domingo, mayo 25, 2008



Le fasi dell'amore?

Ci sono delle fasi regolari che scandiscono un rapporto amoroso senza che noi ce ne accorgiamo. L'amore è prevedibile, al contrario di quanto si possa pensare. C'è il momento (fantastico, nel senso etimologico del termine) dell'infatuazione; c'è il momento (pieno di illusioni e di speranze per il futuro) dell'innamoramento vero e proprio (quando si conosce la persona che ci ha colpito, che ha colpito i nostri sensi e titillato la nostra immaginazione); c'è la fase dell'amore stabilizzato, quello fatto di tanti piccoli, a volte minuscoli, gesti quotidiani, che scandiscono una vita di coppia ormai collaudata per cui l'altro capisce le vere intenzioni dell'altra (o i suoi desideri più nascosti) con un semplice sguardo o gesto d'intesa; e c'è la fase della crisi, dell'allontanamento, dell'abbandono, della separazione (sono i momenti peggiori, quelli durante i quali ci si domanda perché: perché è finita; perché proprio a me; perché questa persona che avevo affianco mi ha mostrato un lato del suo carattere che io disconoscevo; perché questa reazione così violenta - o così fredda e indifferente – in amore i valori sono eternamente e inevitabilmente relativi: ciò che oggi amiamo possiamo domani arrivare ad odiarlo; un luogo familiare, un letto in cui abbiamo fatto l'amore innumerevoli volte, una casa in cui abbiamo pranzato a nostro completo agio possono diventare rispettivamente un luogo terribile, un letto di spine e una casa in cui ormai saremo accettati sempre e solo come ospiti - momentanei, ospiti che non sono destinati a durare, lì sono di passaggio, purtroppo).
E poi c'è la fase del re-incontro insperato: è quella in cui i due si rivedono dopo magari un mese (o una settimana, o un anno: anche il tempo, in amore, assume valori altamente relativi e malleabili) e si scrutano l'un l'altra per vedere se la persona che ora non è più al nostro fianco ha già trovato un sostituto, ci ha già rimpiazzati con un'altra o un altro; e basta accorgersi del fatto che lui (o lei) è solo (o sola) per farsi coraggio e continuare a guardare e ad avvicinarsi, quasi a fiutarsi, come fanno tra loro i cani (indipendentemente dal sesso), e ci si osserva in cagnesco (appunto), lui guarda lei come fosse ancora “lei”, una sua metà, la sua dolce metà, e una “cosa sua”, che faceva parte poco prima della propria intimità, e lei ricambia lo sguardo e guarda lui come fosse ancora “lui”, la persona sulla quale faceva tanto affidamento, colui che avrebbe potuta portarla all'altare, ma non l'ha fatto per una strana forma di codardia o di paura atavica, colui che la rassicurava poco tempo prima durante la notte e le carezzava i capelli se aveva fatto un brutto sogno...
Lei e lui si guardano di sottecchi ed entrambi pensano la stessa cosa: “Quello sguardo mi ha contemplato in estasi per tante notti, poco prima che io mi addormentassi; quel corpo è stato dentro di me – oppure: io sono stato dentro quel corpo – così tante volte che è quasi impossibile distinguerle l'una dell'altra, quella bocca l'ho baciata così spesso e con variabile passione che mi sembra assurdo non poterla baciare ancora oggi, che non stiamo più insieme, che non formiamo più una “coppia”, che non viviamo più nello stesso spazio, non abitiamo più la stessa casa, non parliamo più con la stessa sincerità e spontaneità del passato”.
E allora succede che dopo i saluti di rito ci si allontani l'uno dell'altra senza avere il coraggio di riannodare il filo interrotto della storia passata e vissuta in un passato magari ancora recente e ci si ritrova da soli, nella propria camera da letto, a guardarsi allo specchio e a chiedersi se siamo cambiati davvero poi così tanto perché “lei” (o “lui”) non abbiano sentito il desiderio (o il bisogno) di abbracciarci e di stringerci forte, di toccarci i capelli o di baciarci con la lingua come in passato, quando questi gesti (abbracciare, stringere forte, toccare i capelli e baciare con la lingua) non erano l'eccezione, ma la regola, la semplice e pura e cristallina normalità.
E allora è quando ci si sente soli e abbandonati dall'altro (o dall'altra) e si prova un terrore infingardo: quello di restare per sempre orfani di quella persona quando giustamente quella è una delle poche persone che non perderemo mai (perché è entrata a far parte di noi e della nostra personalità e perché non ci abbandonerà mai anche se dovessimo finire la nostra vita tra le braccia di un altro amante, quello che ancora non conosciamo perché non lo abbiamo ancora incontrato, quello che ci sta aspettando chissà dove e da chissà quanto tempo e che chissà se un giorno riusciremo finalmente a raggiungere...).

2 comentarios:

  1. E' fantastico come tu sia riuscito a raccontare la vita dell'amore senza cadere nella banalità. Il tema è talmente saturo che la maggior parte delle volte leggerne appare ridondante e stucchevole. Tu, invece, ti sei fatto leggere tutto di un fiato.
    Grande!
    Rosa

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  2. Grazie, Ro! Sei troppo buona! Certo l'idea che tu mi legga tutto d'un fiato mi inorgoglisce... E' che a volte scrivo tutto d'un fiato (commettendo svarioni vari e dimenticando qualche lettera o ripetendo troppe espressioni già usate). Voglio cogliere l'occasione per ringraziarti della pubblicità che mi fai dal tuo, di blog! Appena ho imparato anch'io ad aggiungere i link sulla pagina principale contraccambio!
    Besos

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