune passato di vicini di casa) faceva la studentessa di Psicologia nella stessa capitale. Sono le 19, 30 e l'appuntamento era previsto davanti al Tribunale per le 19. Mi reco al Tribunale e qui faccio la prima amara scoperta: cazzo, ho le chiavi dell'Aula Ferri, ho dimenicato di riconsegnarle al custode, al tipo che sta nella guardiola, al portiere dell'Università, insomma, quello davanti alla sbarra. Corro verso l'ingresso, ma la guardiola è vuota. Citofono; s'accende una lucina rossa; si sente un campanello trillare. Ma niente, del guardiano o portiere nessuna traccia. Cazzo. Se domani qualche collega vuole entrare in Aula Ferri, non potrà fare lezione perchè il sottoscritto ha sottratto indebitamente quanto non è di sua proprietà (e che doveva riconsegnare al guardiano, in base a quanto stabilito con la segretaria della Presidenza). Cazzo.
Alla fine m'infilo la chiave in tasca. E chiamo due o tre prof. di Lettere che potrebbero darmi una mano. Niente: telefonini spenti. Ritorno al Tribunale (non per deporre in merito alla sottrazione illecita) e vedo una vecchina con i capelli fucsia e un paio d'occhiali stratosferici (deve essere miope a gradi indefinibili). "E' lei professore?" (aridaglie co "professore"). E vabbè, faccio sì, sono io, lei, immagino, è la signora Cirillo. E lei: "Ah, che piacere professò, allora come sta? Allora, ci vogliamo anda a vede sta bella camera che abbiamo preparato pe lei?". Le spiego che Lucia, la mia amica materana, mi aveva detto che si trattava di un monolocale. Prezzo: 180 euro al mese. "Ma no, non le conviene, là ci sta solo una stanza" (penso: se è un mono-locale, è il minimo che consista solo d'una stanza, no?) "e poi, guardi, là ci stava uno, un ingegnere, professore pure lui all'Università, mi pare, ma sembra che ora che se ne è andato vuole metterci un amico suo architetto, quindi, professo, non le conviene, venga, venga con me che le faccio vede la camera che fa al caso suo". E nemmeno il tempo di fare due passi che, svoltato l'angolo, la sig.ra Cirillo mi presenta un tipo alto e robusto sulla cinquantina in compagnia di una ragazza in carne dai capelli neri e riccissimi, entrambi fermi e immobili in piedi davanti a una Fiat Punto verde smeraldo. "Questo è mio cognato. Si è preso la figlia di mia sorella. Si chiama Antonio; Antonio questo è il professore di cui dicevamo". Mi sono già perso nel marasma dei legami parentali quando Antonio mi stringe la mano affettuosamente e mi fa: "Allora lei è professore, eh? E che insegna, che insegna, se si può sapere, eh?". "Letteratura Spagnola, per ora", gli rispondo. E intanto mi presento alla ragazza (sulla ventina): "Piacere, Sara". "Piacere". "Allora, professo, mo lei va a casa sua insieme a Antonio, la stanno aspettando anche gli altri, in questa casa ci abitano altri tre studenti, uno di medicina, gli altri due fanno gli infermieri". Le ripeto che sarei più interessato al monolocale; allora interviene Antonio, che sembra osservare qualcuno o qualcosa dietro le mie spalle: "Ma no, professo, quello è stretto, è una stanza sola, dentro ci sta un divano letto soltanto, e poi è costretto a dormì, a mangià e a fassi il bagno tutto dentro allo stesso spazio" (aridaglie). "Allora, lei oggi vede tutto, poi se le piace e le sta bene anche il prezzo, mi sembra 170 o 180 euro, me lo dice, vabbè, me lo fa sapere per telefono che così la smette di buttà i soldi all'albergo e dorme da noi, vabbè; per noi non ci sono poblemi, per noi può dormì pure stasera là". E la sig.ra Cirillo sparisce come un fantasma dalla scena. Mi ritrovo seduto davanti alla Fiat Punto; Antonio mi racconta della sua vita, mi dice che è cieco (ecco perchè prima mi sembrava che il suo sguardo puntasse dietro di me, o fosse comunque scentrato) e mi confessa orgoglioso che è uno dei responsabili a livello regionalei di una Associazione che si occupa di aiuti ai ciechi e ai disabili in generale. Mi sta subito simpatico perchè mi sembra più razionale e pacato della sig.ra Cirillo (che è sua cognata, mi sembra d'aver capito, o sua sorella, o boh). "E' dura la carriera da professore, vero? Ma da dove viene?". Gli spiego che per ora mi muovo col pullman da Firenze. Esclama qualcosa che potrebbe essere un "cazzarola"; Sara guida con una certa solennità; poi fa una curva stretta e mi fa ondeggiare verso destra. La faccia quasi sul finestrino. "Anche Sara studia". Le chiedo cosa: il primo anno di Scienze Alimentari. Mi complimento, tanto per dire qualcosa. Ma anche lei mi sta simpatica.
Arriviamo alla fantomatica casa; dentro ci sono tre donne, una sulla quarantina (piacente e vestita come una velina); una sulla cinquantina (cicciona e dal viso arcigno; indossa una pelliccia di non so che animale); una sulla sessantina (assomiglia in modo impressionante alla Cirillo). Mi riempiono di chiacchiere. Una mi spinge in cucina e mi offre un bicchiere di vino; un'altra mi mostra la stanza (spaziosa ma tristemente spoglia) e un'altra ancora mi spiega che "professo, non si preoccupi, se deve arriva all'Università qua dietro ci sta il tram e pure l'autobus; ma beva, beva un bicchierino di vino, sù". Poi mi presentano fugacemente gli altri coinquilini (piacere, piacere); e intanto Antonio girovagando per l'ingresso chiede a Sara che fine abbia fatto perchè non mi sente più parlare; Sara glielo dice: "Sta qua dietro, zio" (ma come, è sua nipote?). "Ora decide lei professo, intanto l'ha vista, poi faccia lei". La donna vestita da velina sculettando se ne va. L'altra mi scrive su un pezzo di carta il suo numero di telefono (qua ci sta il bagno, me ne ero scordata). L'altra ancora, quella arcigna, mi dice "arrivederci" sbattendo forte la porta.
"Ora la riaccompagnamo all'hotel, va bene?". Sara si rimette al volante e guida con calma, facendo attenzione ai pedoni. Antonio mi dice che se voglio posso andarlo a trovare presso il suo centro per disabili (mi spiega che ci sono 6 postazioni internet gratis per tutti). Poi mi scaricano davanti al tribunale. L'hotel è vicino. Spiego loro che preferisco fare due passi da solo a piedi. E così, mi ritrovo a correggere una tesi mezzo sbronzo sul tavolo della hall (non ho ancora mangiato niente dalle 15 e ho bevuto già 2 bicchieri di Aglianico). Osservo inebetito un numero di telefono scritto su un pezzo di carta e non ricordo più a quale nipote, zia, figlia, suocera o nuora della mitica sig.ra Cirillo appartiene. E chissà dov'è a quest'ora, la Cirillo. Forse crede davvero che sia rimasto a dormire da loro. E non sa che sono ancora in albergo. Non sospetta che stanotte riparto per Firenze, senza aver ancora deciso cosa fare di quella stanza in quella casa popolata da donne d'altri tempi...
jueves, marzo 13, 2008
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