lunes, marzo 10, 2014

Kassel no invita a la lógica, di Enrique Vila-Matas: un "libro" su un autore invitato a scrivere in pubblico non si sa bene per quale oscuro motivo

Sono un fan (come molti) di Enrique Vila-Matas, questo signore qui:


Ho letto praticamente tutti i suoi libri. E come sempre, quando compro il suo ultimo "parto", mi ritrovo a domandarmi: "Ma cosa significa? Dove vuole portarmi con questo nuovo esperimento narrativo? Che senso ha questo esperimento narrativo?".

Le stesse domande me le sono fatte dopo aver raggiunto l'ultima frase di Kassel no invita a la lógica (Barcelona, Seix Barral, 2014), un "libro" strano perché si presenta come un romanzo ma è, al contempo, una sorta di diario di viaggio, un pezzo di autobiografia (fittizia), un saggio sull'arte contemporanea.

La trama (se di "trama" possiamo parlare) è la seguente: uno scrittore (anonimo, ma che si inventa 2 maschere all'interno del "libro": Autre e Piniowski) viene interrotto da una telefonata improvvisa di una fanciulla dalla voce sensuale che lo invita a partecipare a un'installazione artistica presso la "Documenta 13", la più grande mostra di arte contemporanea organizzata nella città tedesca del titolo. 

Lo scrittore dovrà limitarsi a scrivere stando seduto all'interno di un ristorante cinese poco distante dal centro della mostra stessa. I curiosi spettatori potranno avvicinarglisi e fargli domande su quanto va scrivendo in un bloc-notes rosso.

In realtà, nel corso della telefonata, la fanciulla riuscirà a convincere l'autore ad accettare e a prendere l'aereo per Kassel perché gli prospetta la possibilità di capire "il mistero dell'universo", ovvero, "il senso ultimo della vita".

Ecco: già da questi presupposti si può capire quanto sia folle il Nostro, quanto giochi con il lettore, quanto rischi al momento di narrare ciò che è impossibile mettere per iscritto (il mistero dell'universo? Il senso ultimo della vita? Ma siamo matti?).

Kassel non solo non invita alla logica, ma sembra trasformarsi nel corso della narrazione in una porta d'ingresso ideale, perfetta, verso la follia.

Il narratore che sembra coincidere con l'autore (ma che è anche Autre e Piniowski) ci descrive con ricchezza di dettagli tutte le opere d'arte contemporanea più strambe e folli che ci siano e, poco a poco, va scoprendo come quelle stesse opere d'arte lo spingano a scrivere, a creare arte, a fare con le parole scritte qualcosa di nuovo, di originale, di non prestabilito, di non canonico...

Di cosa parla allora questo "libro"? Di uno scrittore che, a contatto con frammenti eccellenti dell'arte contemporanea, si domanda in cosa consiste creare "arte" o vivere dell' "arte". Di uno scrittore che riflette sul mondo circostante e su quello del passato (molti i riferimenti alle vittime della seconda guerra mondiale, al nazismo, a Hitler, alla Germania che creò uno degli incubi peggiori della storia recente). Di uno scrittore che riflettendo scrive di sè, dei suoi alti e bassi, della sua felicità al mattino e della sua apatia e tragica tristezza alla sera (secondo uno schema tragicomico di "euforia" e "abbattimento", "eccitazione mattutina" e "nichilismo notturno"). Di uno scrittore che spera che l'arte possa tornare ad occupare uno spazio centrale, all'interno del mondo contemporaneo (dove tutto è meccanizzato, strumentalizzato dal denaro, dal sistema capitalista, dalla fretta di consumare, dalla "falsa arte" di chi sfrutta l'arte solo per motivi egoistici o economici).

Kassel no invita a la lógica, recita il titolo, che ha origini italiane; fu Italo Calvino a dire di Torino che è una città che "invita alla logica" e, dunque, alla "follia". Ecco cosa scrisse l'autore de Le città invisibili in un pezzo su Torino:

"Torino è una città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica, e attraverso la logica apre la via alla follia".

Dice il narratore del libro di Vila-Matas che qui Calvino si sta riferendo all'esperienza tragica di Nietzsche che, quando viveva a Torino, finì col diventare pazzo e con l'accarezzare un cavallo come fosse un bambino.

Alla fine della lettura di questo "libro", possiamo certo ammettere che anche Kassel, come Torino, invita alla follia. E che Vila-Matas è uno degli autori più folli e stravaganti e spiazzanti che esistano nell'ambito della letteratura europea. Uno che sorprende e spiazza, che lascia il lettore in balia di una quantità impressionante di citazioni letterarie, uno che dialoga con la letteratura e con la cultura del passato per cercare le chiavi che permettano d'interpretare correttamente il presente e il futuro. Uno che si sente forte ed energico la mattina e triste e depresso al calar del sole. Uno che accetta gli inviti ad andare a Kassel (o a Torino).

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