sábado, marzo 24, 2012

Non sono io che me le cerco


Mentre fuori è scesa la notte e si è messo a piovere a dirotto, mentre sistemo i libri che mi sono portato da Roma (e che devo ancora sfogliare) e rimetto a posto il telefono dopo una lunga chiacchierata con Dany, una delle mie amiche più care e longeve, mi ritornano in mente due scenette che ho presenziato di recente e che, a quanto pare, sembrano fare "rima" tra loro, a prescindere dal fatto che si siano svolte in due città diverse e con due donne diverse (oltre che d'età diversa, anche di carattere diverso, di un diverso taglio degli occhi e dei capelli, dotate ciascuna di un diverso senso del dovere o del piacere...).

Scenetta n. 1: Salerno, nei pressi della libreria Feltrinelli, e a pochi passi da una delle migliori pizzerie della città.

Luisa è una dottoranda che conosco da Settembre; in realtà, ci siamo incrociati all'Università solo un paio di volte ed entrambe le volte solo per dirci le solite tre o quattro frasi fatte e domande di rito (come va? come procede la tesi? e quando la discuti? e tu che fai? e quand'è che parteciperai a quel convegno? hai fatto molte lezioni fino a oggi? e gli esami? quanti erano gli iscritti?). 

Oggi, però, qualcosa è cambiato, Luisa è piuttosto "espansiva", non appena mi vede mi si butta al collo, mi abbraccia con una foga che mi lascia alquanto a bocca aperta, non abbiamo tutta questa confidenza, non so come mai si comporti in questo modo così disinvolto, per un momento la mia vanità viene solleticata e il mio orgoglio maschile stuzzicato fino a spingermi a ipotizzare un certo interessamento che esula dalla pura e semplice conoscenza formale o amicale, chissà che non gli piaccia, chissà che mi vuole raccontare questa qua, oggi...

"Como sono contenta di vederti, sai?".
"Anch'io! Andiamo a mangiare una pizza qui a fianco? Fanno una pizza con mozzarella di bufala che è la fine del mondo", propongo, galante e gentile.

Luisa accetta immediatamente, non se lo lascia ripetere due volte e mi prende sottobraccio. Non capisco. Resto di stucco. Luisa è bella, davvero, una gran bella ragazza, con i capelli neri ricci ricci e lunghi raccolti (stamattina) in una lunga coda e con gli occhi verdi luminosi, uno sguardo ingenuo e, al contempo, malizioso (o capace di malizia, se ci s'impegna, se decide che è giunto il tuo momento e che è giunta l'ora di accalappiarti... di farti suo schiavo per sempre...). E approfitta subito della situazione per parlarmi dei fatti suoi, di un suo cruccio, di un problema che la turba, noto delle occhiaie, in effetti, Luisa deve dormire poco, ultimamente, altrimenti non si spiega quest'aria stanca, come di qualcuno che ha rinunciato a vivere a pieno ritmo, anche se si sforza di sorridermi ogni due minuti, sì, dai, andiamo a mangiare la pizza con la mozzarella di bufala, io l'adoro la mozzarella di bufala...

E comincia a confessarmi che non sa che pesci pigliare: è fidanzata da 12 anni con lo stesso ragazzo (12 anni? Strabuzzo gli occhi, e non credo alle mie orecchie - nel frattempo, tanto il mio orgoglio che la mia vanità maschile vanno a farsi fottere), è in crisi, è stata a New York per studio per un paio di mesi e lì la crisi (e i dubbi) sono aumentati.

"Luisa, ascoltami, sono più grande di te, ci sono passato: è normalissimo che tu sia in crisi, dopo 12 anni con la stessa persona, sei umana, voglio dire, è normale che se vai a New York e avevate già litigato...".
"Ma non è solo questo il punto...", dice, con tono amareggiato; fa la faccia triste, è un unico dubbio ambulante, questa ragazza che ho davanti, con questi occhi così belli e splendenti, nonostante la stanchezza e l''insonnia...Dio, che bella che sei, Luisa...

