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Ebbene, Invisibile, di Paul Auster (Einaudi, 2009, tr. it. di Massimo Bocchiola; il libro è ricolmo di refusi, davvero vergognoso per una casa editrice come Einaudi, comunque...) è uno di quei libri che ti rimangono in mente per giorni e giorni, una volta che arrivi alla fine. Che risuonano nell'animo del lettore a distanza di settimane, giorni, mesi, forse anni... Perché? Cos'ha di speciale?
Premetto: non sono un fan di Auster; specifico: The New York Trilogy (1987) è una delle raccolte di racconti più belle e riuscite e compatte che abbia mai letto in vita mia; aggiungo: di Auster, dopo la famosa "Trilogia" (letta in lingua originale), ho letto solo L'invenzione della solitudine (1982) e Hand to mouth (1997) letto in spagnolo ("A salto de mata. Crónica de un fracaso precoz"): due libri strani, perché mescolano (deliberatamente) i generi e, soprattutto, la realtà (anche biografica, dell’autore) con la finzione.
Ciò stabilito, Invisibile cattura per come è strutturato: quattro parti, ognuna narrata da un personaggio diverso e legato in un modo o nell’altro a quello principale, Adam Walker, che ci viene presentato all’inizio della sua storia come un giovane studente della Columbia University, aspirante poeta ribelle e amante di poeti medievali semi-sconisciuti. Siamo nel 1967, l’America è in fermento; tra un anno, a Parigi, comincerà il 68. Adam Walker è un tipo solitario; partecipa controvoglia a una festa di facoltà e lì fa la conoscenza di un certo Rudolf Born, un personaggio strano, un professore di Economia d’origine francese che, guarda il caso, ha un cognome simile al nome di uno dei poeti preferiti di Adam, quel Bertrand de Born (poeta provenzale del XII sec.) che Dante colloca nel canto XXVIII dell’Inferno, quello in cui vengono puniti per l’eternità i “cattivi consiglieri” (de Born ha consigliato il principe Enrico di ribellarsi a suo padre, Re Enrico II d’Inghilterra; per questo de Born è condannato: perché ha seminato odio, morte e distruzione tra un padre e un figlio; perché amava la guerra come somma espressione della violenza umana; e Dante lo fa vagare per l’eternità con la testa staccata dal collo e portata a mano per i capelli).
E’ un segnale: Rudolf Born presenta al ragazzo inesperto in materia sessuale la sua amica e amante Margot (un’altra francese, affascinante e più grande di Adam di una decina d’anni). E sembra quasi che il professore voglia indurre il ragazzo in tentazione, offrendogli su un piatto d’argento la bella fanciulla misteriosa. Poi gli propone, addirittura, di finanziargli una rivista letteraria: sarà Adam a scegliere tematica, veste grafica e collaboratori, visto che si intende così bene di letteratura.
La relazione fra i due va avanti fino a quando Adam finisce a letto con Margot, approfittando dell’assenza momentanea di Born (volato a Parigi per risolvere certe questioni avvolte, anch’esse, in un alone di mistero).
Parte finale e tragica di questa prima sezione: Born cammina per Central Park insieme ad Adam, esponendogli le sue posizioni piuttosto reazionarie (per non dire, fascistoidi), fino a quando non gli dà una prova concreta della sua violenza innata, sfoderando un coltello e pugnalando un rapinatore di colore, un ragazzo armato di pistola finta, che ha provato a scipparli.
Adam Walker taglia i ponti con Born, ma non sa se andare dalla polizia e denunciarlo per omicidio (la legittima difesa svanisce come ipotesi quando Adam legge sul giornale che il ragazzo presenta sul corpo un gran numero di coltellate).
Un lettore comune si aspetterebbe come minimo uno sviluppo, a questo punto; e invece, Paul Auster cambia narratore. Chi parla, all’inizio della Seconda Parte, è un vecchio conoscente di Adam, uno scrittore di successo cui Adam stesso invia la Prima Parte, che abbiamo appena finito di leggere, e che dovrebbe essere la Prima Parte di un romanzo autobiografico sulla vita di Adam da giovane. Il problema è che ora – nel 2007 – Adam è vecchio, ha 62 anni, e sta per morire di tumore. Non sa come fare per andare avanti e chiede aiuto all’amico scrittore per poter poi pubblicare il libro completo.
Non voglio svelare altro. Paul Auster è bravissimo a farci penetrare nella parte più intima e oscura dell’animo dei suoi personaggi (la relazione apparentemente incestuosa tra Adam e sua sorella è uno dei capitoli più riusciti e coinvolgenti del romanzo) e a mostrarci ancora una volta come, a essere invisibile, non siano soltanto le intenzioni degli altri, ma anche la verità che gli altri affermano di conoscere… Ribaltamenti di prospettiva legati alle narrazioni fatte dai vari narratori; riconoscimenti tardivi tra gli stessi; e ammissione delle proprie colpe fanno di questo libro una specie di riflessione romanzesca su male e bene (la morale comune che sembriamo avere smarrito); su passato e sue influenze nelle vite di tutti; su sesso e sua capacità di distruggere le vite altrui.
