viernes, abril 09, 2010

Spider di David Cronenberg e The Rocky Horror Picture Show di Jim Sharman: cosa hanno in comune?

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Mentre leggo Dublinesca, ovvero, l'ultimo romanzo di quel folle di Enrique Vila-Matas (l'ultimo - o il primo, dipende - scrittore dandy degli anni 10 di questo XXI secolo), m'imbatto in una sottilissima analisi cinematografica che spinge il protagonista a comparare e mettere in relazione tra loro Spider (2002) di David Cronenberg con Deserto rosso (1964) di Michelangelo Antonioni: due film sull'incomunicabilità e sul rischio che ognuno di noi corre di diventare pazzo se non riesce a rimettere a posto i pezzi del puzzle che costituiscono la nostra vita e la nostra identità (in perenne, pericolosa, a volte ineluttabile, dispersione o caduta libera verso il baratro). Il narratore cita quella frase famosa che pronuncia Monica Vitti e che fa letteralmente venire la pelle d'oca: "Mi fanno male i capelli". E mentre continuo a leggere questo strano romanzo, vengo a sapere che la (splendida) fotografia di Spider è a cura di un certo Peter Suschitzky. Perché il narratore avrà voluto specificare il nome del fotografo? E chi era il fotografo di Deserto rosso (film sperimentale proprio in quanto a fotografia; tant'è che è uno dei primi film a colori di Antonioni - su Wikipedia, le parole del regista: "La storia è nata a colori [...] Siamo circondati sempre più di oggetti colorati, la plastica, che è un elemento molto moderno, è a colori")? Il fotografo di Deserto rosso si chiama Carlo Di Palma. Non è, quindi, Peter Suschitzky.

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Poi ricevo un'email, da parte di una cara collega e amica, che mi segnala su YouTube un video dal titolo "Not I", una roba strana, un primo piano quasi osceno di una bocca che muove le labbra e mostra i denti in primissimo piano e dice cose sconnesse (o che, per il mio scarso inglese, suonano tali). Si tratta di Samuel Beckett, uno dei suoi tanti monologhi interiori o flussi di coscienza senza punteggiatura o con la punteggiatura sballata.

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Questo video (o corto o mini-film o performance o como diavolo la si voglia chiamare) è citato all'inizio di un altro film: è sempre la mia amica a farmelo notare, mandandomi il secondo link, sull'ormai classico musical il cui poster campeggia nello studio di Dylan Dog: The Rocky Horror Picture Show (1975) diretto da Jim Sharman. E chi è il fotografo? No, non è Carlo Di Palma, ma, ancora una volta, lui, Peter, sì, è proprio lui, ho letto bene, è Peter Suschitzky, lo stesso di Spider. E allora capisco quanto possa essere pericoloso dipendere da internet, abusare di Google, fare troppe ricerche su Wikipedia, diventare un "autista informatico" (o "dipendente dal computer"), come è Riba, l'editore protagonista del romanzo di Vila-Matas. E capisco perché possiamo definire Peter Suschitzky un genio. E domandarci quanti altri film abbia "fotografato" dal 1975 (anno dell'apparizione del rivoluzionario musical horror) al 2002, e se è ancora in attività. Ma per saperlo dovrei rimettermi su Wikipedia, o fare ricerche su Google, e rischiare di tralasciare la lettura di Dublinesca, e non mi va di smettere di leggerlo, né ho voglia di diventare anch'io, come Riba, un "dipendente da computer", un drogato di informatica, uno schiavo dell'era digitale, così piena di colori, di plastica, di immagini come dice Antonioni del suo Deserto rosso, un film che, a quanto ricordo, è privo di musica, non c'è quasi musica che accompagni la colonna sonora, solo i rumori e i suoni delle fabbriche che circondano la casa di Monica Vitti, una che, come il protagonista perturbato del film di Cronenberg, non riesce più a capire chi sia, né a comunicare il suo malessere agli altri, una cui, addirittura, fanno male i capelli...

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P.S.: quanti anni avrà, oggi, Peter Suschitzky? E se fosse morto? E se, prima di morire, avesse collaborato anche con Michelangelo Antonioni?

Qui sotto il prologo di The Rocky Horror Picture Show:

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