L'ultima innocenza di Emiliano Morreale
È un libro affascinante, L'ultima innocenza, di Emiliano Morreale. E lo è per diversi motivi: 1) è un libro sul cinema, ma che permette di leggere una serie di "storie alternative" alle storie del cinema "ufficiali": il narratore si presenta spesso sotto le spoglie di un indagatore, un investigatore, un detective privato che va alla ricerca del dettaglio che potrebbe spiegare il tutto, dei nomi dimenticati, delle maestranze e degli sceneggiatori caduti nell'oblio; 2) è un libro di racconti (6 per essere esatti) e il lettore può leggerli separatamente, assaggiarli uno ad uno senza fretta, anche se l'ordine in cui sono distruibiti segue una struttura che poi porta alla parola "Fine"; 3) è un libro di racconti sul cinema dimenticato (o più marginale) scritto con stile cinematografico. Ciò è evidente soprattutto nell'ultimo racconto, quello che s'intitola "La donna perduta", in cui l'io che parla passa il lockdown rinchiuso in casa (come tutti) per cercare di digerire un'abbandono amoroso e per tentare di ricostruire la vita di Dorothy Gibson, un'attrice sfortunata che si salvò dal disastro del Titanic, ma non da un destino triste che l'ha portata in contatto perfino con Indro Montanelli e lo spionaggio a metà tra i russi e gli americani sul finire della Seconda Guerra Mondiale; 4) è un libro pieno di comicità trattenuta o, a tratti, esplicita: come nel caso di "E se tu non vieni", un racconto in cui chi narra finisce a casa di uno dei maggiori esperti di cinema pornografico italiano e lì scopre dettagli che non avrebbe mai immaginato sulla settima arte (oltre che sul senso dei cinema di periferia, delle sale vietate ai minori, ormai cadute anch'esse nell'oblio).
Uno dei racconti migliori è quello che dà il titolo al libro intero: Come le foglie al vento ricostruisce i destini incrociati (o le vite parallele) di Douglas Sirk e di Veit Harlan: il primo autore di alcuni dei classici atemporali della storia del cinema mondiale; il secondo regista di uno dei film più immorali e disgustosi di sempre, Süss l'ebreo, commissionato e molto elogiato da Goebbles.
Triste e a tratti agghiacciante "Tutto sarà perdonato", in cui il lettore potrà osservare i retroscena di quel cinema indipendente che cresceva calvacando l'onda lunga del 68 parigino e seguire le sventure esistenziali di registi e attori e intellettuali naufragati sugli scogli della Storia; grottesco e quasi surrealista "La terra dei sogni", una specie de reportage sui legami tra la Mafia, il cinema e i rapporti conflittuali tra padri e figli, con i padri impegnati a mantenere alto l'onore del clan e i figli impegnati a infangare o sporcare quell'onore per la fregola di diventare artisti.
Il secondo racconto s'intitola semplicemente "W." e narra la biografia di Waszynski, un personaggio che sembra essere uscito fuori da un romanzo di Graham Greene o da F. for Fake di Orson Welles.
Se la "magnifica ossessione" per il cinema può essere sia "erotica" che "necrofila", con L'ultima innocenza Morreale ci insegna che è bene seguire le proprie ossessioni, che la scrittura può salvare, che fino a quando si resta nel ricordo o nella memoria degli altri, si è ancora in vita (anche se la vita è breve e non c'è film che possa raccontarcela per intero né potrà mai spiegarcela).
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