martes, marzo 04, 2014

UN SOGNO LETTERARIO



“Dunque, la situazione è la seguente: siamo in una casa al mare, in un posto tipo "Le Cinque Terre" (anche se non so come siano fatte perché io non ci sono mai stato) o tipo San Vincenzo, vicino Livorno...

Abbiamo appena finito di fare l'amore (o sesso selvaggio, dipende) e tu, coi capelli al vento, ti alzi per fumare una sigaretta.

Mi chiedi se ne voglio una e ti dico di no, che ho smesso. Poi telefoni a uno e io inizio a intuire che si tratta di un amante.

Mentre penso a quello che farai, al vestito che indosserai, al profumo che userai per vedere l'amante anonimo, giro per casa in vestaglia (la stessa che hai tu in casa a Pisa, la stessa identica vestaglia con cui ti sei presentata una mattina al mio cospetto per fare colazione insieme – e mi criticasti dandomi del “selvaggio” solo per aver infilato il mignolo nel pentolino del latte per tastare se era caldo abbastanza…).

Poi rientro in camera e tu hai posizionato un proiettore sul letto e videoproietti un film (ma non capisco di quale film si tratti, riesco a sentire solo parte della colonna sonora, rumori di fondo, piatti che si rompono, forse una coppia che litiga).

"Esci?", ti chiedo.

E tu - reggiti forte - mi rispondi: "Certo, ogni uomo è artefice del proprio destino".

Io ci resto male, diciamo pure che resto come uno scemo a guardarti, inebetito e impotente dinanzi alle tue parole.

Tu te ne vai con una minigonna vertiginosa, nera, luccicante e scarpe coi tacchi alti...

Il sogno (o l'incubo) finisce qua...

La cosa più assurda di tutte? Il fatto che nel sogno mi dicevi quella frase che - bada bene - non è una frase qualunque, è una citazione da Appio Claudio Cieco (ma attribuita anche a Sallustio):

"Faber est suae quisque fortunae"...

Tu dimmi... no, dico: tu dimmi se è normale (e se tu sei normale)! Ma non potevi apparirmi solo in un sogno erotico? Privo di citazioni dalle auctoritates? Non potevi uscirtene con una frase meno letteraria e un pochettino più realista?

Un bacio, pazza…”

Questo è – nella sua versione integrale – il messaggio che ho mandato questa mattina alla mia cara amica e collega protagonista “irreale” del sogno.

Non so se e quando mi risponderà, per darmi la sua versione dei fatti, o meglio, la sua ipotesi d’interpretazione del “testo onirico” (perché lei di certo lo definirebbe così, un “testo onirico”, e non semplicemente un “sogno” o un “incubo”, come farebbe invece il resto dei comuni mortali – lo Strutturalismo ha fatto davvero tanti danni, dagli anni 70 in poi, in ambito accademico e non solo….).

Di certo so che pagherei anche una bella cifra per sapere che cazzo di film stia proiettando nel sogno Selene; sempre che si tratti di un film “vero” o “certificabile”, un film che è stato davvero girato sul piano del “reale” e non solo per me e da me diretto all’interno di quell’altro film che è un “testo onirico” come questo che ho riassunto più sopra.

Quanti film parlano di crisi di coppia? Quanti illustrano la tipica scenetta in cui lei prende e si mette a distruggere i piatti del servizio buono? Una marea… La storia del cinema ne è piena…

E poi mi domando: ma perché Selene nel sogno (o incubo) mi parla per citazioni letterarie? E soprattutto: come cazzo ho fatto io a sognare una citazione letteraria quando pensavo di non conoscerla affatto?

Prima di questa mattina io non sapevo che si trattasse di una citazione, o di una “frase storica”, come si suol dire; né sapevo dell’esistenza di Sallustio né, tantomeno, di quella di Appio Claudio Cieco, un letterato romano vissuto tra il 350 e il 271 a.C. (ovvero, se ci atteniamo alle date e diamo credito a quanto racconta Wikipedia – non tra le fonti più affidabili che ci siano in giro oggigiorno – uno morto alla veneranda età di 79 anni! Un’età davvero veneranda, calcolando che all’epoca si poteva morire per un raffreddore mal curato…).

E mi domando, infine, ma perché? Perché dovrei essere geloso di Selene, che è sì un’amica, una confidente, una specie di seconda sorella per me, ma, appunto, niente di più, né una fidanzata né una ex né, tantomeno, un’amante?

Che razza di sentimenti nutro io verso una come Selene? (certo che è bella, una delle donne più belle e affascinanti che conosca, e certo che una minigonna nera e luccicante le donerebbe, anche se io preferisco vederla con addosso una gonna più lunga e più classica, più nel suo stile “professorale”, diciamo). 

Che cosa ha spinto il mio cervello a pensare alla gelosia e a collegare questo sentimento (così pericoloso) a un volto così simpatico e affascinante, così pulito e acqua e sapone com’è il volto di Selene?

E perché quella frase che non è altro che una traduzione dal latino?
Che cazzo vuol dire, davvero, nella sua essenza, la frase: “Ogni uomo è artefice del proprio destino”? Che significa? 

Si tratta, forse, di un messaggio poi nemmeno così tanto subliminale che io stesso invio a me stesso per il tramite di Selene affinché mi assuma totalmente le mie sacrosante responsabilità circa la vita che conduco e che, bontà mia, mi sto costruendo con le mie mani e da solo qui in terra straniera? 

Sarà una specie di “pubblicità positiva” che io stesso recito a me stesso affinché mi senta meno oppresso dal senso di stress che a volte mi attanaglia e mi spinge a fare incubi davvero assurdi, oltre che assai spaventosi?

Selene, per favore, rispondimi, dimmi che ne pensi, dammi una tua versione dei fatti (o, ancora meglio, la tua ipotesi interpretativa su questo pazzo “testo onirico”). Sto aspettando. Scrivimi. Sono tutto orecchi… Sono tutto occhi... Scrivimi, dai...

1 comentario:

  1. È arrivata la risposta di Selene, sintetica, efficace, definitiva: "Quella non sono io: è il tuo subconscio"... Mah!

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