E mi confessa che lì, a New York, mentre faceva le sue ricerche su Faulkner e il romanzo americano degli anni 30-40 si è invaghita di un altro, uno studente di Filosofia, un turco che vive a Manhattan e che sì, insomma, si sono baciati... E ora si sente chiaramente in colpa...

"Ma allora lo vedi, sei normale, è normale che tu l'abbia baciato, non si può pretendere di essere fedeli a una persona quando, magari, c'è crisi e l'amore è cambiato, o non c'è più passione, e l'amore diventa qualcos'altro, ben venga questo flirt con il turco, ben venga un po' di cambiamento, no?" (e intanto sia il mio orgoglio maschile che la mia fatua vanità si sono impiccati al lampione della piazzetta che vediamo entrambi dal nostro tavolino imbandito).

E Luisa continua, si confessa, non si ferma più, è un fiume in piena, e ogni tanto sembra sull'orlo di piangere in un pianto consolatorio, uno sfogo, penso, mi sta "usando" come fossi un fratello maggiore, o un padre, un confessore o uno psichiatra, questa ragazza si sente in colpa e non sa come lasciare il fidanzato storico, non sa come mettere fine a una storia durata anche troppo, e si sta confessando con me perché non ha mai trovato il coraggio di parlarne con la sua migliore amica, che potrebbe giudicarla e condannarla moralmente, mentre io sono un quasi-perfetto-sconosciuto, a me non mi conosce, non sa chi sono, sa solo che siamo "colleghi", e mi sento anche un po' in imbarazzo a ricoprire il ruolo di quello che dà consigli, ma sì, ci sono passato anch'io, anch'io, quando ero sul punto di rompere con la mia ex storica mi sentivo una merda, mi sentivo in colpa, e poi i suoceri, e i genitori, tua madre e tuo padre che si aspettano che vi sposiate e invece tu te ne tornerai a New York, a fare i tuoi studi nella "National Library" e ad amare un altro, un turco, è normale, credimi, Luisa, il consiglio che posso darti è: non starli a sentire, segui il tuo destino, non pensare al tuo ragazzo storico, non stare a sentire le voci della gente, non è detto che tu debba sposarti, se non te la senti, non trovi?

E avrei tanto voglia di abbracciarla e, di fatto, Luisa mi abbraccia, mi si stringe forte al petto, con la testa sul petto, quando, finite le nostre margherite con la bufala, mi dice "grazie", grazie per averla ascoltata, grazie per averle detto ciò che ho appena detto, grazie tante, davvero, sei un bravo ascoltatore, non mi ero mai aperta così tanto, nemmeno con la mia migliore amica... 

Scenetta 2. Livorno. Nei pressi della Terrazza Mascagni, all'ora del tramonto (tutto molto bello, e tutto molto romantico).

Marta mi prende per mano. Siamo amici da circa un annetto buono. Ci vediamo di rado, perché io non vivo più in Toscana e lei, per lavoro, viaggia molto tra Milano e Roma. L'ultima volta, di fatto, ci siamo visti a Roma, e abbiamo mangiato al volo e insieme da "Spizzico" (una schifosissima pizza "plastificata", rispetto a quelle che si possono degustare a Salerno). 

Mi prende per mano, Marta, e io strabuzzo gli occhi e mi dico: "Wow, sta succedendo proprio a me, chissà ora che mi vuole dire, o chissà che vuole fare, a quest'ora della sera, quando il sole è una palla rosso fuoco che sta per calare definitivamente sull'orizzonte e il mare è calmo e le onde rumoreggiano como loro solito sbattendo sugli scogli pazienti, chissà se, entro questa sera, non ci baceremo, con la lingua, con trasporto, con passione...".

"Ti ricordi dell'ultima volta? Di quando ti parlai di "lui", del mio "lui"?". Ecco, penso, ci risiamo, Marta deve parlarmi del suo "lui", e non immagina minimamente che a me possa dare fastidio, va bene essere amici, ma perché parlare sempre di quel coglione del suo amante? Un uomo sposato che le promette che lascerà la moglie e che, invece, e come da copione, preferisce stare con un solo piede in due staffe (come tanti)?

