domingo, junio 27, 2010

FRANCESCO ORLANDO SORRIDE SORNIONE (in memoriam)


Francesco Orlando sorride sornione. I capelli grigi tirati all'indietro, come fossero stati stirati, e rasati (o piuttosto corti) ai lati, gli occhi neri che fissano l'obiettivo senza timore, le labbra sottili mentre sorride, e quel sorriso produce le tipiche fossette ai lati della bocca, il naso pronunciato, ma nobile, le borse sotto gli occhi tipiche di chi legge molto e tira tardi la notte, Orlando appoggia la mano destra al mento come chi sa di essere fotografato per un ritratto e vuole fare bella figura (ripeto: non c'è segnale di timidezza alcuna, in questa immagine; né di timore reverenziale o vergogna verso il fotografo e l'eventuale futuro spettatore).

Vestito elegante, sembra un uomo d'altri tempi: questa foto potrebbe essere stata scattata anche negli anni 40 o 50 (non fosse per il colore - o fosse stata stampata in bianco e nero). Le orecchie grandi, la testa sinceramente più grande rispetto al resto del corpo che si può intuire dal mezzo busto in primo piano della foto, ha l'aria di chi tutto ascolta e tutto registra (non gli sfugge niente di quanto dice o possa dire l'eventuale interlocutore). Per la professione svolta (professore universitario), Orlando dimostra in questa foto d'avere una qualità che non tutti i docenti hanno: quella di saper ascoltare chi gli sta davanti (quando, in genere e solitamente, i professori sono coloro che parlano a chi sta loro davanti - a quella massa spesso amorfa ed eterogenea di ascoltatori giovani e distratti). Orlando parla e sa parlare con abilità di retore; ma è anche uno che ascolta e sa ascoltare come fosse un analista. Non critica mai il suo interlocutore in modo netto, la sua eleganza si esprime anche quando non si professa d'accordo con l'altro. Orlando parla, spiega e fa domande: e ascolta ogni domanda, come se ognuna delle domande che provengono dal pubblico fosse degna di estrema attenzione e di una risposta (anche quando, magari, è lontana o si allontana dalla questione dibattuta principale).

Elegante nel vestire, ma prima ancora, nel parlare, Orlando può discettare di Wagner o di Proust; della letteratura romantica inglese o del surrealismo francese primonovecentesco; di Shakespeare o di Flaubert; di Cervantes o del Don Juan di Tirso de Molina con una padronanza tale dell'argomento da lasciare esterrefatti anche gli specialisti delle varie discipline o aree linguistiche. Di fatto, nato francesista, Orlando si trasforma negli anni in "teorico della letteratura" e "comparatista" puro, capace di studiare i nodi centrali della letteratura stessa a partire da una qualsivoglia letteratura nazionale (si lamentava solo di non conoscere il russo; per il resto, credo che leggesse in originale i testi inglesi, spagnoli, portoghesi o tedeschi che gli capitavano sotto mano).

Elegante e abilissimo nell'accogliere le critiche degli altri, era in grado di smontare il discorso dell'altro per dimostrarne carenze o vuoti o contraddizioni. Orlando partiva sempre dalle premesse del proprio metodo d'indagine: e una volta che lo si accettava, era impossibile non dirsi d'accordo con lui quando si arrivava (tutti insieme - docente e discenti) alla soluzione (parziale) del quesito (o della questione letteraria dibattuta in classe).

Abile nella retorica anche quando scrive: non si possono leggere (oggi) i saggi di Francesco Orlando con la stessa facilità con cui si leggono gli altri critici o teorici della letteratura. E il punto è che, anche quando scrive di letteratura in modo teorico, Orlando non smette mai di preoccuparsi dello stile con cui sviluppa le sue argomentazioni, uno stile fatto di periodi brevi, ma densi, di un linguaggio colto, a volte erudito, ma mai serioso; uno stile contraddistinto dall'erudizione dello specialista e dall'ironia del romanziere che conosce già la fine, sa come terminerà la trama...anche se, prima d'arrivare alla fine, tempesta il suo discorso di tesi e antitesi, di paradossi e enigmi che appaiono insolubili o insanabili... Quanti problemi avranno trovato nella loro versione i traduttori inglesi de Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura (del 1996 - quello che, a mio modesto parere, resta uno dei libri più belli e geniali di Orlando)!

Ma torniamo alla foto: qui il prof. Orlando sorride sornione. E' il sorriso di chi sa perfettamente per quale motivo il fotografo stia scattando proprio quella foto (in primo piano); è il sorriso dell'uomo elegante anche un po' narcisista, che non prova vergogna davanti alla macchina fotografica. Di uno che sa il fatto suo, che è abituato a essere osservato e che, soprattutto, sa osservare attentamente l'altro. Quegli occhi scuri sembrano indagare (a loro volta) l'obiettivo del fotografo che tenta di carpire l'essenza dello sguardo dell'indagato... Sono occhi di chi sa ascoltare e vedere oltre l'apparenza. E in un certo senso sono anche occhi "perturbanti" proprio perché sembrano capovolgere le intenzioni del fotografo (o dell'obiettivo della macchina fotografica): "non sei tu che mi scopri, sono io che tento di scoprire chi sei e cosa vuoi da me". Sono occhi che possono incutere timore, se li svisceriamo dal contesto di quel mezzo busto di uomo elegante e gentile che sembra uscito da un film degli anni 40 o 50. Gli occhi di un professore universitario che ne sa una più del diavolo. E che, ne sono certo, mancherà ai tanti studenti che lo hanno conosciuto in vita e ne hanno seguito - entusiasti - i corsi su "Teoria della letteratura"...

3 comentarios:

  1. Bellissimo ritratto! Io l'ho incontrato quando ero ancora troppo giovane....

    Alessandra

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  2. Io, invece, l'ho incontrato grazie a un amico dottorando e con lui seguii il corso sul Soprannaturale in Letteratura: fu una folgorazione, un divertimento costante e uno stimolo intellettuale incredibile...Dei pochi che sapevano davvero trasmettere la passione per la letteratura e per lo studio della stessa. Un saluto,
    Rendl

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