domingo, octubre 14, 2007



Le piccole difficoltà della vita quotidiana





Ci sono certe cose che danno fastidio, non c'è niente da fare. Non parlo dell'ingiustizia sociale, o della povertà nel Terzo Mondo; non parlo della prostituzione minorile e non voglio riferirmi alla situazione politica italiana contemporanea (sarebbe troppo complicato parlarne - Grillo e il Vaffanculo-day, Prodi e Mastella, Berlusconi e D'Alema, basta anche solo metterli per iscritto, certi nomi - tranne il primo, per esser precisi -, perchè la penna si rifiuti d'andare avanti, perchè il cervello si rifiuti di funzionare, perchè le dita smettano di picchiare sulla tasteria del pc). Parlo di altre questioni scottanti, apparentemente banali, e che, ciononostante, m'inquietano o mi fanno semplicemente incazzare.

Partiamo dal punto numero:

1- la panna sul gelato. Non so a quanti di voi sia già successo ("voi" chi? Direte voi - "voi", rispondo, fregandome bellamente di dare un'identità certa e fissa al mio povero lettore - in realtà, sono lettrici, quelle due o tre che ancora mi sopportano), ma a me è capitato spesso l'estate appena trascorsa di chiedere un gelato e, poi, di chiedere d'aggiungere la panna (come ciliegina sulla torta). Solo una gelateria su quattro ha accondisceso alla mia richiesta SENZA FARMI PAGARE LA PANNA come se questa fosse UN TERZO GUSTO (o quarto, se già ne avevo chiesti tre: fiordilatte, bacio e stracciatella, i miei tre preferiti). Ora, mi domando e dico: ma da quando la panna E' UN GUSTO? Da quando in qua? Aboliamo questa cazzata della tassa sulla panna (devo dire anche che a Roma la panna te la mettono in automatico; e in certe città del Sud idem; in un bar del centro di Firenze, invece, c'è scritto addirittura a caratteri cubitali: LA PANNA VALE UN GUSTO e, affianco, subito il prezzo: 0,50 cents!!! Il gelato è un piacere; senza panna che piacere è? [ma mi rendo subito conto che questo è un problema minimo, anche perchè ci stiamo avviando verso la brutta stagione, verso il freddo inverno, altro che panne! Ciò non toglie che il problema resta e qualcuno deve porvi rimedio];


2- i giornalisti col microfono "cinico". Non so quanti guardino il telegiornale (forse l'unica cosa guardabile ancora oggi in tv - sempre che non si tratti di quello di Emilio Fede; oppure di Studio aperto - sempre bellessime le colonne sonore strappalacrime che i responsabili dei servizi montano insieme alle immagini di qualche crudo fatto sanguinolento di cronaca nera; bellissimi e, devo dire, anche alquanto arrapanti, i servizi sulle varie veline, farfalline, modelline che popolano e spospolano nel variegato mondo dei vips), però è una costante degli stessi di mandare in onda servizi su qualche disgrazia personale capitata a qualche sopravvissuto o familiare superstite: orbene, in questi casi non mi spiego perchè c'è sempre (dico: sempre) un giornalista dotato del suo bel microfono "cinico" (ma si possono anche togliere le virgolette: quindi, davvero cinico) che si mette a fare domande del tipo: "ma ora che il suo piccolo figlio è morto, ed è volato in cielo tra gli angioletti del Signore dopo quell'incidente da brividi, lei ne sentirà la mancanza?"; oppure: "cosa direbbe agli assassini di sua moglie se li avesse proprio qui, ora, davanti ai suoi occhi?"; o ancora: "come si sente dopo che suo padre è stato divorato dal pitbull del suo caro e vecchio vicino di casa? Non aveva mai notato segni di squilibrio mentale nell'animale?". Basta piagnistei in tv, soprattutto quando questi sono "guidati" e pilotati dalle domande assurde (diciamolo pure: stronze) di giornalisti privi di scrupoli (voglio vedere se l'auditel resta sempre sugli stessi livelli se tutti i direttori di telegiornali decidono di darci un taglio e di diminuire l'emissione costante di "servizi lacrimevoli" o a effetto melodrammatico sicuro; ma devono averci il loro tornaconto, altrimenti non si spiega - oppure quegli stessi direttori credono che siamo tutti spettatori morbosi affamati di vedere scene truculente o di gente che piange e si dispera?).


3- le super-offerte del mese. Dovrei fare un piccolo esperimento: conservare la valanga di volantini che le grosse marche o i grandi centri commerciali (di "distribuzione commerciale", in gergo tecnico) mandano a casa (non più per posta, come una volta, ma sfruttando la manovalanza di giovani ragazzi o ragazze che, zaino in spalla, fanno "volantinaggio" - vorrei anche sapere quanto pagano, per fare quest'opera di bene - loro, ovviamente, il bene, non dei "dipendenti"). E bisognerebbe mettersi lì a contare le cifre delle super-mega-offerte che, ogni mese, queste grandi marche (o grossi centri commerciali) ci rifilano come fossero vere occasioni da cogliere al volo. Forse, non ne sono sicuro, ma dico: forse, scopriremmo tutti quanti insieme che le offerte non sono sempre tali; che il computer che oggi ti vendono a 600 euro, domani ne varrà la metà, per le stesse prestazioni e con gli stessi optionals. Forse, ci renderemmo conto che il maxi-schermo al plasma a 45 pollici che oggi ci vendono per 1300 euro, domani varrà meno di una normale tv senza plasma. Forse, potremmo verificare con calcolatrice alla mano, che quello stesso frigorifero che oggi mi vogliono rivendere a 400 euro, in un altro posto, e alle stesse condizioni, posso pagarlo una cinquantina di euro in meno (solo perchè quest'altro posto non ha la stessa pubblicità a tappeto della grossa catena di commercio che sventola i suoi volantini promozionali a destra e a manca). E poi: abbiamo davvero bisogno di un nuovo pc ogni mese? E la nostra tv non emette le stesse scemenze di quella mega che vedo nel volantino? Di quante cose possiamo fare a meno nella nostra vita quotidiana? Di tante. Non c'è dubbio.


Ricapitolando: se volessimo tentare di trovare un filo rosso (non comunista; è rosso perchè così vuole il detto popolare; il modo di dire ormai giornalistico, più che accademico) che leghi o tegna insieme le 3 parti sopra-indicate, potremmo dire che questo s'annida nel fatto che tutte e tre le difficoltà della nostra vita quotidiana trovano il loro comun denominatore nella cinica "fame di denaro" delle aziende che producono certi prodotti (o di certe gelaterie che vendono il loro prodotto artigianale); e nella cinica e feroce "manipolazione mediatica" del povero cristo che sta lì e si guarda la televisione. E' ovvio che dalla panna ai direttori di telegiornali ce ne passa. Però è un fatto. E io lo noto. Mi vogliono vendere degli oggetti a basso costo di cui posso fare a meno (come se comprando ogni mese le offerte diventassi sempre più furbo e sempre più ricco, risparmiando sul prezzo pieno!); mi vogliono trasmettere una notizia pigiando sul piede dell'acceleratore emozionale. Ma io non mi lascio fregare. E al barista che mi dice che la panna è un gusto rispondo sempre: "Allora no, grazie, lasci pure i gusti che le ho detto". La panna, se voglio, me la faccio in casa. E poi, cazzo, non è un gusto, è parte dovuta del piacere di un buon gelato all'italiana...

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