"L'ho lasciato, ieri, definitivamente, sai?". Toh! Mi verrebbe da esclamare, e poi da esultare, ma non lo faccio per rispetto (io rispetto le mie amiche, su questo non ci sono dubbi, sono ancora un cavaliere, quando voglio...).

"E come è successo?". E Marta comincia a raccontare, lei che è così sicura di sé (il contrario di Luisa, la dottoranda) si spoglia e si mette a nudo davanti alla mia coscienza, mi parla dei dubbi e dei mille ripensamenti, mi guarda le vene della mano destra che mi stringe come se potesse cadere da un momento all'altro e io fossi l'unico essere umano a cui aggrapparsi in quel momento, e mi parla di come e quando e perché è successo (lei non ce la faceva più a sopportare una situazione del genere, era stufa di sentirgli fare tante promesse mai mantenute e iniziava a farle schifo sapere che, dopo aver scopato con lei, magari la sera stessa, tornava a casa per adempiere ai suoi doveri coniugali con l'altra, la povera illusa, la povera ignara, e il racconto si riempie di dettagli scabrosi, e Marta ricorda ogni singola frase detta con rabbia al suo amante ipocrita e bugiardo, un contafrottole, uno buono a nulla, e ogni tanto le scappa qualche parolaccia, mi fa ridere Marta, quando s'arrabbia e fa la faccia incazzata, e poi mi lascia la mano, smettiamo di passeggiare sulla Terrazza Mascagni come due fidanzati, e infine si domanda - e mi domanda - retoricamente: "Ma ti rendi conto che stronzo? Te ne rendi conto?", e io non posso che fare di sì con la testa, annuisco e penso: "Nemmeno stasera ci baceremo, e forse è un bene, io sto a Sud, lei a Nord, e viaggia più di me, sarebbe complicato vedersi, anche solo per un rapporto di stampo puramente passionale o sessuale, è bella Marta, bionda, occhi azzurri, il contrario di Luisa, la dottoranda, una donna più grande, una donna fatta, che ha la sua indipendenza economica e che, pur sembrando così forte e disinvolta, ha dovuto sudare le famose sette camice prima di prendere l'unica decisione giusta, e mandare affanculo quel pezzo di merda d'un ipocrita adultero...).

E mettendo a confronto la scenetta 1 con la scenetta 2 mi viene da pensare e mi viene da dire che non sono io che me le cerco, non so perché, non so come mai, ma sono loro, le donne, a venire da me a raccontarmi le loro cose più intime e dolorose, sono loro che mi fanno le loro confessioni, e forse mi vedono come un tipo tranquillo, un amico cui è possibile raccontare certe cose, con cui è possibile condividere certi dubbi esistenziali, uno di cui ci si può fidare... E mi viene in mente anche quell'altra frase, di un'altra (l'ennesima) amica giornalista: "Quando una ti guarda pensa subito: "Questo qui non può farmi del male"... e però sei uomo, si sa che prima o poi anche tu farai lo stronzo"... E continuo a riflettere su queste parole e a pensare (auto-giustificandomi): "Non sono io che le me cerco, ragazze, siete voi che venite a raccontarmi le vostre cose di vostra spontanea volontà, io mi limito ad ascoltare, lo sapete, no?" (domanda retorica, come altre in questa storia...)

2 comentarios:

  1. Mi piace come scrivi e per la cronaca sei stato "friendzoned" se mi passi il termine inglese :)
    In bocca al lupo con tutte queste donne!

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  2. Grazie, Frou svedese! Ma anche tu scrivi bene, mi sono fatto un paio di risate, leggendoti! E questo mi conferma che sì, anche voi donne avete il "senso of humor" spiccato e, soprattutto, l'autoironia. Ti passo il neologismo inglese; è la prima volta che lo sento, "friendzoned"... E crepi, sto lupo

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