Parlare con i morti: su Paul Auster e il suo ultimo romanzo
Le coincidenze non esistono. O
la vita è solo una sequenza finita di coincidenze. Il caso detta i nostri
passi. E a volte ci sorprende in modo grato e ci strappa un sorriso. Il caso ha
voluto che venerdì 29 dicembre 2023, un paio d'ore prima di ripartire per la Spagna,
comprassi il giornale e l’ultimo romanzo di Paul Auster all’aeroporto di Roma
Fiumicino. E sempre il caso ha voluto che iniziassi a leggere un articolo tratto
da La Repubblica e intitolato: “Le
parole che non ti ho detto”. A Capannoli, in provincia di Pisa, qualcuno ha
creato una cabina telefonica su imitazione di quella che inaugurò nel 2010
Sasaki Itaru, un giapponese che, dopo aver perso suo cugino, ha installato un telefono
pubblico in cui provare a sfogarsi e a parlare con chi se ne è andato. Dopo lo
tsunami apocalittico che sconvolse il Giappone l’anno dopo, quella cabina telefonica
è diventata luogo di ritrovo dei tanti sopravvissuti alla tragedia che hanno
provato a dialogare con i cari defunti.
Il capitano dell’aereo diretto a Valencia ci avvisa che stiamo per staccarci da terra e che bisogna tenere le cinture allacciate. Inizio a leggere con foga le primere 30 e poi 40 pagine di Baumgartner di Paul Auster e, stranamente, anche in questo bellissimo romanzo, si parla di lutto: un professore di filosofia ha perso la moglie dopo quasi mezzo secolo di vita vissuta con passione e trasporto. Un’onda anomala ha ucciso Anna Blume, la moglie di Baumgartner che, da dieci anni a questa parte, prova a sopravvivere come meglio può a un vuoto incolmabile. A volte gli sembra di ascoltare il ticchettare ritmico della vecchia macchina da scrivere che Anna usava per le sue traduzioni dallo spagnolo, dal francese e dal portoghese. Una notte, invece, sente il ronzio di un vecchio telefono a parete, quello preferito di Anna. Baumgartner è incredulo, è notte fonda, la casa è vuota, ma si fa coraggio, solleva la cornetta e…è Anna, riconosce la sua voce, la moglie morta gli racconta che sta bene, che ormai è finita nel Grande Nulla, che l’al di là non è come molti se lo immaginano:
“Dopo morti si entra nel Grande Nulla, uno spazio nero dove tutto è invisibile, un vuoto assoluto e silenzioso, l’oblio sconfinato. Non si entra in contatto con nessun altro defunto, nessun ambasciatore dal cielo o dagli inferi viene a spiegare cosa ci attende. Perciò lei [Anna] non ha idea di quanto durerà la sua condizione presente, ammesso che presente possa ancora essere un termine valido in un luogo simile, che non è nemmeno un luogo ma un nulla, uno spazio indefinito sottratto a un’infinità di spazi indefiniti. Non vede niente e non sente niente perché non ha più un corpo, nessuna estensione, come dicevano i filosofi antichi, ragion per cui non è mai stanca né affamata né prova dolore né piacere né niente di niente, e se la si potesse misurare nello spazio, ammesso che spazio possa ancora essere un termine valido, probabilmente non sarebbe più grande di una particella subatómica, il frammento più minuscolo, infinitesimo del mistero cosmico” (p. 47).
Oggi, 1 gennaio del 2024,
quando ho finito il romanzo di Paul Auster, ancora commosso da suo finale
aperto e sconcertante, ripenso a quell’articolo sulla cabina telefonica di Pisa,
una cabina fatta di legno, in cima a una collina da cui si può contemplare
tutto il paesaggio circostante e dove il telefono è privo di fili. Come
Baumgartner, anche a me piacerebbe poter riascolare la voce di chi non c’è più,
non necesariamente di chi non c’è più perché è morto, come Anna, la moglie
traduttrice del professore filosofo, bensì di chi, pur essendo ancora vivo, ci
ha abbandonati o vive un’altra vita, lontano da noi, e chissà se ogni tanto ha un ricordo di noi
e della vita che abbiamo vissuto in loro compagnia. È il primo dell’anno e mi
piacerebbe poter alzare la cornetta di quel telefono senza fili in quella
cabina di legno della provincia di Pisa per poter semplicemente chiedere: “Come
stai?”. E attendere la risposta di una voce che ci era amica e faceva parte
della nostra quotidianità. “Ciao. E tu come stai?”.
Incredibile constatare come la realtà anticipi la finzione o come, a volte, la finzione non è altro che la trascrizione della realtà. E chissà se Paul Auster avrà mai avuto notizia di Sasaki Itaru e del suo telefono in contatto col mondo dei morti. Chissà cosa ne penserebbe di un'iniziativa "umanitaria" che lui stesso ha descritto e narrato all'interno del suo ultimo, emotivo romanzo...
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