viernes, octubre 19, 2007

S-vario

Non sono riuscito a vedere l'intervista di Serena Dandini a Sandro Veronesi (dalla puntata del 20 Maggio di Parla con me - le magie di internet: basta connettersi a RaiClick e poi selezionare il programma preferito ed il gioco...sarebbe fatto). E intanto la vita passa. Per motivi che non è il caso di citare in questa sede, mi ritroverò a viaggiare (e mangiare kilometri e kilometri d'asfalto, aria, e terra) tra Pisa, Firenze, Roma, Lecce e Madrid (dopo quasi un anno, torno nella mia seconda patria). E intanto: provo a capire chi sia davvero Victor Iriarte (consiglio a tutti il suo blog: http://cajanumero8.blogspot.com/). Ogni tanto lascio un mio commento ai suoi post "cinetici" (o "cinematografici"; davvero uno spettatore/lettore attento; non gli sfugge nulla). E immagino che sia davvero un regista, uno di quelli bravi, che ci crede, che crede nella potenza dei sogni ad occhi aperti, che fa film d'autore (o ci prova, almeno, contro l'imperialismo estetico americano). E intanto: il tempo passa, ho superato la trentina e ho ancora in mente quel romanzo, in cui si mescola tutto. In cui parlo di Tony Umorali, un personaggio stralunato che tenta di suicidarsi in tutti i modi e non ci riesce (c'è quella scena che ho riscritto cento volte e non viene mai la versione definitiva, quella in cui decide d'impiccarsi e si stacca la corda - o si stacca il lampadario vecchio e arruginito intorno a cui lega la corda che dovrebbe togliergli la vita). E si parla anche d'Università, degli scandali quotidiani che occupano il gossip accademico: quell'alunna tanto scarsa eppure tanto bella che riesce a portarsi a letto il prof. piacente e piacione; quell'altra che vince la cattedra lì dove insegna il suo amante; quello che si batte idealisticamente contro il marciume morale che regna ovunque e vorrebbe mettere una bomba in presidenza e invece sbaglia indirizzo, fa esplodere l'aula magna, perchè, preso da un raptus d'ira, semplicemente, entra dal portone sbagliato. In questo romanzo si parla anche d'amore: di un tizio perverso che s'intrufola nelle case delle fidanzate per portarsi a letto le rispettive mamme; un tizio così schifoso che quando viene scoperto dalla ragazza più carina e dolce che abbia mai incontrato si butta dal ponte dell'autostrada Roma-Teramo (all'altezza di Pietrasecca). E poi si parla di odio. E di invidia. E di solitudine. Le lancette dell'orologio scorrono e un vecchio attende la morte steso sul letto di un'ospedale tagliato fuori dal mondo. Scatta la mezzanotte e un'infermiera gli dice se preferisce svegliarsi o se vuole continuare a vivere il suo incubo quotidiano (il vecchio annuisce e l'infermiera gli ricarica la flebo di una sostanza giallognola). E poi si parla di paura. C'è quello che ha paura di perdere il lavoro e lo perde davvero. Ha 42 anni e si riscopre artista: canta e canta. Si dà al canto fino ad arrivare ad incidere un disco, e nessuno dei suoi colleghi gli crede, fino a quando non lo vedono cantare dal palco di Sanremo.
E intanto... Non ho ancora letto l'ultima parte di un romanzo uscito a puntate dal 2002. Queste sono le prime parole dell'incipit:

Uno non lo desidera, ma preferisce sempre che muoia colui che gli sta affianco, in una missione o in una battaglia, in una formazione aerea o sotto un bombardamento o in una trincea, quando c'erano, in una rivolta di strada, o in un furto in negozio o in un sequestro di turisti, in un terremoto, un'esplosione, un attentato, un incendio, è lo stesso: il compagno, il fratello o il padre, o addirittura il figlio, anche se è un bambino.

E intanto, ascolto "Black Tambourine" dei Bleck, mentre Alyssa dorme e sogna sogni d'oro, ignara della mia insonnia di questa notte, piena di buoni propositi e di pensieri nervosi. Piena di progetti mai portati e termine e che forse resteranno solo tali, condannati a vagare per sempre nel limbo (dei progetti di vita).

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