Ecco: la capacità che ha Paul Auster di farci immergere nella caduta morale ed esistenziale dei suoi personaggi fino all’annientamento totale; la capacità di farci smarrire la direzione mentre leggiamo e di obbligarci a leggere di nuovo per capire com’è avvenuta questa discesa agli inferi; l’abilità nel farci sprofondare nel baratro insieme alla sua scrittura ipnotica. Sono queste le qualità che fanno di Auster un autore di razza. Che si legge tutto d’un fiato (e si ri-legge con piacere).
lunes, enero 04, 2010

Due gli aspetti che mi hanno catturato di questo libro (uscito per la prima volta in America nel 1965 – tit. orig. In Praise of Older Women): il primo è dato dal modo in cui il protagonista maschile riesce a crescere e a capire meglio se stesso e come funziona il mondo grazie al contatto intimo con donne più grandi di lui. Le donne hanno molto da insegnarci (su questo non ho alcun dubbio); soprattutto (sembra suggerirci Vizinczey) quelle sposate o che hanno un divorzio alle spalle e sono rimaste, diciamo così, “scottate” dall'amore. Sono maestre che guardano la vita con un sguardo più distaccato e non per questo meno ironico. Le migliori amanti con cui il narratore va a letto sono anche quelle più autoironiche. Quelle che quando dici loro “Ti amo”, sanno prendere le misure alle parole che spari a vanvera e sanno riportarti con i piedi per terra. Quelle che godono del momento, senza farsi troppe illusioni. Perché se è vero che l'amore è un'illusione che spesso usiamo per tirare a campare e per andare avanti, è pur vero che si rischia di perdere il contatto con la realtà se lo si vive come un evento “eterno”. L'importante è essere fedeli a se stessi e alla vita, ai propri sentimenti, hic et nunc; al riguardo, mi piace - e perciò trascrivo - questa riflessione del protagonsita su AMORE e TEMPO e ETERNITA':
“Ci aggrappiamo alla speranza dell'amore eterno, mentre neghiamo persino la sua validità temporanea. E' meno doloroso dirsi “sono superficiale”, “lei è un'egocentrica”, “non riuscivamo a comunicare”, “era un rapporto puramente fisico”, piuttosto che accettare il semplice fatto che l'amore è una sensazione passeggera per ragioni che sfuggono al nostro controllo e anche alla nostra personalità” (p. 150).
L’altro elemento che mi ha colpito del libro, invece, è il contrasto tra sesso e potere. L’autore - che, da giovane, ha combattuto contro l'Armata Rossa la rivoluzione d'Ottobre del 1956 per la liberazione dell’Ungheria dal giogo russo, finendo poi con lo scampare la morte e con il rifarsi una vita da immigrato a Roma - ci mostra in quasi tutti i capitoli del romanzo che non può esistere dittatura che possa togliere all’uomo la voglia di fare l’amore. Si fa sesso (e forse lo si fa con ancora maggior trasporto) anche quando chi comanda tenta di trasformarci in animali domestici addomesticabili; il sesso è la salvezza, è l’espressione più alta di umanità, quando la terra diventa un carcere a cielo aperto in cui chi comanda vorrebbe controllare il tuo corpo e la tua mente. E’ quanto succede a Budapest, all’epoca in cui Vizinczey era un incallito amante di donne mature e non sapeva ancora che sarebbe finito in Canada a fare il professore di Letteratura (dopo aver scritto una tesi su Sartre e la religione). Trascrivo un'altra citazione, questa volta sui risvolti devastanti di una dittatura sul cervello dei cittadini, anch'essa molto acuta e azzeccata:
“La lezione della dittatura consiste nel ricordarvi di continuo che i vostri sentimenti, i vostri pensieri e i vostri desideri non contano niente, che voi siete una nullità e che dovete vivere secondo regole imposte da altri. Una dittatura straniera [come quella che visse l'Ungheria negli anni 50 per colpa dell'URSS] vi insegna a disperare doppiamente; né voi né il vostro paese avete più importanza” (p. 155).
Come si combatte la dittatura? Come ci si può sottrarre a questo stato delle cose? Difendendo la propria dignità di uomini; e trovando piacere e pace nel fare sesso (non per forza con donne mature – ma si sa, loro sono più esperte e ai giovani maschi non possono non apparire più affascinanti delle altre, come dimostra ampiamente e ironicamente il narratore e protagonista di questo romanzo erotico-politico che è, al contempo, un canto e una lode al corpo e all'intelligenza delle donne, di tutte le donne che abbiamo amato in passato e di quelle di cui potremmo innamorarci domani)...
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